Dampyr Recensione: l'Iron Man del Bonelli Cinematic Universe

Eagle Pictures e Bonelli danno vita ad un Cinematic Universe con un film ispirato al celebre fumetto horror fantasy del 2000.

Dampyr Recensione: l'Iron Man del Bonelli Cinematic Universe
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L'intro di Bonelli Entertainment, oltre ad essere splendida, sembra mettere in chiaro le ambizioni di un progetto come Dampyr. Tex a cavallo che galoppa attraverso epoche e mondi, dal medioevo di Dragonero alla modernità demoniaca di Dylan Dog. Ci fa capire che il Bonelli Cinematic Universe è realtà, che siamo di fronte all'inizio di qualcosa di importante, e che una cosa del genere poteva nascere solo qui, in Italia, grazie all'eredità fumettistica di Sergio Bonelli Editore e al supporto produttivo di Eagle Pictures.

Dampyr, al cinema dal 28 ottobre (tra gli ultimi film in sala ad ottobre 2022), è il primo passo verso una continuity cinematografica che spero con tutto il cuore possa realizzarsi. Non solo perché il "BCU" rappresenterebbe una risposta tutta italiana allo strapotere supereroistico d'oltreoceano, ma soprattutto perché il catalogo di proprietà targate Bonelli è disseminato di opere indimenticabili e dal valore indiscusso. E allora, eccoci qui, nella nostra recensione del film diretto da Riccardo Chemello e ispirato all'omonimo fumetto Bonelli creato nel 2000 da Mauro Boselli e Maurizio Colombo.

Dampyr, un eroe suo malgrado

Dampyr racconta la storia di Harlan Draka (Wade Briggs), figlio di un'umana e di un vampiro, rimasto orfano sin dalla nascita: sua madre morì dandolo alla luce, mentre di suo padre non ha mai avuto notizie. Nel prologo della pellicola vediamo infatti che il genitore, la notte in cui Harlan nacque, fu allontanato da tre streghe che gli imposero di non avvicinarsi mai al piccolo, e fu così che il piccolo crebbe ignorando le proprie origini e la propria vera natura.

Harlan ignora perché, nonostante siano passati svariati decenni, il suo corpo non invecchia e mantiene l'aspetto di un giovane uomo, e all'inizio della storia lo troviamo nelle vesti di un truffatore errante. Insieme ad un compagno, il giovane Yuri, si sposta di villaggio in villaggio facendo l'imbonitore, e lasciando credere alle persone tormentate dalle maledizioni di possedere un potere in grado di scacciare demoni e mostri. Ma il ragazzo, per l'appunto, è ignaro del fatto che egli è veramente un Dampyr, una creatura a metà tra il mondo umano e quello esoterico, e che il suo sangue è velenoso e micidiale per i vampiri. Siamo negli anni Novanta, durante la Guerra dei Balcani, e il male più profondo e infernale sta per risvegliarsi dalle viscere della terra. Kurjak, capitano di una milizia preposta a proteggere la postazione strategica di Yorvolak, si ritrova ad indagare su una serie di efferati omicidi perpetrati da creature non umane. Scoprirà che i vampiri sono realtà, guidati dal malvagio Gorka, che ha sguinzagliato i potenti Maestri della Notte (ovvero mostri dalla potenza smisurata) per avviare il suo piano di annientamento del genere umano.

Kurjak (Stuart Martin) capisce dunque che per combattere questi nemici sovrumani ha bisogno del leggendario Dampyr, ed è qui che Harlan finalmente scoprirà le sue origini e imparerà a padroneggiare i suoi poteri. Lo farà non solo grazie al militare umano, ma anche dopo l'incontro di Tesla (Frida Gustavsson), una vampira inizialmente sotto il comando di Gorka.

Un film di origini

Capirete insomma che Dampyr è un film di origini, che nell'arco di circa due ore porta in scena una classica parabola dell'antieroe che diventa suo malgrado un paladino consapevole della propria natura e delle proprie responsabilità. In questo, forse, la pellicola diretta da Riccardo Chemello potrebbe apparire un po' stucchevole, pur incarnando un concetto di cinecomic e di ascesa supereroistica in sé molto romantici e rispettosi dei crismi più classici del genere. Credo che forse l'aspetto più critico del film sia proprio nella scrittura, che evidenzia passaggi di trama e personaggi abbastanza stereotipati: l'antagonista malvagio e crudele, un monologo da manuale durante lo scontro finale, nemici che diventano alleati, il power-up finale che eleva il protagonista ad un livello superiore rispetto al suo avversario.

Sono concetti che la letteratura e il cinema supereroistico affrontano e rielaborano da anni, ormai - nel vasto panorama dell'entertainmente - anche in parte sdoganati dall'evoluzione più recente del genere. Eppure Dampyr rimane - orgogliosamente, mi viene da dire - ancorato ad un racconto e ad un cinema classico, vintage e citazionista nelle intenzioni, ma pure filologico nei confronti del materiale cartaceo originario, del quale riadatta con grande fedeltà le vicende raccontate nei primi albi. Se di primo acchito la storia e i personaggi di Dampyr possono sembrare banali o già visti, insomma, l'operazione va rivista sotto una luce diversa: un atto d'amore nei confronti del fumetto Bonelli, ma anche un omaggio ai cinecomic action degli anni Novanta, senza che quest'ultimo concetto intacchi la qualità complessiva del lungometraggio in senso del tutto negativo.

La regia di Chemello, peraltro, supporta e sposa pienamente i temi e la filosofia narrativa di questo prodotto. Nel portare in scena un racconto che mescola horror, fantasy e apologia supereroistica, Dampyr si compone di sequenze ben distribuite tra orrore, violenza, umorismo e combattimento. Proprio quest'ultimo punto rappresenta forse l'aspetto più romantico della produzione.

La macchina da presa non inventa nulla, piuttosto le sequenze di scontro e di confronto tra Harlan e il villain finale intavolano una serie di citazioni e di riferimenti al Battle Shonen più puro: il protagonista a terra, apparentemente sconfitto, il flusso di coscienza interiore che gli innesca un cambiamento, il risveglio, il potenziamento e il colpo decisivo. Sono convinto che tutti questi elementi, pur citando luoghi comuni del cinema e del fumetto di genere, rappresentino per Dampyr un valore squisitamente vintage che non potrà non piacere agli appassionati del fumetto e agli estimatori del classico.

Un progetto romantico ma concreto

Un po' come il protagonista, insomma, Dampyr vive di luci ed ombre da un punto di vista narrativo e concettuale, ma a fronte di tanto cuore è giusto pensare che a volte i difetti facciano il giro e diventino quasi un elemento di identità stilistica. Soprattutto perché, da un punto di vista produttivo, il film di Bonelli e Eagle Pictures mostra sin dall'inizio tutti i muscoli di un progetto quanto mai ambizioso.

Gli effetti speciali sono a dir poco ottimi, soprattutto considerato che la produzione è interamente italiana ad eccezione di un cast piacevolmente internazionale. Eccezion fatta per la sequenza iniziale, visibilmente ma necessariamente riprodotta in studio, la pellicola è girata interamente in location reali, e sono proprio gli scenari a rappresentare un altro valore aggiunto. Da aggiungere, poi, persino una gestione pressoché perfetta del trucco prostetico, un elemento fondamentale quando si portano in scena i vampiri.

Non so se Dampyr rappresenterà davvero l'inizio di qualcosa di più grande. Se il Bonelli Cinematic Universe, infine, si concretizzerà in qualcosa di importante. Quello, in fondo, dipenderà dal supporto del pubblico. Ma intanto, nel film ispirato al fumetto Bonelli batte un cuore puro e genuino, e mi sento di dire che forse siamo di fronte all'Iron Man del cinecomic italiano. Con i suoi pro e i suoi contro, certo. Ma la visione d'insieme, e anche i tantissimi easter egg sugli universi Bonelli disseminati nel film - che ci fanno intuire qualcosa a livello di timeline future - ha un che di romantico e ambizioso.

Dampyr Dampyr non è un film perfetto, ma in questo progetto tutto italiano - nato dagli sforzi creativi e produttivi congiunti di Bonelli e Eagle Pictues - batte un cuore vivo, pulsante, che mi auguro non venga mai infilzato da un paletto di legno. C’è da ammettere che non tutti gli spettatori potrebbero scendere a patti con una trama in parte già vista e a tratti un po’ stucchevole. Ma sono sicuro che tutti gli altri, dai lettori del fumetto originale agli amanti degli archetipi più classici del cinema di genere, vedranno la passione e il rispetto filologico con cui quest’opera è stata confezionata e diretta. Pur con qualche piccola riserva, il Bonelli Cinematic Universe inizia da Harlan Draka. Nella speranza che questa continuity galoppi con orgoglio verso il successo, sfrecciando nel vento come Tex Willer.

7.5

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