Creed II, la recensione: Rocky Balboa e Ivan Drago ancora faccia a faccia

Rocky Balboa e Adonis Creed tornano nel secondo spin-off della saga, alle prese con un vecchio nemico in una nuova veste.

Creed II, la recensione: Rocky Balboa e Ivan Drago ancora faccia a faccia
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Sono passati più di trent'anni da quando il temibile pugile russo Ivan Drago (Dolph Lundgren) uccise sul ring l'americano Apollo Creed (Carl Weathers), per poi essere sconfitto, in patria, da Rocky Balboa (Sylvester Stallone). Ostracizzato per aver intaccato l'onore dell'ex-Unione Sovietica e abbandonato dalla moglie, Drago sogna da sempre la vendetta, e ora spera di ottenerla tramite suo figlio Viktor (Florian Munteanu).
Il loro obiettivo, in Creed 2, è semplice: sfidare e battere l'attuale campione del mondo dei pesi massimi, Adonis Creed (Michael B. Jordan). Il figlio di Apollo è pronto ad accettare il duello con Drago, ma il suo mentore Rocky è convinto che non ne valga la pena: da un lato, Adonis ha qualcosa da perdere, vale a dire la famiglia; dall'altro, il giovane pugile deve ancora capire il motivo per cui combatte professionalmente.

Ti spiezzo in due - La rivincita

Dei vari sequel di Rocky usciti tra il 1978 e il 1990, il più memorabile è forse Rocky IV, arrivato nelle sale nel 1985: un perfetto, parossistico ritratto della mentalità americana dell'epoca, con lo scontro neanche velatamente simbolico tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. E tra i vari avversari di Rocky Balboa è particolarmente iconico Ivan Drago, soprattutto nel doppiaggio italiano che trasformò un semplice "I will break you" nell'immortale "Ti spiezzo in due". A tre decenni di distanza, il suo ritorno in scena nel secondo capitolo della saga spin-off dedicata ad Adonis Creed è ancora più intriso di significati allegorici, dati i rapporti odierni tra le due nazioni rivali. Con lui c'è il figlio Viktor, al servizio di un racconto generazionale che continua la riflessione del film precedente ma anche quella dell'ultimo episodio della serie principale, quel Rocky Balboa che nel 2006 concluse elegantemente la storia professionale del boxeur italoamericano.
Non a caso, dopo essere stato reclutato solo come attore nel primo capitolo, questa volta Sylvester Stallone è nuovamente coinvolto come sceneggiatore insieme all'esordiente Juel Taylor e, per il soggetto, Cheo Hodari Coker, lo showrunner di Luke Cage.

La sua firma è evidente nell'uso di materiale autobiografico per se stesso e per Lundgren, la cui carriera e vita privata fatta di alti e bassi sono alla base della rabbia malcelata di Drago, elevato da caricatura sovietica nel 1985 a personaggio a tutto tondo nel 2018 (2019 per l'uscita nelle sale italiane).
Il vero centro nevralgico ed emotivo di Creed II sta lì, nello scontro psicologico tra i due vecchi avversari, destinati a fare nuovamente a pugni tramite le interposte persone dei rispettivi pupilli.

Addio, Rocky

Più che Creed II abbiamo quasi a che fare con Rocky VIII, sebbene il nuovo regista Steven Caple Jr. rispetti il lavoro visivo fatto da Ryan Coogler tre anni or sono. La nuova incarnazione del franchise è praticamente dirottata da Stallone, che mescola le due sensibilità per regalarci un film che omaggia il passato più apertamente (dopo essere stato appena accennato nel lungometraggio precedente, il mitico tema musicale di Bill Conti torna in questa sede in tutto il suo epico splendore), ma al contempo riflette anche sullo stesso, riconoscendo gli "errori" di gioventù e correggendoli in chiave moderna. Torna Drago, ma non è più uno stereotipo ambulante; Adonis ha diritto a un minimo di lusso, ma non si procura un maggiordomo robot; Bianca (Tessa Thompson) si preoccupa per la salute fisica e mentale dell'amato, ma con meno passività rispetto alla compianta Adriana; gli allenamenti hanno un che di spettacolare ma non rasentano l'improbabile.
Stallone tira persino in ballo gli eventi di Rocky V, pur avendolo precedentemente escluso dal canone della saga: quando Balboa evoca il suo duello con Drago, dice "Lui ha rotto delle cose dentro di me che non si sono mai del tutto aggiustate", ed è difficile non pensare ai danni cerebrali di cui parlò il quinto film.
Praticamente un best of riveduto e corretto (solo il personaggio di Viktor Drago risulta un po' sacrificato a livello di scrittura), scelta abbastanza logica alla luce della recente dichiarazione di Stallone, che con questo film si congeda definitivamente dal ruolo che lo rese una star. Un eventuale Creed III sarà incentrato interamente su Adonis, senza la presenza piacevolmente ingombrante del mentore. Certo, era più potente il finale del sesto episodio, ma è difficile non avere gli occhi umidi quando Stallone sceglie la sequenza perfetta per mandare Rocky in pensione, nella realtà e sullo schermo.

Le colpe dei padri

Se Stallone è il cuore e l'anima di Creed II, Michael B. Jordan ne rimane il corpo, a tratti scultoreo, a tratti martoriato. Un corpo giovane che si contrappone all'animo vecchio, una performance istintiva e fisica che fa da contraltare all'interpretazione più contemplativa del creatore del franchise, il nuovo motore inarrestabile di una saga che si rinnova e punta verso il futuro anche mentre guarda al passato. Se il film precedente era un romanzo di formazione che in certi punti si intersecava con la traiettoria narrativa del destino di Balboa, questo sequel è un film di Rocky a pieno titolo, dove il personaggio di Adonis viene promosso a vera e propria icona - nel senso letterale del termine - della mitopoietica americana, simbolo di una nazione che, almeno nel buio della sala, non esita ad affrontare apertamente, ancora una volta, una potenza nemica.
Adonis, figlio di Apollo, dotato di un nome intriso di avventure antiche, diventa qui il cavaliere che difende la patria contro l'invasore, un drago (o Drago) venuto da terre lontane.
E come tutte le saghe d'altri tempi, anche quella di Rocky, tramite Adonis, va incontro alla morte e si rigenera, pronta a vivere in eterno con infinite variazioni sul tema, dove peripezie riconoscibili hanno luogo su sfondi nuovi. Per il mentore è giunto il momento del meritato riposo, mentre adesso il suo discepolo può veramente spiccare il volo, come dice anche il brano principale del franchise: "Gonna fly now..."

Creed II Rocky Balboa e Adonis Creed tornano, e con loro anche Ivan Drago e tutti gli elementi caratteristici di una saga che, all'ottavo giro, è ancora in grado di reinventarsi. Particolarmente potente è la riflessione generazionale e il duello psicologico tra Sylvester Stallone e Dolph Lundgren, con il primo che si serve di questo drammatico, spettacolare sequel per dire addio al suo personaggio più amato, lasciando il destino del franchise nelle mani più che meritevoli di Michael B. Jordan.

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