Recensione Cowboys and Aliens

Incontri ravvicinati...western!

Recensione Cowboys and Aliens
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Quella di fondere l'ambientazione polverosa e rudimentale del western con le invenzioni futuristiche ed ultratecnologiche della fantascienza non rappresenta certo una novità dal punto di vista cinematografico, se pensiamo che, già nei lontani anni Sessanta, elementi come televisori e cyborg fecero la loro apparizione nel telefilm Selvaggio west, dal quale derivarono prima due film per il piccolo schermo realizzati tra il 1979 e il 1980, poi il lungometraggio Wild wild west, interpretato nel 1999 da Will Smith e Salma Hayek sotto la regia di Barry Sonnenfeld.
In fin dei conti, un'idea talmente bizzarra e fuori di testa da risultare tutt'altro che lontana da quelle su cui vengono costruiti un massiccio numero di b-movie; tanto che perfino Charles Band (forse il degno erede di Roger Corman) finanziò tra il 1994 e il 1996 il dittico Oblivion, che, diretto da Sam Irvin, raccontava un futuro tempestato sì di creature aliene, pistolere robot e campi di forza, ma in una città piena di saloon, cowboy, colt e fuorilegge.
Quindi, un soggetto simile sia alla trama della serie tv Firefly che a quello che ora Jon Favreau - regista di Zathura-Un'avventura spaziale e Iron man - sfrutta prendendo il via da una graphic novel di Scott Mitchell Rosenberg, della quale il premio Oscar Ron Howard, tra i produttori del film, ha osservato: "Era tutto ciò che speravo ed oltre: la più eccitante versione del West che incontra alcuni duri alieni. E' il West con tutta la sua tensione. E' stato bello per me vedere dei personaggi che solo poco prima si sarebbero azzuffati l'uno contro l'altro, improvvisamente costretti a cercare di sopravvivere insieme".

Daniel vs predators

Infatti, si parte dalla figura di uno straniero con il volto del bondiano Daniel Craig, il quale, in un territorio del New Mexico del 1875, s'imbatte in mezzo al deserto nell'arida cittadina di Absolution, senza avere alcun ricordo e con l'unico accenno alla sua storia rappresentato da un misterioso bracciale che gli cinge il polso. Una cittadina dagli abitanti tutt'altro che propensi ad accogliere a braccia aperte gli stranieri, in quanto nessuno vi può circolare senza il permesso del tirannico colonnello Dolarhyde, cui concede anima e corpo l'Indiana Jones dello schermo Harrison Ford (d'altra parte, produttore esecutivo della pellicola è Steven Spielberg). Almeno fino al momento in cui l'uomo, che riacquisisce progressivamente la memoria, finisce per rappresentare l'unica speranza di salvezza della gente del posto, alle prese con un improvviso attacco alieno che li vede rapiti uno dietro l'altro, e, con l'aiuto dell'inafferrabile Ella alias Olivia"Tron: Legacy"Wilde, assembla una squadra composta da persone avversarie, tra fuorilegge, ragazzi di Dolarhyde e guerrieri Chiricahua Apache.

Dalle stelle alle stalle

Chiaro, allora, che, in mezzo al consueto tripudio di effetti visivi e sonori, questo raduno di improbabili alleati in lotta per la sopravvivenza contro un nemico comune non possa incarnare altro che le fattezze dell'ennesima allegoria su celluloide relativa all'unione che fa la forza.
Però, quello che sulla carta si presentava come un atipico blockbuster hollywoodiano con tutte le carte in regola per poter intrattenere in maniera efficace lo spettatore da pop corn-movie, sempre più affamato di facili emozioni, non tarda a manifestare i connotati di un mega-frullato di situazioni già viste altrove.
Situazioni, di conseguenza, destinate a rivelarsi tutt'altro che coinvolgenti, lasciando piuttosto distaccato - dal punto di vista emotivo - il pubblico dinanzi ad un insieme che, non privo d'immancabile spruzzata d'ironia, sfiora addirittura l'horror nei momenti che tirano in ballo gli incontri ravvicinati con gli extraterrestri.
Senza riuscire, in ogni caso, a sfuggire alla letale morsa della fiacchezza della noia, nonostante l'abbondanza di azione presente, mentre la inutilmente lunga vicenda (siamo quasi sulle due ore) viene oltretutto penalizzata da una confusione generale di racconto.
Tanto che l'ottimo cast appare del tutto sprecato e ci si chiede come sia possibile che, per scrivere un obbrobrio del genere, ci si siano messi addirittura in cinque, dai Mark Fergus e Hawk Hostby autori dello script de I figli degli uomini al trittico Damon Lindelof-Roberto Orci-Alex Kurtzman, sceneggiatori dello Star trek di J.J. Abrams.

Cowboys and Aliens Tratto da una graphic novel di Scott Mitchell Rosenberg, Cowboys & aliens trasferisce gli extraterrestri in salsa western promettendo emozioni a suon di scintillanti effetti visivi e mostruose creature. Peccato che, nonostante la produzione esecutiva di una vera e propria garanzia della celluloide come Steven Spielberg, la promessa non venga mantenuta e il risultato non siano altro che 118 minuti di visione tanto ricchi d’azione quanto fiacchi e soporiferi. Da uno come Jon Favreau, reduce da Iron man 2 (2010), c’era da aspettarsi qualcosa che non fosse addirittura peggio del secondo, mediocre film incentrato sul supereroe volante dall’armatura ferrata.

4.5

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