Doctor Sleep: la recensione del sequel di Shining

Mike Flanagan firma un adattamento coraggioso, che rispetta i romanzi di King e al tempo stesso omaggia (forse troppo) il film di Kubrick.

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È impossibile parlare di Doctor Sleep senza pensare a Shining. Non è mai facile realizzare il seguito di un capolavoro immortale, soprattutto se ciò avviene molti anni dopo ed è firmato da autori differenti. Ammettiamo, infatti, di aver percorso il cammino che, dalla campagna promozionale del lungometraggio, ci ha portati in sala con un misto di preoccupazione e speranza.
Da un lato abbiamo Mike Flanagan (scrittore, regista e montatore del film), un nome che negli ultimi anni ha dimostrato al pubblico tutto il suo talento nella scrittura e nella messinscena della cinematografia horror; dall'altro c'era il confronto, tangibile e pericolosamente inevitabile, con un cult che ha sconvolto i manuali di cinema e che valse a Stanley Kubrick più di qualche screzio con Stephen King.

Perché, e questo lo approfondiremo meglio nel corso della recensione, l'adattamento cinematografico di Doctor Sleep tenta di conciliare l'immaginario di Kubrick con l'universo narrativo di King, che pubblicò il sequel di Shining nel 2013. Un matrimonio che, nel 1980, sembrava impossibile. Il risultato è un adattamento complesso e, a parer nostro, coraggioso, ma anche non pienamente riuscito, seppur non privo di qualche guizzo tipico dello stile di Flanagan.

Il risveglio della Luccicanza

Gli orrori dell'Overlook Hotel non finirono di certo quella notte terribile in cui Jack Torrance perse la ragione e rischiò di trucidare la sua famiglia. I fantasmi che tormentarono i protagonisti di Shining continuarono a perseguitare il povero piccolo Danny Torrance, per il quale non fu sufficiente trasferirsi con la madre in Florida per iniziare una nuova vita.

Le immagini e le suggestioni che segnarono il bimbo in quel tragico inverno continuarono a togliergli il sonno anche negli anni successivi, finché Dan Torrence non trovò il modo per sconfiggere i propri demoni interiori seppellendo la Luccicanza - il potere che gli permetteva di instaurare potenti legami psichici - sotto uno strato di memorie dolorose, affinché gli avvenimenti che distrussero la sua famiglia rimanessero un brutto ricordo. Ma, come il buon vecchio Dick Halloran gli insegnò in passato, "il mondo è sempre affamato": forze oscure e millenarie si aggirano per gli Stati Uniti, nutrendosi di Luccicanza e compiendo atti efferati in nome della loro stessa sopravvivenza. Si tratta di un gruppo che si fa chiamare Il Nodo, guidato da una donna misteriosa e ossessionata dal potere che la sua banda ha chiamato Vapore. La loro fame li porta a incrociare le proprie strade con Abra, una bambina che sembra aver ereditato una Luccicanza particolarmente intensa.
Danny Torrance, che negli ultimi 40 anni ha tentato invano di costruirsi una vita lontano dai fantasmi del padre, non può che affrontare nuovamente le proprie paure più grandi e incarnare ciò che Dick Halloran fu per lui molto tempo addietro: una guida salvifica per Abra, alla scoperta e alla preservazione dello Shining, che ovviamente si fa metafora della vita stessa e del valore simbolico dell'esistenza, in una battaglia che capolvolge continuamente i concetti di Bene e Male.

C'è una verità profonda da cui è necessario far scaturire ogni discorso preliminare sulla valutazione di un adattamento come Doctor Sleep: trasporre su schermo i mondi creati su carta da Stephen King non è impresa da poco e, molto spesso, l'autore di turno è dovuto scendere a più di qualche compromesso per rendere l'adattamento stesso credibile e coerente con la messinscena cinematografica o seriale. Doctor Sleep è un adattamento in larga parte fedele al romanzo originale, nei cui confronti Flanagan ha cercato di mantenersi rispettoso e riverente pur senza lesinare su una smodata dose di fanservice, che ha portato inevitabilmente a rimaneggiare l'atto finale dell'opera senza però distaccarsi concettualmente dal materiale cartaceo.

Se siete affezionati alla narrativa kingiana, e di conseguenza ai pilastri che sorreggono il canovaccio letterario di Shining e del suo sequel, potete stare tranquilli: più che il film di Kubrick, Doctor Sleep riprende gli eventi e i toni dei libri, ma al tempo stesso omaggia la leggendaria pellicola dell'80.
Lo fa conciliando molto bene due opere che, oggi come allora, dividono pubblico e autori, ma al tempo stesso Flanagan scardina alcune presunte incoerenze tra romanzi e film con una precisa scelta di sceneggiatura che non sveleremo per evitare spoiler sulla trama del film.

Sul piano della scrittura l'autore di Hill House ha svolto un lavoro egregio soprattutto nei primi due atti nel film: inizialmente Doctor Sleep è un dolce ritornare nelle atmosfere inquietanti di Shining, ma col trascorrere dei minuti l'opera di Flanagan mostra una parvenza di identità propria, con scelte visivamente ardite e un ritmo piacevolmente (e necessariamente) blando.

I problemi iniziano nell'ultimo atto della pellicola: la scrittura subisce un'impennata brusca, rendendo il racconto più frettoloso rispetto alla prima parte. E in questo, ma anche in molto altro, si avverte palpabile l'eredità e l'influenza kubrickiana, che diventa via via sempre più soverchiante col sopraggiungere del finale. Nel Doctor Sleep cinematografico si respira un background più fumoso e meno approfondito rispetto al romanzo, ma è soprattutto nella messinscena finale che siamo rimasti spiazzati dallo scarso coraggio mostrato da un regista che, in teoria, ha talento da vendere.
C'era da aspettarsi che il film in uscita il 31 ottobre (per questioni di marketing più che per esigenze artistiche) pescasse furbamente dall'opera di Kubrick. Ma l'ultimo atto di Doctor Sleep va anche oltre, offrendo una quantità smisurata di citazioni visive al capolavoro degli anni Ottanta - da cui eredita, peraltro, l'ispirazione da horror psicologico che predilige l'inquietudine e il macabro al becero jumpscare, con venature fortemente esoteriche.
Una comune e inevitabile caccia all'easter egg diventa un teatro di palese (e a tratti fin troppo spudorata) riverenza visiva a Shining. Un gioco di rimandi estetici che non si limita semplicemente a omaggiare il maestro, ma ne ricostruisce intere sequenze, fotogrammi e inquadrature.

Un lavoro dal quale, francamente, ci aspettavamo meno referenzialità e più convinzione da parte di un autore come Flanagan, la cui penna cade facilmente vittima di una perenne ansia da prestazione laddove si sofferma a ricalcare le righe altrui col proprio inchiostro, andando a rivisitare i personaggi e le ambientazioni del leggendario Overlook Hotel. Un peccato, in fin dei conti, poiché nella stesura dei segmenti più "indipendenti" rispetto al suo predecessore Doctor Sleep è un film che mostra i muscoli.

Lo fa soprattutto nella rappresentazione dei momenti più folli e onirici, quelli tipicamente kingiani che nessuno (a parte forse proprio Flanagan) è finora riuscito a trasporre con personalità, convinzione e soprattutto fedeltà. Doctor Sleep è anche registicamente virtuoso, come dimostrano gli efficaci movimenti di macchina e la direzione artistica, sempre attenta e impreziosita da un'estetica piacevolmente old style tra stacchi in dissolvenza e un utilizzo certosino del montaggio musicale. Ed è ottima, infine, la prova attoriale dei principali interpreti: da apprezzare soprattutto Ewan McGregor, un istrionico e convincente Danny Torrance, e la splendida Rebecca Ferguson, nei panni di una Rose Cilindro che semplicemente buca lo schermo.

Doctor Sleep Doctor Sleep è un'operazione intrigante, soprattutto perché concilia furbescamente sia i fan dei romanzi che gli amanti dello Shining cinematografico, ma è anche un adattamento da cui era lecito aspettarsi più coraggio in termini di resa visiva. È anche una buona trasposizione del romanzo originale, capace di replicare sul grande schermo il mondo surreale e onirico di Stephen King. Ma il punto centrale della nostra analisi è rivolto verso un'eccessiva derivazione dalle atmosfere e dall'estetica dello Shining di Stanley Kubrick, nei confronti del quale Mike Flanagan si dimostra fin troppo riverente. Perché, quando Doctor Sleep si ricorda di essere un film indipendente dal capolavoro di Kubrick, soddisfa e intriga. Ma quando Flanagan si avventura tra le memorie dell'Overlook Hotel, proprio come i protagonisti, finisce vittima di un auto-cannibalismo mentale in cui il citazionismo prevarica sull'originalità.

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