Dark City Recensione: il cult sci-fi che anticipò Matrix

Alex Proyas firma nel 1998 un noir fantascientifico di grande fascino, dove le atmosfere di genere si sublimano in una sceneggiatura ricca di spunti.

Dark City Recensione: il cult sci-fi che anticipò Matrix
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Una rivalità che ricorda alla mente quella tra due capolavori come 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick (non perdete il nostro speciale su Hal 9000 di 2001 Odissea nello spazio) e Solaris (1972) di Andrej Tarkovskij, pur contestualizzata ad un'altra epoca e a un'altra sottobranca del filone fantascientifico. Stiamo parlando di quella, che ancor oggi fa discutere, tra uno dei cult del cinema moderno come il primo Matrix - qui le origini della saga di Matrix spiegate bene - e il meno conosciuto Dark City, qui oggetto di interesse in quanto prossimo a essere trasmesso stasera nella prima serata di Rai 4.

Con questo nuovo passaggio televisivo ne approfittiamo per riscoprire un film tanto affascinante quanto sfortunato, che possedeva per l'appunto diversi punti in comune con la saga di Neo e Trinity. Non è un caso che proprio la pellicola degli allora fratelli Wachowski venne vista come una sorta di plagio, date le molte somiglianze a livello narrativo. Ma andiamo con ordine e scopriamo quindi la trama di Dark City.

Dark City: la notte è oscura e piena di terrori

La storia ha inizio con un uomo che si risveglia privo di memoria in una camera d'albergo, nudo e in una vasca da bagno. Questi non ha ricordi di come è giunto lì e riceve improvvisamente una telefonata da parte di un certo dottor Schreber, che gli intima di scappare immediatamente dall'hotel se tiene alla sua vita. Durante l'improvvisata fuga si imbatte nel cadavere di una giovane donna, brutalmente assassinata... sarà per lui soltanto l'inizio di un incubo.

Il fuggitivo scopre infatti di chiamarsi John Murdock e di essere sposato con la bella Emma, cantante in locali notturni, la quale non lo vede da tre settimane. Tre settimane nelle quali un serial killer ha già ucciso alcune giovani donne, delitti per i quali proprio John risulta il principale indiziato. La polizia è sulle sue tracce e in particolare l'ispettore Frank Bumstead intende vederci chiaro e fermare la scia di sangue, ma le indagini sono ben lontane da scoprire la verità. Sulle tracce di John infatti vi è un ordine di esseri umanoidi, che vive in città all'oscuro di tutti e manipola a proprio piacimento l'intera popolazione, chiunque tranne John, che potrebbe essere colui in grado di cambiare il corso delle cose.

A caccia di risposte

Un protagonista che ricorda molto da vicino l'Eletto di Keanu Reeves, porte che appaiono e scompaiono all'improvviso laddove prima vi erano soltanto muri, la popolazione all'oscuro della realtà che sta effettivamente vivendo, poteri come il volo o il controllo mentale. Più di un punto in comune con il citato classico è quindi presente, ma a noi poco importa del "chi, e se, ha copiato chi".

Importa invece che Dark City sia un'opera ricca di spunti e imperdibile per ogni amante della sci-fi più cerebrale, pronta a svelarsi progressivamente in una messa in scena neo-noir ricca di fascino, memore della lezione di Blade Runner ma tendente ancor maggiormente ad un fascino anni Quaranta e Cinquanta, con le ambientazioni che ricordano non poco diversi titoli a tema della golden era. Alex Proyas, il cui precedente lavoro era stato un cult tra i cult come Il corvo (1994), mette in mostra tutto il suo talento visionario curandone anche il soggetto, con quel tono dark che non abbandona mai la storia e i personaggi, in un crescendo di colpi di scena che si ammanta di toni via via più melanconici e umanisti. D'altronde la ricerca dell'umanità è la chiave di lettura di tutto il film e la sceneggiatura - curata tra gli altri da David S. Goyer - prende a piene mani da un grande romanzo di genere come Il tunnel sotto il mondo, già portato su grande schermo nel 1969 con l'omonimo film di Luigi Cozzi.

Il look dei cosiddetti Stranieri, indossanti abiti e cappelli neri e dalla carnagione pallidissima, è stato basato sul personaggio di Riff Raff apparso in The Rocky Picture Horror Show (1975) e non è un caso che per interpretare Mr. Hand, uno dei principali villain, il regista abbia voluto il medesimo attore, ossia Richard O'Brian. E proprio la caratterizzazione di questi individui misteriosi, inquietanti ma ricchi di un fascino morboso, è tra i principali punti di forza, così come per quanto concerne il loro reale scopo.

Questione di stile

A emergere dal punto di vista tecnico, oltre all'eccellente fotografia, è anche l'impianto scenografico, con la città che muta continuamente a seconda degli eventi: una metropoli letteralmente mutaforme e guardante allo stile di Metropolis (1927), che si evolve col destino dei protagonisti fino a quell'epilogo che intende ricondurre a una nuova speranza per la collettività intera. Gli effetti speciali evidenziano qualche parziale pecca soprattutto nella resa dei conti finale, con i superpoteri del personaggio di Murdoch messi finalmente alla prova in tutta la loro potenza, ma nel complesso l'impatto scenico è di buona qualità.

Le quattro figure principali sono complementari tra loro, ognuna con un proprio ruolo da rispettare: dallo spaesato Rufus Sewell alla splendida dark-lady di Jennifer Connelly, dal coriaceo detective di William Hurt al tormentato dottore di Kiefer Sutherland, l'omogeneità del cast e dei relativi alter-ego riesce a rendere credibile l'evoluzione dei rapporti e a creare un certo legame empatico con il pubblico. Pubblico che purtroppo non ha risposto in massa e ha fatto sì che Dark City fosse un vero e proprio fallimento a livello di incassi, pressoché pari al budget speso per realizzarlo. Questo non ha impedito all'opera di Proyas di diventare comunque un cult, tanto che ne è anche stata realizzata una director's cut di dieci minuti più lunga e montata secondo la visione originale dell'autore.

Dark City Se i tuoi ricordi fossero solo una menzogna e scoprissi che il mondo che hai sempre conosciuto è in realtà un'infinita bugia, quale destino seguiresti? La risposta prova a darcela nel 1998 Alex Proyas, reduce dal successo mondiale de Il corvo, che con Dark City firma una suggestiva opera tra noir e fantascienza, che anticipa molte delle tematiche poi sviscerate nel sempiterno Matrix (1999), uscito in sala qualche mese dopo. Una città dove regna un'eterna notte e i grattacieli mutano allo scoccar di lancette, all'insaputa di una popolazione ignara di tutto, soggiogata da individui misteriosi che cercano il loro Sacro Graal. Un eletto precedente a quello di Neo, con le vesti più dismesse di Rufus Sewell, è quell'elemento di disturbo che rischia di cambiare per sempre lo status quo e svelare una verità rimasta a lungo sopita, per quanto spaventosa possa essere. Una messa in scena dark e affascinante fa da sfondo ad una sceneggiatura ricca di spunti, che richiama influenze e si fa essa stessa influente, la cui sfortuna al botteghino non ha comunque impedito di assurgere al rango di cult. Il film andrà in onda martedì 9 agosto alle 21.20 su RAI4.

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