Recensione Decameron Pie

Tra la peste e conventi...

Recensione Decameron Pie
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Il ritorno del "decamerotico"!

Sembrava ormai da tempo arenatosi il sottogenere cinematografico del "decamerotico", inaugurato nel '71 dall'incauto Pasolini de "La trilogia della vita" che, al di là della sua volontà di reinventarsi come intellettuale umanista e di voler sempre più sfondare il fronte della bigotta morale piccolo borghese, diede il la al filone per l'appunto boccaccesco e pecoreccio; e quando tutto sembrava ormai sedimentato nella storia del cinema...ecco spuntare un De Laurentis che ha inteso rinvigorirne la tendenza, interpretando le famigerate novelle del fiorentino in una versione del tutto anacronistica e moderna. Intendiamoci, "Decameron Pie" non è affatto una pedissequa trasposizione del capolavoro trecentesco. Il regista-sceneggiatore David Leland ne ha mutuato i nomi, l'ambientazione e qualche traccia di trama - non certo lo spirito d'insieme - per produrre la più o meno scontata commedia sexy all'americana dove l'esibizione di scollacciati nudi femminili, allusioni sessuali ed uragani ormonali costituiscono i pezzi forti del lavoro. C'è, come ci rammentano i produttori nostrani del film quali i coniugi De Laurentis, anche un certo romanticismo che affiora abbastanza inaspettatamente nel lacrimoso e leggero bacio tra Pampinea Anastagi interpretata dal volto di The O.C. Mischa Barton e Lorenzo de' Lamberti (Hayden  Christensen). E' la storia quindi di questi due giovini che si ritrovano loro malgrado a schermirsi in un convento per scapolare alla celebre peste nera che inonda l'Europa, ed alle angherie del solito potente minaccioso del caso, qui Tim Roth, sempre "pindarico" nella sua carriera, capace di interpretare ed inserirsi nei film più impensabili, qua piuttosto spaesato tra cosce e floridi dècolleté in bella mostra. Come nel più classico degli epiloghi felici, tra i due germinerà l'amore, ed il nobile russo promesso sposo di Pampinea (Matthew  Rhys), rimarrà pertanto con le polveri bagnate. Il contorno che contrassegna questa commedia irriverente (più che altro per il povero Boccaccio che ancora una volta si vede saccheggiato per meri scopi popolar-economici) lo fanno tutte le uterine suore. Ora chi ha visto gli altri lavori filmici boccacceschi non si stupirà nel ritrovare nuovamente la novella delle consorelle nel convento che si lanciano, quali fameliche belve, sul sordo-muto sedicente per avventurarsi nelle peccaminose foreste del piacere carnale, con tanto di lubriche svestizioni e passionali scene erotiche al seguito. L'ingenuità e la mitologia proletaria pasoliniana chiaro sono lontane, qua si tratta giusto di mostrare con un certo gusto "fresco e giovanile" (leggasi anche come "cool&teen") le pudenda delle italiche sorelle, tra cui riconosciamo sicuramente la Canalis, Anna Galiena e compagnia pruriginosa.

Boccaccio tra irriverenza e modernità

Se non fosse ancora del tutto chiaro, Leland ha completamente trasformato i personaggi e i loro tratti caratteriali, reinventandoli ai fini di una sceneggiatura che appare piuttosto inconsistente, ridotta troppe volte e mere gag stuzzicanti. E' interessante invece il lavoro sui costumi svolto dallo stilista Roberto Cavalli, qui esordiente anche come co-produttore, che ha approntato una riga di drappeggi che si potrebbero definire post-moderni. Tentando di mantenere qualcosa di medievale ha tentato di fondere il suo stile modaiolo con i film di costume producendo quindi qualcosa di accattivante, molto ammiccante verso il pubblico americano che, come spiega nitidamente, non si sarebbe mai identificato in rigorosi costumi dell'epoca. L'anacronismo giace anche nella più o meno stonata colonna sonora che soverchia talvolta le riprese con il suo martellante piglio disco-rock, sino ad arrivare anche ad una scena spadaccina che vorrebbe forse insaporire il piatto con un ingrediente d'azione che non consegue l'intendimento. Il pepe invece sta tutto nell'aver realizzato un lavoro che intende essere un'esaltazione della vita leggera, disinibita, avventurosa, romantica a spanne, giovane.

Decameron Pie Nuova rivisitazione in chiave erotica del Decameron del Boccaccio. Le stupende ambientazioni toscane si riempiono di allegra e spensierata vivicità sessuale dove non mancano di certo i nudi ed i giochi lascivi. Una commedia sexy americana, superficiale ed irriverente da vedersi in compagnia, per un'ora e mezzo di rilassatezza e goliardia. Tutto sommato, considerando che il lavoro non può che essere valutato secondo gli annacquati e dirazzati criteri del film di genere, rilassa, ogni tanto diverte e sicuramente galvanizzerà le torme di adolescenti che confluiranno nelle sale in compagnia. Probabilmente sempre meglio vedersi un dilavato Boccaccio, quantomeno per i stupendi esterni tutti toscani che impreziosiscono di molto l'opera, piuttosto che rifarsi agli originali e rozzi "American pie".

5

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