Ennio The Maestro Recensione: se amate Morricone, non potete perdervelo

Arriva in sala il documentario di Giuseppe Tornatore, un ritratto a 360° sul compositore, su come ha cambiato le nostre vite con la sua musica.

Ennio The Maestro Recensione: se amate Morricone, non potete perdervelo
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Creare un ritratto esaustivo e completo di un uomo come Ennio Morricone, tra i più grandi compositori di tutti i tempi, vanto dell'Italia nel mondo e punto di riferimento per la vita di milioni di persone, è un compito che avrebbe fatto tremare i polsi a qualsiasi regista. Non a Giuseppe Tornatore che con Ennio: The Maestro ha confezionato un documentario di enorme impatto, completo, esaustivo. Lungo? Si, ma mai sfibrante, quanto piuttosto capace di rinnovare minuto dopo minuto l'attaccamento e l'enorme rispetto verso un genio musicale, un uomo che ha cambiato il concetto stesso di colonna sonora. Ennio ci ha lasciato eppure è ancora in mezzo a noi (qui è come lo abbiamo ricordato il giorno della sua scomparsa nel nostro speciale su Morricone), con le sue note, la sua musica, la sua capacità di contagiare tanti colleghi e aspiranti tali, ma soprattutto di donarci ogni volta che lo risentiamo emozioni nuove.

L'uomo, l'artista, la sua opera

70 milioni di dischi. Tanto ha venduto nella sua vita Ennio Morricone, una cifra assolutamente spropositata che pochissimi altri artisti possono vantare, ancor meno tra quelli che come lui, hanno dedicato la propria carriera nella loro quasi totalità a creare melodie, suoni e armonie per la Settima Arte.

Prolifico, inesauribile, amatissimo ed idolatrato in tutto il mondo, Morricone è un compositore di cui tutti conosciamo l'incredibile maestria, eppure non sappiamo molto in realtà della sua vita, di Ennio Morricone come persona, di come concepisse e sviluppasse i suoi capolavori, quali fossero i suoi punti di riferimento. Ennio: The Maestro, a dispetto dei 150 minuti (senz'altro doverosi verso la dimensione iconica che ha avuto quest'uomo) non annoia mai, è un'istantanea preziosa su quest'uomo dal carattere misterioso, cocciuto ed infaticabile. Tornatore ci mostra il suo percorso di vita, i suoi pensieri, i sogni e le afflizioni, con l'infanzia fin da subito sommersa dall'amore per la musica, il padre Mario trombettista, le note di Monteverdi, Frescobaldi e Stravinskij che dominano i suoi sogni e il suo percorso formativo. Poi verranno gli anni del Conservatorio Santa Cecilia, il rapporto intenso e tuttavia problematico con il suo mentore, il grande Goffredo Petrassi, e le prime esperienze nell'RCA e in Rai. Tutta la prima parte del film è una necessaria introduzione atta a farci comprendere l'ambiente in cui Ennio si formò e naturalmente le regole scritte e non scritte che lo caratterizzavano.

Ecco allora che la prima cosa che comprendiamo di Morricone, è che in lui vi fosse una conflittualità, un dualismo. Lo rivediamo negli anni '60 in qualità di arrangiatore per alcuni dei grandi della musica italiana, percorso che precedette quello cinematografico, con quel mancato riconoscimento da parte del mondo accademico che lo angustiò per buona parte della sua esistenza.

Qualcosa che Morricone, mentre ci spiega come nacque il motivetto de Il Buono, il Brutto, il Cattivo o perché il tema per Indagine su un Cittadino al di sopra di ogni sospetto era così atipico (ve lo raccontiamo anche nella recensione di Indagine su un Cittadino al di sopra di ogni sospetto), sovente palesa, con pudore, con dolore, con il mettere a nudo la sua incredibile sensibilità.

Le due facce di un genio

L'armonia è contrasto, è la mancanza di una chiara direzione e allo stesso tempo la creazione di un percorso cristallino, preciso e studiato nei minimi dettagli.

In fin dei conti si potrebbe riassumere così l'opera artistica di Morricone, che dai brani creati per Mina, Paul Anka o Gino Paoli, passa dal 1960 alle melodie per i film di Luciano Salce, Mastrocinque, anche Lina Wertmuller nel 1964, l'anno della svolta. Oltre alla compianta grande regista, si aggiungono tra coloro che apprezzano il suo talento, la sua capacità di penetrazione anche psicologica verso il film e le necessità diegetiche del suono, personalità del calibro di Lucio Fulci, di Bernardo Bertolucci e poi di Sergio Leone. Tornatore, naturalmente, dedica ampio spazio al rapporto tra Morricone e Sergio Leone, vista anche la profonda connessione personale che legava i due nomi cardine dello spaghetti western italiano, come fossero una diade con pochi pari nella storia del cinema. Una grandissima qualità di questo documentario è il fatto che riesca a far comprendere come uno dei grandi meriti di Morricone fosse il fatto di sapersi scegliere i progetti, di voler innovare, abbracciare lo spirito dei tempi ma contemporaneamente preservare l'identità del genere cinematografico, esaltare la sua anima, la sua essenza in esso presenti.

Era al servizio del film non della sua vanità. Ecco allora che lo vediamo spiegarci più e più volte come creava l'architettura della sua melodia, quell'intrecciarsi di temi in teoria opposti eppure perfettamente incastrati l'uno con l'altro, uniti nel generare costruzioni di impareggiabile impatto emotivo.

A mano mano che si fa avanti, si raggiunge anche una solida certezza: tantissimi film che amiamo, che conosciamo, non sarebbero stati mai gli stessi senza la sua musica, quella musica che per moltissimo tempo il gotha della composizione italiana, l'ambiente accademico, videro come un peccato, un'attività quasi di cui vergognarsi, indegna di un vero compositore. Qualcosa che Tornatore ci fa capire essere stato un conflitto incredibilmente possente e violento nella vita di Morricone, solo parzialmente placato nel pieno della sua maturità artistica e dalla sua opera di compositore canonico.

L'eredità di un uomo unico nel suo genere

Alla fine di questa maratona di immagini e suoni, di gente del calibro dei Fratelli Taviani, Clint Eastwood, Bruce Springsteen, Joan Baez, Gianni Morandi, Quentin Tarantino, Carlo Verdone e tanti altri, abbiamo una sola certezza: è difficilissimo per noi dire quale sia stata la sua opera migliore.

Se ci riflettiamo bene, è anche molto difficile per ognuno di noi scegliere una melodia o una traccia che preferiamo, dal momento che Ennio sapeva sempre superarsi, stupire, spingersi al limite.
Eppure, ed è un altro passaggio necessario all'interno dell'opera di Tornatore, colonne sonore tuttora additate come tra le più incredibili della storia (qui potete trovare le dieci colonne sonore più famose di Morricone), come quelle di C'era una volta in America, C'era una volta il West e soprattutto The Mission, per quanto amate dai suoi colleghi, vendute in tutto il mondo, non gli fruttarono mai quel Premio Oscar che avrebbe ben meritato prima di quello dato alla carriera o per il film di Tarantino (qui la nostra recensione di The Hateful Eight). Perché successe? Sviste? Complotti? Hollywood che cercava di salvaguardare il suo recinto? Davvero difficile rispondere a questa domanda, tuttavia è fuor di dubbio il fatto che molto spesso l'Academy sia stata incredibilmente miope, crudelmente ingiusta, premiando al suo posto opere di scarso valore, seguendo scelte politiche o di convenienza interna a dir poco degradanti.

Può palesarsi in fondo anche il pensiero, che il fatto di essere italiano per Ennio Morricone è stato un grande vantaggio, vista la stima verso la nostra arte che dall'altra parte dell'oceano essa continua a suscitare. Ma è stato contemporaneamente anche un grosso problema, perché lo ha messo sovente nella scomodissima posizione di essere un outsider, quasi una creatura artisticamente pericolosa. Ennio era bravo, bravissimo, forse troppo, forse era anche involontariamente motivo di imbarazzo per la supposta superiorità dell'eccezionalismo americano, almeno quello più misero. Sì, perché Ennio: The Maestro ci fa anche sentire l'opinione dei suoi colleghi, di Hans Zimmer o John Williams, su quanto lo amassero, stimassero, quanto per loro fosse stato un punto di riferimento senza pari.

Ennio Morricone ci manca. Ci manca la sua incredibile fecondità, la sua capacità di improvvisare, di riuscire sempre ad ottenere il massimo da se stesso a dispetto di difficoltà, tempistiche, di una personalità alquanto ermetica, qualcuno avrebbe anche potuto pensare pessimistica di fronte alle tante proteste. Era attraversato da pluralità, dalla volontà di difendere strenuamente il suo ruolo e il suo lavoro. Ma la realtà è che in Ennio Morricone vi era soprattutto rispetto reverenziale. Per la musica, per la sua complessità, per la sacralità della sua semantica, la fatica che essa significava, la parte della sua anima che lì vi si riversava, per la necessità di essere alla sua altezza.

Ennio: The Maestro Ennio: The Maestro di Giuseppe Tornatore è un documentario di incredibile ricchezza, poesia e bellezza. Difficilmente vi sarà un'opera di pari qualità e completezza per omaggiare il genio creativo di Ennio Morricone, in grado di guidarci dentro la sua vita - e non solo nella sua opera - nel modo più completo e penetrante che si possa immaginare. 150 minuti forse sono tanti, o magari semplicemente la durata minima con cui omaggiare questo genio, ciò che ci ha dato, il perché e il come. Un film incredibile, che tutti dovrebbero vedere.

9

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