Elysium, recensione del film con Matt Damon

Matt Damon protagonista un'opera sci-fi sui generis, dai caratteri autoriali: ecco la recensione di Elysium.

Elysium, recensione del film con Matt Damon
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Fu nel 2009 che il variegato universo della Settima arte ebbe modo di fare conoscenza con il sudafricano classe 1979 Neill Blomkamp tramite il suo lungometraggio d'esordio come regista: District 9, miscela di mockumentary e vicenda d'invasori provenienti dallo spazio che, avvalendosi della presenza di Peter"la trilogia de Il Signore degli anelli"Jackson in qualità di produttore, ottenne addirittura le candidature al premio Oscar all'interno delle sezioni relative al miglior film e alla migliore sceneggiatura.
Una vicenda il cui titolo faceva riferimento alla patria provvisoria data in Sudafrica agli extraterrestri, i quali, approdati sulla Terra vent'anni prima e ribattezzati "gamberoni" dagli umani a causa dell'aspetto simil-crostaceo, cominciavano a essere cacciati dalla società privata MNU (Multi-National United), tutt'altro che interessata al loro benessere e che avrebbe ottenuto immensi profitti se fosse riuscita a far funzionare le potenti armi aliene di cui erano dotati.
Una vicenda che, tra interviste a personaggi inventai e nigeriani che raccontavano di mangiare parti delle creature perché convinti di acquisirne i poteri, venne costruita in modo tale da rievocare - tra veloce montaggio e riprese eseguite a mano - il flusso di notizie offerto quotidianamente dai canali via cavo e da internet, conferendo l'indispensabile impronta di realismo.
Man mano che, tra massicce dosi d'azione ed una spruzzata d'indispensabile ironia, veniva tirato in ballo anche un individuo costretto a subire una progressiva mutazione, in quanto infetto da un virus non appartenente al nostro pianeta.

Roba da Matt

Individuo che, con le fattezze dello Sharlto Copley poi rivisto in A - Team (2010) e Open grave (2013), troviamo anche in questa seconda fatica blomkampiana, non più nei panni di un personaggio positivo, ma del cattivo Kruger, sorta di mercenario ed ex membro del Reparto speciale che lavora sulla Terra per l'élite di Elysium, lussuosa stazione spaziale in cui, nel 2154, vivono esclusivamente le persone molto abbienti.
Perché, mentre la vincitrice del premio Oscar Jodie"Il silenzio degli innocenti"Foster concede anima e corpo al Segretario di Stato Delacourt, integerrimo ufficiale pronto a tutto pur di proteggere il posto a favore dei suoi ricchi abitanti e di rafforzare le leggi anti-immigrazione, è al Matt Damon della saga spionistica incentrata sull'agente segreto Jason Bourne che spetta il compito di incarnare l'eroe buono della situazione.
Eroe buono che porta il nome di Max e che, vivente insieme ai comuni mortali in una Terra ormai sovrappopolata e allo sfinimento, al fine di ripristinare l'equilibrio tra i due estremi decide di intraprendere una pericolosa missione nel momento in cui arriva a vedere la propria vita appesa ad un filo.

Fuga dalla Terra

Quindi, se il primo lungometraggio di Blomkamp provvide a fondere storia di fantascienza e tematiche sociali al fine di suggerire un intelligente messaggio antirazzista relativo all'importanza di trovarsi nei panni dell'altro prima di giudicarlo in maniera negativa e disprezzabile, questo secondo, attraverso la medesima miscela di generi, intende principalmente ribadire che tutti abbiamo qualcosa di speciale che siamo destinati a fare e, di conseguenza, per la quale siamo nati.
Del resto, il regista dichiara: "Da una parte l'idea è assurda. L'idea di portare pietre, malta, cemento, piscine e tutto quanto è necessario per costruire queste costosissime dimore su una stazione spaziale è ridicola. E' un modo per ribadire il concetto che è al centro del film, ossia che la gente di Elysium è straricca e usa le proprie risorse per creare un ambiente tutto per sé, separato, sintetico, quasi ermetico. Da questo punto di vista Elysium è il rovescio della medaglia di un'invasione aliena: siamo ancora alle prese col tema dell'uomo che tenta di proteggere il proprio stile di vita, ma, invece di combattere sulla Terra, scappa nello spazio."
Anche se, in realtà, non sembra poi così assurdo il soggetto di base, considerando che la dichiarazione prosegue: "Negli anni Settanta era stata presa in considerazione l'ipotesi di lasciare la Terra e costruire delle stazioni spaziali vivibili. Una delle risposte più convincenti a questa ipotesi è lo Stanford Torus. Mi piace l'idea di prendere questo modello fantascientifico molto conosciuto e infilarci dentro ricchezza, diamanti e case alla Bel Air. L'idea di mettere queste case esagerate ed assurde su una stazione spaziale a forma di ciambella mi fa ridere a crepapelle ed è per questo che ho voluto farne un film".
Un film che, tra l'altro, sfoggia una trama che non avrebbe certo sfigurato se sfruttata in uno dei tanti b-movie finanziati dal prolifico Charles Band; mentre spinge da un lato a ripensare al dimenticato 2013 - La fortezza (1992) di Stuart Gordon, dall'altro al dittico formato da 1997: Fuga da New York (1981) e Fuga da Los Angeles (1996) di John Carpenter, soprattutto per quanto riguarda l'analisi politico-sociale che viene effettuata.
E, fortunatamente, chi si aspettava una soporifera accozzaglia di fanta-luoghi comuni alla Oblivion (2013) con Tom Cruise è costretto a ricredersi, perché i quasi 150 minuti di visione qui proposti non solo abbondano in movimento a suon di eccellenti effetti speciali, ma non mancano neppure di sfoderare momenti da incubo futuristico (si pensi soltanto alla sanguinosa operazione chirurgica) che sembrano quasi usciti da un lavoro dell'olandese Paul Verhoeven.
Con la risultante di un'operazione che non solo riesce nell'impresa di lasciare pienamente soddisfatto lo spettatore in un'epoca cinematografica sempre più carente di idee originali, ma testimonia in maniera concreta che Blomkamp potrebbe rivelarsi proprio il degno erede artistico di colui che ci ha regalato, tra l'altro, Robocop (1987) e Starship troopers - Fanteria dello spazio (1997).

Elysium Se nel 2013 sei astronauti vivono e lavorano nella stazione spaziale internazionale che orbita a circa 250 miglia dalla Terra, nella visione di Neill Blomkamp, responsabile nel 2009 della fanta-pellicola candidata al premio Oscar District 9, tra 150 anni queste umili origini porteranno alla realizzazione di abitazioni dotate di tutti i comfort per le persone più abbienti. In questa sua opera seconda, infatti, vengono dipinti due mondi distinti e separati: una Terra sovrappopolata e alla deriva ed Elysium, la stazione spaziale realizzata dall’uomo per i multimilionari. Offrendo il giusto punto di partenza per concretizzare una serrata avventura fantascientifica fortemente infarcita di allegorie politico-sociali e che, per merito anche di un ottimo montaggio, coinvolge dal primo all’ultimo minuto di visione, regalando anche momenti di violenza e cattiveria che tanto ricordano il miglior cinema di Paul”Atto di forza”Verhoeven.

7

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