Recensione Eden

Il tema musicale e il Bildungsroman si fondono nell'ultimo vibrante lavoro della talentuosa regista francese Mia Hansen-Løve

Recensione Eden
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Comincia nel 1992 Eden, nel quale Paul è un giovane parigino amante della musica elettronica francese, una passione che lo spingerà a formare giovanissimo e con il suo migliore amico il duo "Cheers", che troverà subito grande seguito nelle notti giovani della metropoli francese. Assieme ai suoi amici e sull'onda di quel veloce successo, Paul sarà presto trascinato in un vortice passionale di musica, droga, ragazze. Un'atmosfera quasi ipnotica che lo proietterà in una realtà vibrante e in qualche modo straniante che gli farà trovare e allo stesso tempo perdere il senso della strada - percorsa e da percorrere. Proiettato grazie al "French Touch" nel successo delle serate parigine prima e newyorkesi poi, e sballottato tra l'idea di un amore stabile e la realtà di amori e passioni fugaci, Paul attraverserà come un treno gli anni '90 per ritrovarsi quasi venti anni dopo ancora sulla soglia di una vita da scegliere. Il turbinio di quell'avvio musicale condito di serate danzanti costruite attorno al suono di Daft Punk, Dimitri from Paris, Cassius e Alex Gopher e inserito in una stagione di vita trascinante, aprirà infatti a lungo andare una finestra sulla mancanza e necessità di una reale struttura di vita. Attorno a Paul ruoteranno infatti in quegli anni la morte, gli amori, l'evolversi della scena musicale, il suo conto stabilmente in rosso, definendo con forza sempre crescente la necessità di una svolta, finché poi il cambio di rotta non si prospetterà come la naturale prosecuzione del proprio percorso di formazione.

One more time...

La giovane (classe 1981) regista francese Mia Hansen Love già ampiamente apprezzata per i suoi lavori precedenti (Un amore di gioventù, Il padre dei miei figli, Tout est pardonné), torna per il suo quarto film a indagare la scena dei rapporti (sentimentali e non) immergendo e raccordando però l'intera opera in una realtà musicale vibrante (quella della scena parigina degli anni '90 e del cosiddetto French Touch) e in un contesto giovanile che amplifica e proietta Il tempo delle mele in una dimensione temporale e concettuale molto più complessa, estesa. La prosa filmica delicata e sottilmente provocante della Hansen Love trova infatti in Eden (nel bene e nel male) il suo apice stilistico e narrativo, esaltato nella contemplazione di un linguaggio giovanile che passa e si decodifica attraverso la musica e la musicalità. Il passaggio di questo gruppo di ventenni (di grande impatto scenico il coro di giovani attori tra cui spicca il protagonista Félix de Givry nei panni di Paul) alla loro età adulta è scandito infatti nell'opera della Hansen-Love da quel continuo entrare e uscire dai locali, in una progressiva presa di coscienza della differenza tra realtà evasiva (gli interni fragorosi e sempre animati delle discoteche) e concreta (quella più silente e rarefatta dell'esterno dove i luoghi della vita si fanno di colpo più complessi e desolanti). Potentissimo in questo suo graduale e crescente raccordo emotivo e musicale, Eden deflagra letteralmente nella capacità di raccontare la crescita umana attraverso il reiterarsi di "One more time... we're going to celebrate", pezzo dei Daft Punk che in un certo senso descrive e segna il centro narrativo del film, indicando la necessità di andare avanti, proseguire in ogni caso e in barba alle difficoltà il proprio percorso di vita. Un film che esalta le capacità narrative ed estetiche della regista francese pur evidenziando a latere qualche limite dell'opera, riscontrabile nell'eccessiva estensione temporale e in quella che sembra la ricerca quasi esasperata di un finale che rappresenti l'adeguata quadratura del cerchio narrativo. Ed è proprio forse questo l'unico difetto attribuibile a Eden, ovvero l'incapacità di tenere testa fino alla fine a quella ribellione estetica e concettuale portata avanti lungo le oltre due ore di film. Peccati in un certo senso veniali che non inficiano la forza dirompente dell'opera ma ne precludono in qualche modo la sua perfetta compiutezza.

Eden Presentato alla nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, l’atteso Eden della regista francese Mia Hansen Love inquadra il percorso di formazione di un gruppo di ragazzi all’interno della fervente scena musicale francese degli anni ’90. Un film che utilizza la stasi estetica e l’evoluzione musicale per tracciare un iter potente e originale sulla difficoltà di crescere nella consapevolezza di dover poi sempre convivere con una gran dose di incertezze e nostalgie. Film potente e di grande rigore estetico che la Hansen Love gestisce con grande senso della narrazione e la sua consueta prosa delicata/raffinata. A oggi l’opera più ambiziosa della regista francese che - nonostante qualche piccola imperfezione - ne libera appieno stile, creatività e voglia di comunicare l'esperienza di vita senza filtri.

7.5

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