L'enigma del ciondolo, recensione: un thriller troppo leggero su Netflix

Disponibile su Netflix, la nostra recensione de L'enigma del ciondolo, poliziesco polacco in salsa ironica e dai toni di pura leggerezza.

L'enigma del ciondolo, recensione: un thriller troppo leggero su Netflix
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Cosa si nasconde dietro un gesto semplice come indossare una collana? Voglia di sentirsi belli, di impreziosire il proprio outfit, di attirare l'attenzione altrui. Dietro un oggetto così apparentemente innocuo, mille e più significati si vanno a inanellare, soprattutto se a riprenderlo è l'occhio della Settima Arte. Ecco allora che un vortice di sensazioni del tutto distanti da quelle solitamente a esso associabili finisce per rivestire tale oggetto rendendolo del tutto nuovo ai nostri occhi. In ogni sua particella si va a nascondere mistero, timore, presagio di morte.

Partendo proprio dal dettaglio di una collana, e facendo propria la lezione di Alfred Hitchcock e del suo MacGuffin, il regista polacco Piotr Mularuk sveste di ogni contrasto il percorso dell'eroe della detective improvvisata Magda, per abbigliarsi di luce e ironia sottile. Con il suo L'enigma del ciondolo, Mularuk stende un primo strato preparatorio della propria opera guardando alla produzione di Hitchcock, per poi sviare verso l'universo di Woody Allen e il suo Misterioso Omicidio a Manhattan.

Una commistione di omaggi e influenze, che una volta mescolate ottengono come risultato finale una storia poliziesca decorata di sorrisi e leggerezza, dietro la cui struttura epidermica si riscontra un ponte diretto con Miss Marple e il più recente Knives Out (qui la nostra recensione di Knives Out).

L'enigma del ciondolo e l'intrattenimento del poliziesco

Il film ora disponibile su Netflix non presenta quell'aura autoriale che tanto caratterizza l'opera di Rian Johnson. Ogni minuto dei 105 totali è una tappa intermedia di una caccia all'assassino compiuta con leggerezza e senza intenti pretestuosi.

Il film di Mularuk tende la mano allo spettatore, chiamato a farsi complice di una ricerca investigativa compiuta da una cittadina qualsiasi, resa straordinaria non solo dal caso, ma dalla stessa lente cinematografica. Un invito impossibile da declinare, non tanto per la curiosità di scoprire l'identità dei colpevoli, quanto per la necessità di sospendere momentaneamente il mondo circostante, abitando le pelli di testimoni e aiutanti silenti della casalinga Magda, in un gioco di puro intrattenimento. Se invece volete farvi stuzzicare da tutte le prossime uscite Netflix di novembre 2021, la risposta è ad un click di distanza da voi. C'è un che di paradossale a nascondersi negli impianti costruttivi del film di Piotr Mularuk. Il concetto di intrattenimento, unito alla scoperta di un cadavere tra i cespugli di un parco pubblico da parte di una donna ossessionata dai romanzi di Agatha Christie, è un incontro non certo raro nella letteratura cinematografica. Un abbraccio nato dai contrasti e dagli opposti dalla cui congiunzione nasce una commedia dalle tinte dark che strappa sorrisi senza voli pindarici.

L'enigma del ciondolo non si imprime nella mente dello spettatore; lo solletica momentaneamente, senza trovare uno spazio eterno nella sua memoria. Ciononostante, il film raggiunge il proprio obiettivo, conscio dei propri limiti, senza azzardare estri virtuosistici, sia di carattere registico che narrativo.

Finestre di indagini improvvisate

Tutto nel mondo di Mularuk è uno studio accurato a beneficio dello spettatore. Nulla è lasciato al caso, ma generato da una scelta ponderata, volta a enfatizzare l'umore che domina l'ambiente, o gli eventi che si susseguono con ritmo disteso, senza colpi allo stomaco e improvvisi sbalzi cardiaci.

La regia sa cogliere pertanto lo spirito del momento, alternando la fissità delle immagini con sapienti movimenti di macchina. E così la presentazione iniziale degli eventi, l'osservazione fenomenica delle dinamiche famigliari e, soprattutto, del ritrovamento del primo cadavere, si affidano a riprese perlopiù frontali. È uno sguardo che si limita a registrare la realtà narrativa, eliminando ogni motivo di distrazione durante la lettura dell'universo proposto compiuta da ogni singolo spettatore. Il regista dona così il tempo necessario al proprio pubblico di osservare attentamente gli ambienti, i personaggi, i loro vestiti e le loro reazioni, cogliendo ogni più piccolo avvenimento. In un gioco di rimandi e associazioni di puro e gustoso divertissement, lo spettatore si traveste da detective improvvisato, immedesimandosi perfettamente nel personaggio di una Magda influenzata e svezzata dalle pagine divorate di Agatha Christie e dai film di genere che rivivono in ogni suo movimento ed elucubrazione mentale.

Sarà solo nel momento in cui le indagini conosceranno un nuovo punto di svolta, caratterizzato da incontri con personaggi ambigui e il ritrovamento di un secondo cadavere, che l'adrenalina inizierà a circolare e la macchina da presa ritroverà un movimento messo precedentemente in pausa.

È una cinepresa mai indipendente, quella di Mularuk, ma sempre ancorata agli spostamenti dei personaggi sullo schermo. Un obiettivo che vive sugli scarti di movimenti, gesti ed emozioni nati in seno a personalità idiosincratiche, portate sulla scena da interpretazioni alquanto convincenti e verosimili, giocate su una mimica ben calibrata e poco incline a un'esagerazione fuori luogo. Fortemente in parte è soprattutto Anna Smolowik nei panni di Magda.

Toppe cangianti di misteri ombrosi

Sostenuto da riprese ampie, poco incline al dettaglio, l'universo qui immortalato si rivela tutto illuminato, tutto colorato.Toppe di tonalità accese, che vanno a coprire buchi emotivi di una cittadina svegliatasi dal torpore sulla scia di un caso inquietante e misterioso di sonno eterno; una cittadina che adora "così tanto gli alberi che ama passare la vita all'ombra".

Ed è dietro l'operazione di immortalare lo scorrere della vita di uomini e donne che si sentono vivi grazie alla morte di una loro concittadina, che si insinua tutta la (seppur leggera e non causticamente d'impatto) vena ironica e parodica di un'opera come L'enigma del ciondolo.

Il film presenta tutti gli elementi tipici del genere poliziesco, con il commissario e il suo immancabile impermeabile, i pedinamenti, le carrellate in avanti per addentrarsi nelle sale attraverso porte che reduplicano aperture teatrali, le inquadrature inclinate, e gli sguardi dall'alto che schiacciano verso il basso una protagonista vittima dei propri timori. Una fragilità emotiva che va a riflettersi in un caso di omicidio frastagliato, sconnesso, disordinato, ma ora pronto a trovare un proprio ordine nel caos, non appena la stessa Magda ritroverà la propria unicità e forza interiore.

Detective alla seconda

In un gioco di moltiplicazioni di sguardi e continui stimoli visivi, lo spettatore reduplica la figura di Magda, ricalcando i suoi contorni e improvvisandosi, analogamente a lei, detective.

In un sistema costruito su finalità di rappresentazione oggettiva della realtà, così da scandagliarne ogni più singolo elemento per ricercare la verità dietro l'omicidio, la finzione supera i confini delle pagine e si addentra nella vita di tutti i giorni. Il fine ultimo di intrattenere il pubblico, rivestendo lo sviluppo dell'intreccio con una patina di mistero, è ampiamente raggiunto. Ciononostante, la mancanza di quel coraggio necessario a osare, tecnicamente parlando, rasenta la sufficienza trascinando il film nella sfera della mediocrità. Nessuna intenzione o approccio allo sconvolgimento emotivo, alla suspense, al terrore, o all'ansia. Una volontà di rendere tutto visibile, leggero, da ritrovarsi nella resa fotografica dell'opera, tutta giocata su un sistema di luci che illuminano, piuttosto che avvolgere il contesto cittadino in un abbraccio ombroso di vita e morte.
I sorrisi vanno così a esorcizzare la pesantezza emotiva di pochi momenti, mentre la mente non afferra, imprigiona, fa sua questa storia, ben presto destinata agli archivi del ricordo, sfumando via giorno dopo giorno, come un ciondolo perduto nel fondo di un cassetto.

L'enigma del ciondolo Concludiamo la nostra recensione de L'enigma del ciondolo sottolineando come l'universo acceso e illuminato proposto da Piotr Mularuk non è altro che una finestra aperta sull'intrattenimento, facendo a meno di quell'aura misteriosa, ombrosa e nefasta tipica del thriller poliziesco a cui siamo ormai abituati. Un'opera che quindi fa il suo lavoro senza entusiasmare o rimanere particolarmente impressa nella mente dello spettatore, che potrebbe dimenticarla in fretta. Trovate il film disponibile in streaming nel catalogo di Netflix.

6

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