C'è qualcuno in casa tua Recensione: uno slasher insufficiente su Netflix

L'autore di Creep e Room 104 porta su Netflix l'omonimo adattamento del romanzo di Stephenie Perkins con risultati altalenanti.

C'è qualcuno in casa tua Recensione: uno slasher insufficiente su Netflix
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Uno dei generi che Netflix ama approfondire di più è sicuramente quello dell'orrore, che di recente ci ha regalato una bellissima sorpresa tutta italiana con il film originale diretto da Roberto De Feo (qui la recensione di A Classic Horror Story), ma non sempre funziona tutto come previsto e, anzi, spesso ci sono delle sorprese al contrario. Prendiamo ad esempio questo nuovo C'è qualcuno in casa tua di Patrick Brice, omonimo adattamento cinematografico del romanzo del 2017 scritto da Stephenie Perkins. Il libro si è rivelato un thriller bestseller tra i più apprezzati di quattro anni fa, tanto da spingere il colosso dello streaming e i produttori Shawn Levy e James Wan a sviluppare una trasposizione dal forte sapore slasher e young adult, consegnando proprio in mano all'autore di Creep e Room 104 le redini della regia.

Dati i nomi coinvolti e il materiale di partenza, seppure non esorbitanti, le aspettative circa il film erano più o meno alte, e invece quello che ci siamo ritrovati davanti è un prodotto sapido di mediocrità ma povero di gusto, di poca inventiva stilistica e chiuso in un guscio di superficialità tecnica e artistica che lascia decisamente il tempo che trova. La storia comincia comunque come il più classico degli Scream: un adolescente, una casa, un misterioso assassino mascherato. Solo che questa volta il volto di plastica dell'efferato serial killer è quello della sua vittima. Chi si nasconde dietro a brutali omicidi che coinvolgono solo giovani liceali? Qual è il suo modus operandi? Cosa sta succedendo a Osborne, Nebraska?

C'è qualcuno in casa tua: una coltellata alla cancel culture

C'è qualcuno in casa tua non sorprende in nessuna delle sue componenti, risultando derivativo e infarinato di dubbio gusto registico. Intendiamoci: il film non ha grandi ambizioni, letto in chiave tanto traspositiva quanto intenzionale, nella volontà dell'autore e dei produttori di adattare per filo e per segno un thriller per ragazzi in un titolo mainstream pensato per intrattenere. Eppure ci è sembrata davvero un'occasione sprecata per giocare in modo più coraggioso e divertito con un genere tanto malleabile.

Basta vedere quanto fatto dal già citato A Classic Horror Story, per capire come sia effettivamente possibile creare qualcosa di unico, ma è ben chiara la disparità col titolo in esame, tratto, a differenza del film italiano, da un racconto già esistente.
Alcuni passaggi di C'è qualcuno in casa tua ricordano davvero da vicino il cult di Wes Craven, mentre l'assassino appare come un mix spento di alcune caratteristiche prese direttamente dai thriller-horror targati Blumhouse. Non convince né appassiona in nessuno dei suoi passaggi, ma avendo una struttura ricalcata sui canoni principali del genere (compresi tutti i suoi cliché) si lascia guardare con interesse ma senza generare suspense né emozioni. Il gioco resta solo quello di provare a scoprire chi sia effettivamente il responsabile degli omicidi e capire il suo movente.

Tutte risposte che poi arrivano puntuali alla fine del film, alla risoluzione conclusiva, senza riuscire a spiazzare nemmeno in quell'occasione. Il problema principale è quello della sceneggiatura e della scarna caratterizzazione dei personaggi, decisamente vecchio stampo nonostante ci sia una marcata inclusività tra varie comunità e minoranze, comunque troppo facile da inserire quando nella metrica sostanziale del racconto l'intenzione è quella di pugnalare al cuore la cancel culture e ribaltare il discorso annesso.

Un intreccio non sufficiente

L'intreccio riguarda persone comuni con segreti comuni che vengono però smascherate da questa figura misteriosa, solo intenzionata - almeno apparentemente - a mettere in pubblica luce il vero "Io" di questi "ipocriti e peccatori", infine trucidandoli all'arma bianca.

In fin dei conti, anche in questo suo ragionamento su di un tema tanto attuale, il film riesce appena a scalfire la superficie dell'argomento in esame, risultando anzi nel terzo e ultimo atto anche un po' ingenuo e prevedibile, nonostante dia senso e significato a tutto. Al titolo manca arguzia e verve, audacia e passione: un prodotto mediocre che poteva essere qualcosa di più, qualcosa di migliore e più efficiente sul piano narrativo. Si adagia invece su di una fiacca onda derivativa, incapace di cavalcare al meglio il genere e restando in basso e indietro rispetto a diversi e recenti prodotti Netflix.

C'è qualcuno in casa tua C'è qualcuno in casa tua di Patrick Brice non riesce a sorprendere concretamente in nessuno dei suoi passaggi, risultando invece un'opera profondamente derivativa e superficiale. Trae ispirazione dagli slasher come Scream e Halloween e mette al centro del tessuto narrativo il tema della cancel culture, tentando di ribaltarne il senso in un tripudio di cliché di genere quasi mai sorprendenti. Pur non riuscendo a emozionare o spaventare, il titolo prodotto da Shawn Levy e James Wan si lascia guardare senza infamia e senza lode, incapace comunque di giocare con una compartimentazione cinematografica invece assai malleabile.

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