Florian Gallenberger è un regista tedesco poco conosciuto, ma con un fil rouge ad accompagnare la propria produzione: un'attenzione per i drammi della storia raccontati con il giusto compromesso di pathos e coinvolgimento thriller. Così è stato anche per John Rabe, dedicato al massacro di Nanchino durante la guerra sino-giapponese negli anni del secondo conflitto mondiale. Passano ben sei anni prima che Gallenberger compia il suo ritorno sul grande schermo, e lo fa dirigendo un film che lui stesso ha scritto insieme allo sceneggiatore debuttante Torsten Wenzel. Colonia è il salto di qualità, una grande produzione che ruota attorno a due "artigiani" tedeschi del cinema, ad un cast di tutto rispetto - Emma Watson e Daniel Brühl in prima fila - e alla tragica storia della Colonia Dignidad, attiva in Cile durante gli anni di Pinochet (e anche prima) ma tutt'oggi scarsamente rappresentata o raccontata. Con questa produzione tedesca dal respiro internazionale la coppia Gallenberger-Wenzel dimostra di saper raccontare il terrore e il crimine della Colonia con il dovuto rispetto ma senza rinunciare al coinvolgimento e al romanzesco, intrecciando astutamente gli eventi reali con un sostrato narrativo che chiama in gioco volti noti e nomi conosciuti del cinema internazionale. Emma Watson, Daniel Brühl e Michael Nyqvist sono sufficienti a richiamare le attenzioni sia dell'Europa centro-settentrionale sia del mondo anglofono.

DIETRO L'OMBRA DEI DRAMMI STORICI
Nel Cile del 1973 serpeggia l'entusiasmo e il grande idealismo dei sostenitori di Salvador Allende. Un clima di grande attivismo politico anima le strade e i circoli, tanto da richiamare in terra latina persino il tedesco Daniel (Daniel Brühl), che aiuta come grafico e fotografo. La fidanzata Lena (Emma Watson) lavora come assistente di volo per Lufthansa e fa una sorpresa al fidanzato, raggiungendolo in Cile per pochi giorni. Ma quel breve weekend sarà destinato a prendere una piega drammatica: il golpe di Pinochet dell'11 settembre coglie impreparati i sostenitori di Allende, allo sbando e in fuga dal regime del generale. Dopo essere stati catturati, Daniel e Lena vengono separati: il primo è stato riconosciuto come fotografo del movimento di Allende e viene trasportato nella Colonia Dignidad, una città del terrore, un'intera comunità recintata e apparentemente inespugnabile che si professa come "missione" guidata dal predicatore laico Paul Schäfer (Michael Nyqvist). Una volta scoperto che Daniel è tenuto prigioniero e torturato nella Colonia, Lena decide di fingersi nuova adepta e di entrare a farne parte, con la disperata speranza di riportare il fidanzato in salvo.
QUELLO CHE LA STORIA NON DICE
Del regime di Pinochet si è già parlato in molti film, alcuni molto positivi come il recente No - I giorni dell'arcobaleno. Film come La morte e la fanciulla di Polanski scoperchiano i traumi di decenni di terrore e angherie, confondendo i ruoli di vittima e carnefice, inducendo ad una riflessione più profonda. Poco si sa, invece, della Colonia Dignidad: sorta di comunità nazista del predicatore Schäfer, quasi un enclave in territorio cileno. È in questo grottesco ambiente malato e nei suoi sotterranei che la DIMA, la polizia segreta di Pinochet, tortura i prigionieri politici e conduce trattative di acquisto d'armi dall'estero. Sulla Colonia Dignidad la società cilena dell'epoca sa e non sa: vige un'omertà e un complottismo diffuso e capillare, penetrante nei più disparati strati della macchina sociale e statale. Il film prodotto da Benjamin Herrmann (già premio Oscar per aver diretto un altro grande film storico, Joyeux Noël - Una verità dimenticata dalla storia) e dalla Majestic Filmproduktion ha scelto con intelligenza di raccontare una storia poco nota, nascosta dietro l'ombra lunga degli anni della dittatura. Spicca nel film l'interpretazione di Nyqvist, veterano della recitazione e perfetto nella parte, così come Emma Watson appare sempre più lontana dai panni di Hermione Granger e sempre più vicina ad una propria identità personale. Piano piano la memoria comune smetterà di associarla automaticamente solo alla saga di Harry Potter e la metterà a fuoco come giovane interprete di talento. Nel complesso, il film funziona: coinvolge e disgusta, tiene sulle spine e suscita l'interesse per lo spettatore, lo trascina nei meandri della Colonia come se fosse esso stesso prigioniero. Magistrale esempio di produzione, non ci sono scivoloni né tempi morti: tutto è dosato al punto giusto. L'ambientazione della Colonia è abbastanza per tormentare i sogni del pubblico al cinema, ma anche per inorridirlo e metterlo di fronte alle crudeltà della storia troppo spesso trascurate.