Crudelia, la recensione del sorprendente live-action con Emma Stone

Arriva al cinema la storia d'origini della perfida Crudelia De Mon, in un film pieno di stile e di grande ritmo interpretato da una perfetta Emma Stone.

Crudelia, la recensione del sorprendente live-action con Emma Stone
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"I'm a woman hear me roar", cantava nel 1971 Helen Reddy, e in qualche modo proprio questo brano è la sintesi esaustiva della vita di Estella, bambina della provincia londinese profondamente diversa dai suoi coetanei. Lo è letteralmente dalla punta dei capelli fino ai piedi, con la sua chioma bianca e nera e uno stile esuberante che non tradisce un carattere spesso buono ma a volte ferino, acceso, esaltato. Doppia fuori e doppia dentro, Estella, tanto che la madre ha imparato a chiamare "l'altra metà" Cruella, tentando in ogni modo di frenare questa sua latitudine caratteriale più fervente, smaliziata e meschina crescendola con amore e gentilezza, dandole tutti gli strumenti per auto-definirsi e controllarsi.

Quando succede l'impensabile, però, Estella si ritrova nell'affollata e caotica Londra degli anni '70 da sola, cucendo una solida amicizia con Jasper e Horace Badun, due orfani che diventano la famiglia della protagonista e insieme, crescendo, si danno con estrema abilità a furti e truffe d'ogni tipo. Estella non rinuncia neanche alla sua passione per la moda e la sartoria, e quando ormai ventenne entra in contatto con la fredda e perfida Baronessa, una delle figure centrali della moda couture londinese, la ragazza comincia ad abbracciare nuovamente la parte ruggente della sua psicologia, sempre più Cruella e sempre meno Estella, cercando di imporsi nel panorama dell'alta moda inglese e scoprendo segreti pericolosi e insospettabili.

Questione d'identità

Seguendo lo stesso metodo adottato per Malefica (sempre in casa Disney) e guardando anche al giardino dei vicini Warner Bros. e Sony Pictures, all'erba verde del Joker di Todd Phillips e di Venom, la Casa di Topolino ha scelto di immaginare le origini della malvagia e mefistofelica figura di Crudelia De Mon ideata negli anni '50 da Dodie Smith nel romanzo de La carica dei 101, poi divenuto uno dei classici più amati della storia della compagnia. Per farlo, ovviamente, si è dovuto lavorare sui molti tratti psicologici del personaggio e sui pochi indizi sulla vita della stessa, creando di base un racconto prima di formazione e poi di scoperta e trasformazione da zero, prendendo soprattutto ispirazione da Il diavolo veste Prada e dalla vibrante scena sociale londinese degli anni '70, tra esagerazioni, glamour e l'esplosione della musica rock.
Non è un adattamento come quelli visti finora, il Crudelia di Craig Gillespie: è migliore pur con alcuni sui limiti identitari dovuti a una derivazione comunque dichiarata ed evidente, tant'è che è la stessa protagonista a soffrire di una crisi d'identità, rendendo paradossalmente il "problema" autoriale un elemento quasi diegetico al senso stesso del racconto. E guardando proprio alla visione cinematografica chiara e trasparente di Gillespie, non si può non notare e applaudire alla ferrea volontà del regista di non rinunciare a un certo amore per i virtuosismi e la forma, rendendo tutto audace e riconoscibile proprio come già aveva fatto con lo straordinario Tonya con Margot Robbie.

Non sta fermo un istante, Crudelia: i movimenti macchina impazzano sullo schermo e le soluzioni adottate dal regista risultano sempre funzionali ed efficaci al sano mantenimento dell'interesse e del ritmo, tanto che sembra di ritrovarsi davanti a un film d'azione, profondamente dinamico e studiato in ogni inquadratura. Anche se spesso condizionato da una patina digitale, il lavoro di Gillsepie è superlativo e concettualmente levigato al cesello per raccontare questa ascesa strabordante e plateale di Crudelia nel mondo dell'alta moda e il lento perdersi nei meandri del male di Estella.

In questo senso, il film è senza ombra di dubbio il miglior live-action targato Disney da anni a questa parte, quello con più personalità e carisma, con un preciso codice formale e contenutistico che lo rendono curiosamente l'anti-Joker della Casa di Topolino, perché non è la società a trasformare Estella ma è la stessa protagonista a scegliere chi diventare, senza incolpare nessuno ma ascoltando di base il suo vero Io, quello ruggente "che porta a termine le cose".

La colonna sonora scelta per il progetto cade poi come seta sul corpo cinematografico di Crudelia, spaziando tra R&B e Rock'n'Roll con brani quali Feeling Good di Nina Simone, Stone Cold Crazy dei Queen, One Way or Another di Blondie e Should I Stay o Should i Go dei Clash. Proprio come la regia, note movimentate e "d'azione", cariche d'energia, rabbia, passione, determinazione, a imbellire ancora di più la già forte anima del film.

Il Diavolo veste Dalmata

Andando oltre l'ottima regia, Crudelia è retto molto bene dalle spalle degli interpreti, in particolar modo dalla bravissima Emma Stone nel ruolo principale, che pur scadendo di tanto in tanto in un pizzico d'espressionismo in overacting (ma per queste parti è difficile non farlo) riesce a dare corpo e carattere a un personaggio bipolare e difficile come quello di Cruella. Da sottolineare la sua eleganza e la sua potenza nel ruolo, contemporaneamente capace di essere due persone in una camminando sempre sul filo sottile che divide il bene dal male, la gentilezza dall'ingratitudine, un po' come il Walter White di Breaking Bad - con tutte le differenze del caso. Non facile, a dirla tutta, e sicuramente molto diversa dalla Crudelia che abbiamo imparato a conoscere nel film d'animazione del 1961, non solo più giovane ma ancora salvabile (anche se il destino è scritto nella storia della letteratura e del cinema). Quando la vediamo interagire allora con i suoi fedeli Horace e Jasper (interpretati da Paul Walter Hauser e Joel Fry) sappiamo già che dopo vent'anni diventeranno soltanto due galoppini e niente più, ma qui sono amici, quasi fratelli per lei, anche quando Estella lascia spazio a Cruella, che già getta però il seme della gerarchia nella famiglia di orfani.

Insieme a La La Land, questa di Crudelia è una delle migliori interpretazioni della Stone; era onestamente impensabile che riuscisse a dare tanto carattere e lettura a un personaggio molto amato già interpretato in passato da Glenn Close, soprattutto all'interno delle trasposizioni dei classici in live-action che spesso lasciano il tempo che trovano.

Insieme a lei c'è poi una meravigliosa Emma Thompson nei panni della Baronessa, figura cardine del racconto e mentore negativo in stile Meryl Streep ne Il Diavolo veste Prada, anche se insalvabile e tratteggiata per essere una miliardaria imprenditrice-couture narcisista e con diversi tratti di psicopatia nemmeno così latenti.

Si fa odiare ma è quello che vuole: "Eleganza e ferocità, il mix perfetto", dice parlando dei suoi adorati dalmata, e riflettendo sul potere ("Se ne parli, non lo hai") o brindando sempre e solo a se stessa dichiara apertamente tutto il suo egocentrismo e quello che sostanzialmente diventerà Cruella per sua stessa scelta, perché ambiziosa "e con l'istinto omicida" nelle vene, in grado di uccidere la sua parte migliore per non lasciare ostacoli sul suo cammino.

In conclusione, pensato per essere un titolo mainstream a tutto tondo, aperto alla famiglia ma comunque bisognoso di uno slancio di perfidia e oscurità in più, c'è da ammettere che Crudelia sa il fatto suo più o meno in ogni frangente, e questo anche grazie alla brillante e sagace penna di Tony McNamara (La Favorita), qui coadivuata da quella di Dana Fox. Il film sa essere drammatico senza sforare l'eccesso e anche molto divertente, grazie ad esempio al cagnolino Wink di Horace (altra mascotte canina dopo il Monchi de I Miitchell contro le Macchine su Netflix) e ricco di cambi e situazioni che rendono il titolo efficace e pieno di vitalità. Un ruggito cinematografico che non pensavamo di sentire e che invece ci ha lasciati attoniti e soddisfatti oltre ogni aspettativa.

Crudelia Crudelia di Craig Gillespie è il miglior live-action targato Disney da anni a questa parte, tanto guardando alle trasposizioni dei classici quanto ai progetti originali della compagnia. Non solo brilla e appaga lo spettatore grazie alle interpretazioni di Emma Stone ed Emma Thompson, ma riesce a sorprendere e colpire anche in senso formale e contenutistico, grazie alla visione e ai virtuosismi di Gillespie e alla penna sagace di Tony McNamara. Un film che parla di moda, di donne e di trasformazioni, pensato quasi come anti-Joker della Casa di Topolino, dove non è la società a imporre un cambiamento ma è l'Io della protagonista a emergere ferino e ineluttabile, in una scelta decisa e ponderata. Un titolo energico ed esuberante anche nella colonna sonora, glamour e trascinante come il film stesso, che risulta ritmato, divertente e anche profondo, in un mix funzionale e riuscito da godere oggi più di ieri al cinema.

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