Recensione Dieci Inverni

Il prologo di una storia d'amore...lungo dieci inverni.

Recensione Dieci Inverni
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Passeggiando per strada, facendo compere con gli amici o seduti nella sala buia di un cinema potremmo incontrare la persona giusta, la fatidica anima gemella, e non rendercene conto. Restiamo indifferenti perché non l'abbiamo riconosciuta. Molti film romantici ci hanno abituato a metabolizzare amori che scoppiano all'improvviso e che, più o meno velocemente, si trasformano nella storia perfetta. Protagonisti destinati a stare insieme che vengono tenuti lontani uno dall'altro da un complicato susseguirsi di eventi. Idea di base che accomuna anche Dieci Inverni, film d'esordio di Valerio Mieli, made in CSC.

Incrociarsi così per caso

1999. Camilla (Isabella Ragonese) è una schiva diciottenne che si trasferisce a Venezia per iniziare gli studi universitari. Sul vaporetto nota un ragazzo, anche lui con bagagli a seguito. Silvestro (Michele Riondino) non sa ancora cosa vuole diventare da grande, ma nasconde la sua inesperienza dietro un'ingenua spavalderia che lo conduce ad inseguire Camilla fino alla sua nuova casa. Con il pretesto di una fermata sbagliata, comincia così una storia lunga dieci anni, in cui i due ragazzi si vivranno passando attraverso le più molteplici esperienze: nemici, amici, conoscenti, innamorati, vicini o distanti continueranno mentalmente ad inseguirsi, senza mai fermarsi ad aspettare l'altro. Camilla e Silvestro vivranno altre storie d'amore, percorreranno una diversa strada professionale, abiteranno uno a Venezia e l'altra a Mosca per poi incontrarsi distrattamente nell'affollato mercato di Rialto o ad un'asta di vendita della loro vecchia casetta dei tempi dell'università.

Prologo di un amore

"Dieci inverni è la storia di due ragazzi che non riuscendo ad amarsi subito devono imparare a farlo, destreggiandosi tra le difficoltà di diventare adulti. Per raccontare questa storia d'amore volevo una forma di romanticismo che fosse vera e fiabesca insieme. Per questo ho scelto di ambientare il film un una città poetica come Venezia, ma mostrandone il volto più quotidiano dei mercati, dei bàcari e dei vaporetti. In tutte le fasi della lavorazione, dalla scrittura al lavoro con gli attori, fino a quello sulla musica, la mia preoccupazione principale è stata di mantenere quest'equilibrio tra realismo e levità". Così Valerio Mieli presenta il suo primo film. Dopo essersi diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia il giovane regista approda al grande schermo con un progetto nato tra le aule del CSC e prodotto completamente entro i suoi confini. Ed indubbiamente ci troviamo davanti ad un esordio ben riuscito. La sua è la narrazione del prologo di un amore portato avanti per quadri fotografici, con un susseguirsi di istantanee rubate dalla vita di due ragazzi simili eppure così distanti. Lo spettatore si muove in maniera intermittente all'interno delle loro giornate senza mai soffermarsi abbastanza da poter assaporare la fine dell'inverno, senza mai veder sorgere il sole sulla laguna veneziana. Non sappiamo cosa davvero accada a Camilla e Silvestro nel momento in cui non li spiamo, possiamo solo immaginarlo dalle conseguenze proposte dalla scena successiva. Un modo di raccontare una storia originale e dal particolare impatto emotivo: non istruendo un pubblico onnisciente, il regista mostra solo ciò che vuole far vedere, sottolineando cosa per lui è davvero importante, ponendo l'accento sul momento esatto in cui i meccanismi scattano e la vicenda prosegue. Così ci si ritrova a vedere come fondamentali eventi che contrariamente ci sarebbero sembrati di importanza secondaria: il portarsi insieme ai bagagli un oggetto ingombrante ma che ci da sicurezza come una lampada o un alberello, o il simbolismo conferito a delle lumache che segnano i primi anni del rapporto tra i due protagonisti. Quella tra Camilla e Silvestro è una storia d'amore che passa attraverso l'inverno, dieci esattamente, stagione normalmente nota per la sua rigidità, per il freddo che congela qualsiasi cosa, anche sentimenti e comportamenti. Un vivere ibernati all'interno di una propria concezione che viene costantemente sottolineato dalla fotografia di Marco Onorato (Fortapàsc) che, spostandosi tra Venezia e Mosca, ritrae una storia apparentemente fredda dove i protagonisti, piuttosto che i colori, sono i sentimenti, posti in continuo equilibrio dinamico. La luce calda, come uno spiraglio di speranza, appare solo in momenti ben oculati, quando le barriere che sembrano intrappolare Camilla e Silvestro, finalmente esplodono. A dare vita a Dieci inverni c'è anche un cast giovane che vede a capo Isabella Ragonese (Oggi sposi, Il cosmo sul comò) e Michele Riondino (Il passato è una terra straniera), entrambi in buona sintonia con i proprio ruoli, affrontati in modo delicato e mai sopra le linee. Attori che crescono con il passare del tempo filmico e maturano sia nelle espressioni che nei gesti, naturali anche quando sono più inclini alla fiaba che alla realtà. Il progetto è insomma una miscela ben dosata di esperienza tecnica ed emozioni, una storia ben raccontata anche grazie alle suggestive atmosfere musicali create da Francesco de Luca ed Alessandro Forti. Durante il matrimonio di Liuba fa la sua comparsa anche un insolito invitato (Vinicio Capossela) che, con la sua "Parla Piano", regala un momento intenso e piacevole.

Dieci Inverni Dieci Inverni è il progetto di un gruppo di persone giovani, per la maggior parte provenienti dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ben ideato e costruito. Molti sono i tratti positivi apprezzabili all'interno della pellicola che mostra una storia d'amore da un'angolazione solitamente poco sfruttata dal mondo del cinema. Tra atmosfere suggestive e cieli grigi, lo spettatore arranca accanto ai due protagonisti inseguendo un lieto fine che è sperato ma non assicurato. Decisamente una buon risultato per il primo cortometraggio di Valerio Mieli, davanti al quale si aprono così le porte del cinema italiano.

6.5

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