Dolittle, la recensione del nuovo film con Robert Downey Jr.

L'interprete di Iron Man si cala nei panni del dottore capace di parlare con gli animali in un film leggero e spensierato ma poco incisivo.

Dolittle, la recensione del nuovo film con Robert Downey Jr.
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L'opening animata del Dolittle di Stephgen Gaghan ci invita a scoprire origini e passato del personaggio creato da Hugh Lofting. Quelle autentiche, direttamente traslate dai romanzi per bambini dell'autore britannico. È così che in un tenue e pastoso stile animato la voce del pappagallo Polly (Emma Thompson) ci racconta di quando, "in un periodo in cui gli animali erano solo cibo, caccia e divertimento", un Dottore e sua moglie avevano scelto di dedicare le loro vite alla cura delle sofferenza fisiche e psicologiche degli amici alati, pelosi o a quattro zampe.
Il segreto era la capacità di John Dolittle (Robert Downey Jr) di riuscire a comunicare con gli animali, di comprenderne perfettamente il linguaggio, dote imparata anche da Lily Dolittle. Girovagando per il mondo riuscirono a salvarne a centinaia tra gorilla, orsi polari, oche ed elefanti, ricevendo dalla Regina d'Inghilterra un'immensa riserva dove poter vivere e ospitare tutti gli animali che desideravano.

Il mondo del Dottore piombò però in un'oscurità apparentemente senza ritorno in seguito alla scomparsa della moglie, naufragata durante un viaggio alla ricerca del mitico Albero dell'Eden, evento che gettò Dolittle in un profondo dolore e lo convinse a chiudere i cancelli della riserva, dove rimase rintanato per anni. L'arrivo di due piccoli sconosciuti in cerca d'aiuto e la prospettiva di perdere la propria casa, costringono (e convincono) il protagonista a imbarcarsi in una nuova e pericolosa avventura, sempre verso l'Albero dell'Eden, con la speranza di poter salvare l'Inghilterra e riprendere in mano le redini della sua esistenza.

Robert Downey Jr. dottore senza voce

Svestita l'armatura di Iron Man dopo sei anni d'esclusiva presenza nel Marvel Cinematic Universe, Robert Downey Jr. torna al cinema in un ruolo che si adatta perfettamente alla sua cifra interpretativa, iconico e trasposto al cinema solo nel libero riadattamento con Eddie Murphy. Nel film scritto e diretto dal regista di Syriana e Gold - La grande truffa si respira invece l'anima del racconto per bambini di Lofting e l'ambientazione nell'Inghilterra del primo '900, anche se più fiabesca e leggermente sognante.
Curioso che un regista come Gaghan abbia scelto un film così poco adatto alle sue corde autoriali, così lontano dai thriller socio-politici o criminali da lui scritti e diretti in passato, e infatti si nota tutto il maldestro e spaesato approccio al genere. Al suo Dolittle manca infatti un efficace bilanciamento dei toni, specie con un attore come Downey Jr. a bordo, grande mattatore del progetto. Chiuso per anni nel ruolo di Tony Stark, inframezzato due volte dallo Sherlock Holmes di Guy Ritchie, la star sembra incapace di abbandonare quelle dinamiche attoriali fatte di una gestualità esasperata e di un'espressività quasi standardizzata. Impossibile scrivere che non affascini o che non risulti funzionale in un ruolo tanto eccentrico e caricaturale, eppure si nota un certo fare macchiettistico che accompagna la sua performance dall'inizio alla fine.

Di certo Gaghan non è un regista in grado di lasciare un segno forte, non ha una voce che possa dirsi riconoscibile, tanto che sembra che la Universal abbia approfittato di questa occasione per rimaneggiare a piacimento l'editing e il montaggio del film, cambiandolo forse profondamente. Non sappiamo quali siano le scelte dello studio per "migliorare" il prodotto, ma in molte occasioni si avverte l'interruzione di un tono in favore di un altro, un innesto post-produttivo forzato, virato a un'azione più diretta che magari precedentemente mancava

Il Dolittle pensato da Downey Jr, sua moglie Susan Downey e da Gaghan era sì un film avventuroso e aperto all'esplorazione del mondo, ma radicato in un'essenza fanciullesca non così esagerata. Ci sono momenti, nel lungometraggio, che sembrano uscire dal nulla, che non hanno senso continuativo nel ritmo della narrazione e del racconto, creati inoltre con una CGI spesso imbarazzante e posticcia, davvero troppo artificiosa. Anche in alcuni animali.

Uno zoo cinematografico

Molto interessate è la gestione del punto di vista esterno - dei co-protagonisti e dello spettatore - del talento di Dolittle, che non comunica in lingua umana con gli animali ma con cui riesce a parlare nei rispettivi linguaggi, in sostanza con i loro versi. È poi la regia a tradurre per lo spettatore i loro dialoghi per rendere il film più fruibile e godibile, ma inizialmente il Dottore gioca a scacchi con il gorilla Chee-Chee (Rami Malek) esprimendosi esclusivamente in gorillesco. Anche il fatto che non sia sua unica prerogativa ma una competenza acquisita da anni d'osservazione e studio è un messaggio molto positivo per i più piccoli, che vengono spronati alla conoscenza e alla scoperta.
Gli elementi più riusciti di Dolittle sono però i compagni animali, dall'Orso Polare Yoshi allo Scoiattolo Kevin: tutti amici e "pari" di John che fungono quasi da voce della sua coscienza, ognuno una parte del suo carattere.

L'Orso è la forza, il gorilla la sua paura, lo scoiattolo la circospezione, il pappagallo l'intelligenza e così via, anche se ognuno di loro ha una precisa personalità gestita magnificamente dai doppiatori originali (abbiamo visto il film in Inglese, non possiamo commentare il doppiaggio italiano). Fanno molto ridere più o meno tutti, anche se il problema è che i dialoghi e le loro relazioni vengono approfonditi molto poco rispetto alla storia, scapestrata e spesso diretta con un mood alla Barry Sonnenfeld un po' svogliato.

I compagni di viaggio più simpatici di Dolittle sono comunque Kevin (Craig Robinson), lo Struzzo Plimpton (Kumail Nanjiani) e la Libellula James (Jason Mantzoukas). Ci sono anche due villain interpretati da Michael Sheen e Antonio Banderas: ruoli divertiti che ben si adattano allo spirito generale del progetto, bambinesco, leggero e superficiale. Dolittle porta in scena un vero e proprio zoo cinematografico, solo più caotico e ambulante, mettendo in cattività stile e contenuti, imprigionati in una gabbia cinematografica di resistente mediocrità in cui la qualità si sente davvero in trappola. Dategli anche un'occhiata di passaggio ma non nutritelo: dareste triste speranza a una creatura filmica troppo debole per sopravvivere davvero.

Dolittle Robert Downey Jr. sveste l'armatura di Iron Man per entrare nei panni dell'eccentrico e stravagante John Dolittle, il Dottore capace di parlare con gli animali. Il film di Stephen Gaghan è certamente più fedele ai romanzi per bambini del britannico Hugh Lofting ma distante dalla qualità contenutistica presente in essi, forse anche a causa di un rimaneggiamento post-produttivo dello studio. L'interpretazione dell'attore è sì funzionale e affascinante ma fin troppo legata a sensibilità già sperimentate nel MCU e in Sherlock Holmes, mentre lo voce dell'autore di Syriana e Gold è assente e smorzata. A vincere su tutto sono gli animali: divertenti, intelligenti, buffi, sentimentali. Il valore aggiunto di queste creature viene però dal doppiaggio originale, dunque in Italiano potrebbe perdersi anche questo elemento. Dolittle è in definitiva un animale molto debole ridotto in cattività e chiuso in una gabbia di resistente mediocrità. Un'occhiata di passaggio basta e avanza, anche per non farsi rattristare troppo dalle sue condizioni.

5

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