Recensione Crouching Tiger, Hidden Dragon: Sword of Destiny

Donnie Yen e Michelle Yeoh sono i protagonisti di Crouching Tiger, Hidden Dragon: Sword of Destiny, sequel del capolavoro di Ang Lee che non riesce a recuperare le atmosfere dell'originale.

Recensione Crouching Tiger, Hidden Dragon: Sword of Destiny
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Da diciotto anni, in seguito alla morte dell'amato Liu Bai, Shu Lien ha vissuto in completa solitudine; ora la donna si appresta a tornare a Peking, dove Destino Verde (la leggendaria spada appartenuta proprio a Liu Bai) è custodita. Infatti per entrare in possesso della mitica arma, considerata oggetto di grande potere, il crudele Hades Dai ha deciso di scatenare una vera e propria guerra: seguendo la profezia di una misteriosa sacerdotessa cieca ha inviato il giovane Wei Feng, uno dei suoi più promettenti adepti, a rubare la spada. Ma il ladro incaricato non ha fatto i conti con l'intervento di Snow Vase, una sua coetanea intenzionata ad eccellere nelle arti marziali seguendo proprio gli insegnamenti di Shu Lien. Ad aiutare quest'ultima nella protezione di Destino Verde interviene anche Silent Wolf, una sua vecchia conoscenza nonché abilissimo guerriero, che ha reclutato sulla strada altri cavalieri erranti votatisi alla nobile causa.

La via della spada

Certo era pressoché impossibile eguagliare le atmosfere che avevano reso La tigre e il dragone (2000) una delle opere più ispirate dell'allora nuovo millennio: il capolavoro di Ang Lee infatti era riuscito ad esportare il wuxiapian nel resto del mondo pur senza snaturarne le origini. Eppure le basi per creare un seguito ad hoc vi erano tutte, a cominciare dal cast comprendente il ritorno di Michelle Yeoh e la new-entry Donnie Yen, vere e proprie star-garanzie del filone, fino ad arrivare alla scelta di Yuen Wo Ping, storico coreografo marziale (sia di Hong Kong che del cinema americano, Matrix e Kill Bill su tutti), in qualità di regista. E' indubbio però che le scelte produttive operate da Harvey Weinstein, vera e propria mente dietro a questo sequel, non abbiano dato i giusti risultati. La co-produzione tra Cina e Stati Uniti, con la recitazione originale in lingua inglese e co-protagonisti provenienti addirittura dal panorama televisivo a stelle e strisce, ha reso i novanta minuti di visione un'opera senza patria, priva di quegli istinti empatici che resero l'originale un compendio di epica e poesia. Crouching Tiger, Hidden Dragon: Sword of Destiny (trasmesso in esclusiva assoluta su Netflix senza passare nelle sale) procede per inerzia, con una trama che non scava mai con la giusta intensità nelle emozioni dei protagonisti, affidandosi a forzature poco logiche e ad un background costruito su improbabili flashback, giostrando un numero sin troppo ampio di comprimari (tanto che il reclutamento degli eroi fa pensare a una versione moderna de I sette samurai) senza regalare loro un consono minutaggio. Difficile così intristirsi per i numerosi lutti e anche l'epilogo più potenzialmente profondo, che sembrava omaggiare quello del precedente film, si addolcisce in un lieto fine solcato da belle ma banali parole sul significato dell'onore e del codice del guerriero. Non tutto però è da buttare alle ortiche e quanto meno gli appassionati non rimarranno certamente delusi dalle avvincenti coreografie, campo in cui Yuen Wo Ping rimane maestro assoluto: il combattimento sul lago ghiacciato e la frenetica battaglia finale sono soltanto i picchi più alti di sequenze marziali sempre coinvolgenti ed efficaci, capaci di giocare con discreta furbizia tra i numerosi stili di combattimento della banda dei "buoni" e sfruttando al meglio le sempre invidiabili doti atletiche della coppia protagonista. Anche i paesaggi, seppur parzialmente contaminati dalla computer grafica, mantengono un discreto fascino così come una colonna sonora che, senza raggiungere le vette di quella curata sedici anni orsono da Tan Dun, è piacevolmente malinconica.

Crouching Tiger, Hidden Dragon: Sword of Destiny Donnie Yen prende il posto di Chow Yun-Fat nel cuore della ritornante Michelle Yeoh in questo sequel poco ispirato de La tigre e il dragone. Se con l'originale firmato da Ang Lee ci trovavamo davanti ad un capolavoro capace di unire la poetica del wuxia ad un flusso di emozioni in costante divenire, qui l'impressione di trovarsi di fronte ad un'occasione mancata si fa ben presto certezza: il regista Yuen Woo-ping, storico mago delle coreografie, realizza sequenze d'azione discretamente avvincenti ma non può far molto per recuperare una narrazione priva di personalità, anche per via di influenze produttive che hanno strizzato sin troppo l'occhio al pubblico americano (con discutibili scelte di casting annesse) annebbiando quell'epica di marca tipicamente orientale che in Crouching Tiger, Hidden Dragon: Sword of Destiny emerge soltanto in una manciata di sequenze ispirate (il combattimento sul lago ghiacciato in primis).

5.5

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