Cosa accade quando si mescola un recente caso editoriale alle nuove modalità cinematografiche della Turchia? Sarà la serietà della storia a prendere il sopravvento, mettendo un freno alle esagerazioni tipiche dei fortunatissimi format televisivi, oppure saranno queste ultime a banalizzare una trama adulta rovinandola? La risposta al quesito è rinvenibile in uno degli ultimi dominatori della classifica Netflix, perché Dieci Giorni tra il Bene ed il Male porta sul piccolo schermo la prima parte di una trilogia letteraria che ha avuto un enorme successo in patria, forte di una narrazione matura e di un protagonista difficilmente ascrivibile al gruppo degli eroi.
Pubblicato il mese scorso - ma disponibile insieme agli altri film Netflix di Marzo 2023 - il film diretto da Uluç Bayraktar ha scalato la nostra top ten nonostante un approccio al thriller che annacqua fino all'inverosimile una storia che già in partenza non sembrava spiccare per originalità.
Una sparizione misteriosa
Dopo aver abbandonato la sua vita da avvocato facoltoso, Sadik (Nejat Isler) ha scelto di condurre la propria esistenza all'insegna del menefreghismo per evitare l'ennesima delusione da parte di chi gli è vicino. L'uomo abita da solo in un appartamento disastrato, guadagnandosi da vivere lavorando come investigatore privato per chiunque gli offra il giusto compenso: ad affidargli un caso particolarmente remunerativo ci pensa una madre in cerca del figlio, scomparso senza lasciare traccia da molti giorni, obbligando il detective ad immergersi nelle torbide acque della malavita turca fino a scoprire una tela di crimini e ricatti.
Il ragazzo da ritrovare non è infatti il docile agnellino che la donna gli aveva descritto, e si è lasciato coinvolgere dalla criminalità locale in un giro che comprende traffico di umani, prostituzione ed omicidi efferati, ma i suoi "colleghi" non sembrano coinvolti in una sparizione che ha sorpreso tutti.
Sceneggiatura priva di sorprese
Trasposizione del giallo scritto da Mehmet Eroglu, vero e proprio fenomeno editoriale degli ultimissimi anni in libreria, Dieci Giorni tra il Bene e il Male porta in scena un thriller figlio di stereotipi che non sorprende con le sue evoluzioni scontate e le atmosfere noir, ma punta ad intrattenere un pubblico generalista con una trama priva di guizzi artistici che tenga compagnia per le due ore e passa di visione.
La sceneggiatura tratteggia senza particolare convinzione un protagonista arcinoto all'interno del genere di appartenenza, il classico antieroe deluso dalla vita ma ancora capace di amare e battersi per gli altri, mentre i personaggi secondari sono relegati al ruolo di macchiette criminali, perdendosi in un turbinio di caratteri molto simili tra di loro che tentano di differenziarsi soltanto per le tendenze sadiche dei loro delitti. Attorno ad un intreccio generale che fatica a catturare l'attenzione, si svolgono i numerosi segmenti secondari di narrazioni scollegate tra di loro, ognuna delle quali tenta di fare luce sulla vita del protagonista e dei suoi comprimari, finendo però con l'allungare senza alcun motivo pratico il minutaggio a causa dei mancati riscontri con il corpo centrale del racconto e di una scrittura che tende a banalizzare ogni grande rivelazione.
L'influenza televisiva
Tra dialoghi spesso imbarazzanti, colmi di frasi fatte e mossi da un sottotesto comico mai divertente, ed un'assidua confusione visiva e uditiva (peggiorata dai numerosi ed evidenti errori di montaggio), la pellicola finisce col diventare un sottofondo monotono puntellato da soliloqui e spiegazioni costanti, accompagnato da una colonna sonora schizofrenica che alterna l'anima noir del suo jazz alle musichette simil-pubblicitarie delle scene più "buffe".
La tendenza all'esagerazione che affossa il titolo è evidentemente figlia delle modalità televisive turche, un Paese che sta vivendo negli ultimi anni un grandioso successo commerciale con le sue soap opera (noi italiani non siamo esenti dalla moda del patetismo, come potete capire leggendo la recensione de La Legge di Lidia Poet), per questo non sorprende - ma potrebbe comunque offendere - notare come siano soltanto i personaggi maschili a muovere la trama, mentre le donne sono oggetti d'arredamento ipersessualizzati e tendenzialmente superficiali anche quando coltivino carriere di successo. La regia minimalistica, unita ad una fotografia così calda da appiattire ogni inquadratura, completa il quadro per un'opera senza alcuna ambizione artistica, vittoriosa grazie ai suoi cinque minuti di fama in classifica, ma persa nello sconfinato oceano di produzioni mediocri pensate per lo streaming.
Non basta trasporre un successo editoriale per costruire un buon thriller cinematografico, e Dieci Giorni tra il Bene ed il Male ne è l'esempio perfetto: trama ordinaria, sceneggiatura persa tra il serio ed il faceto e dialoghi ai limiti del risibile sono soltanto i difetti più evidenti di un'opera senza alcuna velleità artistica, ai quali vanno aggiunti i numerosi errori di montaggio ed una scrittura che non rende alcun onore ai propri personaggi stereotipati, in particolar modo a quelli femminili.