Recensione Cristiada

La vera storia della guerra civile che sconvolse il Messico

Recensione Cristiada
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Un ritratto epico atto a descrivere come le persone normali si trasformino quando hanno la ferma convinzione di lottare per la libertà.
In sintesi, è ciò che si può dire di Cristiada, debutto registico del Dean Wright attivissimo nell'ambito degli effetti visivi (Il Signore degli anelli - Il ritorno del re e Le cronache di Narnia - Il leone, la strega e l'armadio nel lungo curriculum), il cui intento è raccontare sul grande schermo una pagina drammatica della storia dell'America Latina rimasta nascosta al mondo, ma ancora viva, nel XXI secolo, nella memoria del Messico.
La guerra civile Cristera, che, combattuta in una prima fase per soli tre anni, ha lasciato un devastante numero di morti (circa novantamila da entrambi le parti) e della quale il produttore del lungometraggio Pablo Barroso osserva: "È un pezzo di storia rimasto troppo a lungo nascosto. Ciò che mi ha colpito è che si tratta di una storia vera, una storia di persone reali che hanno reagito non solo per la libertà di culto e la libertà di riunirsi, ma per la libertà di essere; sono rimasto affascinato anche dal modo in cui tale rivolta ha cambiato un intero continente. È una storia estremamente toccante ed è difficile credere che sia accaduta meno di cento anni fa, senza che oggi quasi nessuno ne sia a conoscenza".

C'era una volta in Messico

È Andy"Il padrino parte 3"Garcia a vestire i panni del generale Gorostieta, il quale, ormai in pensione e proprietario di una fabbrica di saponi che non lo appassiona, assiste indifferente insieme alla moglie Tulita alias Eva Longoria, negli anni Venti, allo sprofondare della nazione nel sanguinoso conflitto di cui sopra; fino a quando, ateo ma convinto sostenitore del valore etico della libertà di pensiero e d'azione, viene indotto dalla persecuzione ideologica contro i suoi stessi cittadini ad abbracciare la causa dei Cristeros per diventare il loro leader militare e trasformare una banda di ribelli in una forza organizzata.
E, contornato da un ricco cast comprendente, tra gli altri, il veterano Peter O'Toole e Bruce"Super 8"Greenwood rispettivamente nella parte del sacerdote amante della pace padre Christopher e del presidente degli Stati Uniti Calvin Coolidge, è la profonda umanità dei giovani idealisti e dei rinnegati che incontra sul suo cammino a fargli comprendere come i valori e gli ideali siano la sorgente del coraggio anche quando la speranza nella giustizia sembra essere perduta.
Giovani tra cui troviamo il coraggioso adolescente José, ovvero Mauricio Kuri, man mano che a dominare il tutto sono le sfide impossibili contro un Governo potente e spietato presieduto dal presidente Plutarco Calles, interpretato dal Rubén Blades di C'era una volta in Messico, e che viene ribadito che ogni cosa, in politica, ha un prezzo.
Con abbondanza di spargimento di cadaveri e la evidente intenzione di riallacciarsi alla vecchia tradizione dei kolossal in costume a stelle e strisce; premiata dalla buona prova del cast e, soprattutto dalla notevole cura sfoggiata per quanto riguarda la ricostruzione scenica, anche se, nonostante il discreto ritmo narrativo, l'eccessiva durata (siamo oltre le due ore e venti minuti) rischia non poco di trasformare la visione nell'impressione di trovarci dinanzi alle due parti di una fiction televisiva di qualità proiettate l'una dopo l'altra, senza interruzioni.

Cristiada “Un uomo può anche sparare, ma sarà Dio a decidere il bersaglio” è una delle frasi più significative sfoderate nel corso del primo lungometraggio diretto dall’effettista Dean Wright, volto a ricostruire il periodo della sanguinosa guerra civile conseguita in Messico alle severe misure restrittive imposte nel 1926 al culto cattolico dal neoeletto presidente Plutarco Calles, il quale riteneva che la Chiesa cattolica fosse troppo influente sulla società. Cast all star e comparto tecnico-artistico - comprendente il musicista premio Oscar James Horner - in forma, ma al servizio di una ambiziosa operazione che, a causa della sua eccessiva durata, rischia di apparire più facilmente digeribile se fruita sul piccolo schermo, suddivisa in almeno due puntate.

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