Recensione Come Un Uragano

Gere e la Lane, in riva al mare, nuovamente travolti dalla passione

Recensione Come Un Uragano
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Al cinema, nuovamente a parlar d’amore...

Natale è un periodo ricco di uscite cinematografiche per tutti i gusti, e naturalmente non possono mancare all'appello pellicole destinate ad un pubblico desideroso di sognare fantastiche storie d'amore, magari ambientate in luoghi esotici o quantomeno dotati del fascino della natura selvaggia.
Pellicole quali ad esempio il qui esaminato Come un uragano, dunque, diretto da George C. Wolfe, regista e playwriter molto noto a Broadway ma che paga il fio della sua poca esperienza hollywoodiana.
Il film è tratto dall'omonimo best-seller di Nicholas Sparks, famosissimo autore di romanzi pieni di amore e variegati sentimenti che, volenti o nolenti, confluiscono spesso in drammi. Suoi, tra gli altri, Le parole che non ti ho detto, I passi dell'amore e Le pagine della nostra vita, anch'essi a suo tempo tradotti in lungometraggi per il cinema.

Nights in Rodanthe

Adrienne Willis (Diane Lane) è una giovanile e piacente quarantenne alle prese con i due amatissimi ma problematici figlioletti e con la separazione dal marito. Una provvidenziale richiesta d'aiuto da parte di una sua amica d'infanzia le cambierà, se non la vita, quantomeno il modo in cui la affronta: Adrienne dovrà infatti gestire la locanda in riva al mare di Jean (Viola Davis), via per qualche giorno a causa della sua seconda professione di artista. Una volta a Rodanthe, terra piena di ricordi d'infanzia mischiati alle fragranze della salsedine e del legno, si ritroverà con un unico cliente, il problematico dottor Paul Flanner (Richard Gere), giunto in loco come prima tappa del percorso di "riabilitazione" della sua coscienza. Complice l'isolamento dovuto ad un uragano che si abbatte sulla costa, i due si avvicineranno e completeranno a vicenda, andando a riempire vuoti nel cuore oramai considerati incolmabili, giunti alla loro età.

Qui qualcosa scricchiola, e non sono le assi di legno del parquet...

La storia narrata nel film si discosta in maniera notevole dalla controparte cartacea, prendendosi ampie libertà nella rimodellazione di eventi, luoghi e tempistiche, nonché degli stessi personaggi, con un ampio lavoro di rescripting raramente giustificabile e molto arbitrario, che probabilmente riuscirà inviso agli estimatori del romanzo originale. E' prassi comune quella di adattare e "sveltire" i romanzi, durante la prima fase di realizzazione del film; in questo caso, però, Ann Peacock e John Romano, autori della sceneggiatura, hanno finito per modificare fino a compromettere una struttura narrativa di per sé già non troppo salda, e che correva sulla scia dei consolidati topoi del genere, rendendo inoltre il tutto fin troppo semplicistico e bonario.
Nessuno dei personaggi del film è infatti credibile. I dialoghi sono scontati e poveri da far paura, non contando alcune frasi ad effetto ben piazzate ma dal significato effettivo assai oscuro e contorto. I protagonisti stessi della vicenda sembrano poi tutti costantemente in cerca d'autore e di una ragion d'essere: cambiano atteggiamento nei confronti degli altri nel giro di pochi minuti senza una ragione plausibile, restando assai poco coerenti anche solo con se stessi e parendo, in verità, molto più che semplicemente stressati come il film vuole farci credere, ma quasi dissociati. Esempi perfetti ne sono il personaggio di Gere, scontroso, burbero e triste fino all'inverosimile all'inizio del film, che di punto in bianco decide di rompere il ghiaccio, senza motivo apparente, con la bella locandiera (complice forse mezzo bicchiere di vino?) o la figlia della Lane, che passa dall'essere la fotocopia di Kelly Osborne a figlia modello nell'arco di poche settimane senza che venga data una spiegazione sensata alla cosa.
Un'insieme di fattori volge a rovinare l'esperienza del film:
Wolfe dirige come se si trattasse di uno dei suoi musical, con personaggi che appaiono, dicono qualcosa, ed escono di scena, subito sostituiti da qualcos'altro, in un susseguirsi di situazioni decisamente poco ben ritmate e dosate fra loro, non rendendosi conto che rendere credibile una storia d'amore è ben altro paio di maniche.
Dei dialoghi al limite dell'imbarazzante abbiamo già parlato, della fastidiosa caratterizzazione camaleontica dei personaggi anche, ma quello che stupisce è come un film di caratura hollywoodiana possa "vantare" scenografie così povere da far inorgoglire Pieraccioni.
La magione in cui si svolge gran parte della storia appare, dal di fuori, enorme, pacchiana e vuota, e decisamente mal sfruttata.
Alcune soluzioni poi fanno sorridere: la Lane che raccoglie cocci e vetri rotti di finestre apparentemente non rotte, su un pavimento asciuttissimo nonostante l'uragano che ha appena imperversato. Uragano che si risolve, nonostante le aspettative del titolo, in qualche finestra sbattuta e qualche danno qua e là. Molto più peso pare sembra avere sulla storia anche solo la reiterata e pedante scena - sfogo in cucina della eliminazione dei barattoli scaduti, metafora poco elegante e divertente ma che capita "a fagiolo" in questo periodo di fine anno.
La fotografia, compiaciuta di perdersi fra sconfinati piani lunghi in riva al mare e primi piani di cose, persone e cavalli, non riesce ad essere incisiva in nessun caso, complice una luminosità troppo artificiosa che manca solo di essere contornata di effetti floreali in sovrimpressione.

Ma gli interpreti? Stanno a guardare?

Certi attori risultano, alla prova del tempo, inossidabili. Harrison Ford, Sylvester Stallone, Richard Gere...gli anni per loro sembrano non passare mai. Il rischio però è il non sapersi, a volte, riproporre in vesti diverse dalle usuali, e rimanere ingabbiati nei cliché dei ruoli che li hanno resi celebri. Gere, dispiace dirlo, sembra ben conscio della cosa ma al contempo noncurante: probabilmente gli basta il suo pubblico di casalinghe disperate e giovani nonne sognatrici. La sua interpretazione risulta interessante all'inizio, inspiegabilmente burbero, mogio e accigliato: nei momenti di massimo stress psicologico del personaggio ci regala un Gere inedito e "divertente". Ma quando, dopo (troppo) poco vengono messe a nudo le vere problematiche del personaggio, si scade nel "solito" Gere in veste da "innamorato da sogno" del quale abbiamo già fatto incetta quando era, ad ogni modo, più prestante e credibile.
La Lane offre una interpretazione piena, adempiendo al suo dovere con dovizia, e risulta la forza trainante del film: riesce a non far odiare la protagonista nei momenti focali del film, cosa che, vi assicuriamo, non è da poco. In sé poi l'accoppiata Gere - Lane funziona bene così come già testato in passato in The Cotton Club e Unfaithful - L'amore infedele: Wolfe è andato sul sicuro in questo modo, ed è in effetti l'unica scelta apprezzabile dello statunitense.
Gli altri interpreti si vedono decisamente troppo poco, in parti troppo frammentarie per dare un'efficace valutazione della loro prova (vedasi James Franco, qui figlio di Gere, sacrificato in appena un flashback e una piccola scena nel finale); ad ogni modo, il cast svolge il suo compito degnamente e senza sbavature, sempre imbrigliato però nella "rete" manieristica del regista.

Come Un Uragano In Come un Uragano troppe cose sono lasciate al caso o ad una visione fin troppo femminista e poco verosimile della realtà, ad uso e consumo delle spettatrici. Volendo cercare un significato profondo alla pellicola dovremmo pensare che voglia farci riflettere sulla caducità della felicità, sull’importanza del cogliere l’attimo, sul fatto che l’amore non ha età... ma la cosa ci porterebbe a travisare il messaggio originale pur di giustificare un film che sarebbe vagamente giustificabile solo in veste di pellicola adolescenziale. La storia d’amore fra Adrienne e Paul, invece, vorrebbe/dovrebbe essere matura, ma così com’è, è piuttosto poco credibile e ispirata, e portatrice di una morale di fondo troppo semplicistica e non pienamente condivisibile. Più che un uragano, una pacifica brezza.

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