Recensione Dove eravamo rimasti

Sotto la regia del premio Oscar Jonathan Demme, la pluripremiata Meryl Streep si trasforma in una mamma tutta rock in via di redenzione che sembra incarnare l'America e i suoi controsensi.

Recensione Dove eravamo rimasti
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Si comincia immediatamente con la tre volte vincitrice del premio Oscar Meryl Streep che, affiancata da Rick Springfield, si cimenta in una scatenata esibizione cantando American girl di Tom Petty, prima ancora di confrontarsi con Bad romance di Lady Gaga.
Perché, sotto la regia del Jonathan Demme che l'ambita statuetta se la aggiudicò grazie al thriller di derivazione harrisiana Il silenzio degli innocenti (1991), la protagonista de La mia Africa (1985) e Mamma mia! (2008) ricopre in Dove eravamo rimasti (2015) il ruolo di Ricki Randazzo, cantante e chitarrista rock che, lavorante in un supermercato, nell'inseguire il proprio sogno di diventare musicista di successo compie tanti sbagli umani nei confronti della sua famiglia; fino al momento in cui l'occasione per riscattarsi e cercare di aggiustare tutto si presenta quando viene richiamata a casa per un problema.
Un personaggio per il quale Diablo"Juno"Cody, sceneggiatrice e produttrice del film, ha preso spunto da una persona realmente esistente, in quanto spiega: "Per il personaggio di Ricki mi sono ispirata alla vita di mia suocera, che è una cantante leader di una band rock del New Jersey che si chiama Silk and Steel. Terry ha sei nipotini ormai, eppure ogni fine settimana è in giro a suonare e cantare rock nei locali, e ad emozionare il pubblico. Il rock ‘n' roll è la sua vita e credo che molte persone l'abbiano giudicata sciocca ad essere ancora in giro a suonare rock da mamma o nonna - ma a lei non importa un bel niente. Ed è quello che amo di lei".

Mamma mia!

Un personaggio che, sostenitore di George W. Bush ma dall'anima rock ribelle e con bandiera a stelle e strisce tatuata, sembra in un certo senso incarnare l'America e tutte le sue contraddizioni; man mano che lo vediamo alle prese con l'ex marito Pete alias Kevin Kline, la nuova moglie di lui Maureen, ovvero la Audra McDonald di Vizio di famiglia (2003), e i figli, tra cui la problematica Julie, incarnata dalla Mamie"Motel Woodstock"Gummer della quale la Streep è realmente madre nella vita.
E, mentre apprendiamo, tra l'altro, che il cuore è come un Big Mac e che la cosa buffa di Mick Jagger è che ha avuto sette figli da quattro donne diverse, le occasioni per sorridere non risultano affatto assenti, ulteriormente complici situazioni come quella in cui abbiamo una esilarante discussione con un tizio la cui figlia si chiama Nirvana (!!!).
Nel corso di circa un'ora e quaranta di visione che, tempestata di riletture di successi in note quali la sempreverde Woolly Bully di Sam The Sham & Pharaohs, I still haven't found what I'm looking for degli U2 e My love will not let you down di Bruce Springsteen, tende in un primo momento a lasciare spiazzato lo spettatore a causa della sua struttura caratterizzata da una prima parte maggiormente dedicata ai dialoghi e una seconda ad uso quasi esclusivo del lato musicale; per poi rivelarsi una compatta e piacevole commedia una volta superata la coinvolgente sequenza del matrimonio e giunti ai titoli di coda... quando appare evidente che sia il veloce ritmo di narrazione a rientrare tra i suoi maggiori pregi.

Dove eravamo rimasti “Tutti hanno una parte del passato che vorrebbero cambiare. Quando Ricki vede la figlia disperata, capisce che è un’opportunità di redenzione per raddrizzare tutte le scelte sbagliate che ha fatto nella sua vita”. Così il regista premio Oscar Jonathan Demme sintetizza il personaggio della mamma tutta rock incarnato dalla insuperabile Meryl Streep (che dirige per la seconda volta, dopo The manchurian candidate) nel suo Dove eravamo rimasti, commedia che immerge nella frenesia delle note musicali le tematiche del riscatto e dell’importanza dell’unione familiare anche nelle situazioni più difficili e improbabili. Commedia che non spinge a gridare al capolavoro, ma che, sostenuta da un ottimo cast, si rivela divertente nella giusta maniera e ritmata a dovere... lasciando quasi avvertire, inoltre, una certa allegoria relativa ai controsensi dell’America proprio nell’immagine della atipicamente ribelle protagonista.

6.5

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