Diabolik Recensione: il controverso film dei Manetti Bros

Luca Marinelli veste i panni del Diabolik firmato Manetti Bros: un adattamento affascinante nella forma ma controverso nel contenuto.

Diabolik Recensione: il controverso film dei Manetti Bros
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Nella nostra recensione di Freaks Out vi raccontavamo di un film che ha realizzato qualcosa di impensabile per il cinema italiano, rimanendo comunque ancorato ad un'idea di film di intrattenimento di stampo supereroistico plasmato sul mito e sulle magnificenze di Hollywood. Ci eravamo forse dimenticati, tuttavia, che nella memoria storica e culturale del nostro Paese giace sepolta una pluralità di opere che hanno segnato la nostra cultura popolare. Una di queste è proprio Diabolik, e sembra che i Manetti Bros. se ne siano ricordati. Dopo aver vissuto pienamente, al pari di altri grandi titoli internazionali, la crisi dell'emergenza sanitaria subendo un numero incalcolabile di rinvii, l'adattamento cinematografico con Luca Marinelli è infine arrivato nelle sale. Lo abbiamo visto in anteprima e, pur riconoscendone alcuni elementi controversi, gli abbiamo riconosciuto una certa unicità.

Un uomo, ma con capacità straordinarie

Adattare una figura ed un universo narrativo come quelli di Diabolik non era affatto facile, al pari di altre grandi trasposizioni filmiche tratte da alcuni dei principali pilastri della letteratura fumettistica.

Con gli autori delle grandi occasioni (a proposito dei Manetti Bros vi invitiamo a recuperare la nostra recensione di Ammore e Malavita) e un cast davvero d'eccezione, almeno per quanto riguarda il trio protagonista, in Diabolik si respira un amore puro e incondizionato nei confronti delle tavole originali create dalle sorelle Giussani, come pure per le atmosfere e le ambientazioni che già nel 1962 affascinarono e stupirono il pubblico italiano. La pellicola, peraltro, adatta il numero 3 della testata storica curata dalla casa editrice milanese Astorina. Un albo emblematico, classico e celebrato, quello in cui - dopo due primi numeri di introduzione - fece il suo debutto l'intramontabile e affascinante Eva Kant, la partner in crime e compagna indissolubile e passionale dell'enigmatico protagonista.

E in effetti, più che un racconto di origini di Diabolik, il film di Antonio e Marco Manetti narra soprattutto la genesi di Eva Kant, una straordinaria, magnetica e seducente Miriam Leone. Studiando a fondo il materiale d'origine, i Manetti introducono all'universo narrativo del celebre ladro italiano dando vita ad una Clerville d'altri tempi, con location studiate nei minimi particolari, senza rinunciare alla cura per il dettaglio nei confronti della memoria storica del nostro Paese: un lavoro scenico a dir poco filologico, che sfrutta svariate location del Nord Italia per plasmare l'ambientazione fittizia che da sempre fa da palcoscenico alle malefatte di Diabolik.

Al tempo stesso il lungometraggio ci presenta l'arrivo in città della misteriosa Eva Kant, che subito attira le attenzioni del protagonista dando inizio ad un rapporto sul quale vengono costruite gran parte delle abbondanti due ore di film. Un Diabolik già presente sulle scene di Clerville, già introdotto e non troppo bisognoso di una origin story, non quanto la Kant: la prima sequenza del film ci mostra ciò che bisogna sapere, mettendo in scena un inseguimento efficace tra il nostro antieroe e la sua nemesi di sempre, l'ispettore Ginko, un convincente Valerio Mastandrea.

Un film ambivalente

Allontanandosi dal linguaggio indipendente che ha sempre caratterizzato le loro produzioni, con Diabolik i Manetti Bros non rinunciano comunque a raccontare un cinema di genere: stavolta, però, i registi romani scelgono di percorrere una narrazione classica in una patina piacevolmente noir, che comunque rimane vagamente inedita per l'attuale panorama dell'intrattenimento italiano. È una storia che si prende i suoi tempi, quella del Diabolik targato Manetti, e in cui forse il ritmo delle vicende diventa un po' troppo compassato fino ad un finale efficace, per quanto in parte anticlimatico.

Sul piano squisitamente formale, la produzione 01 Distribution e Rai Cinema ci è parsa riuscita e in parte piuttosto ispirata, tra inquadrature suggestive e un montaggio talvolta persino intrigante. Ma, un po' come il suo personaggio protagonista, è una creatura controversa e inaspettata: un film che vive di una doppia anima, quella virtuosa di un film noir scenicamente e visivamente ispirato e quella quasi impacciata di un'opera fin troppo ancorata ai crismi della fiction all'italiana. Il principale difetto della pellicola è probabilmente nella sua scrittura, non tanto della trama quanto dei personaggi, e in particolare dei loro dialoghi.

Troppo spesso i protagonisti finiscono vittima, insieme a qualche volto secondario talvolta in overacting, di battute un po' troppo impostate e poco credibili, figlie di un racconto da TV nostrana eccessivamente teatrale e posticcio. E, infine, l'elemento più controverso di tutta l'opera è proprio lui, il suo protagonista: Luca Marinelli veste i panni di un Diabolik concepito per sottrazione, silenzioso e distaccato, anche fin troppo. Nell'impersonare il glaciale antieroe, Marinelli si stacca fin troppo dal suo personaggio, confezionando una performance che alla fine dei conti ci è parsa davvero vuota e priva di guizzi memorabili.

Diabolik Diabolik dei Manetti Bros è un film controverso. Vive una doppia anima: una fin troppo patinata, afflitta da una scrittura a tratti ingenua e da un protagonista talvolta persino fuori ruolo. Ma anche un’altra, quella di un prodotto visivamente unico nel panorama cinematografico italiano (e, forse, non solo), di un noir d’altri tempi, concentrato sulle origini di una Eva Kant sorprendentemente protagonista. Una pellicola molto efficace nella forma ma scricchiolante in parte nel suo contenuto: un’operazione che farà felici i fan più sfegatati del leggendario ladro di Clerville, ma che difficilmente saprà farsi apprezzare al di fuori della sua nicchia.

7

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