Recensione Club Sandwich

Il film di Fernando Eimbcke vincitore del 31° Torino Film Festival

Recensione Club Sandwich
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Dei 14 titoli presentati in Concorso in questa 31° edizione del Torino Film Festival, a spuntarla su tutti e conquistare il premio come Miglior Film è stato Club Sandwich di Fernando Eimbcke, delicata storia familiare tutta giocata sul versante della semplicità e della dolcezza. Scelto dalla giuria presieduta da Guillermo Arriaga, il film di Eimbcke non è sicuramente tra i migliori visti qui al Festival, tuttavia la sua vittoria permette di scoprire un regista dallo sguardo sensibile e intelligente. Protagonisti del film sono la giovane Paloma ed Hector, madre e figlio quindicenne ospiti in un albergo grazie ad una vacanza premio. Dei due non sappiamo né sapremo nulla della vita precedente a quel momento, né perché non vi sia con loro il padre di Hector né che lavoro faccia Paloma. Tutta l'attenzione del regista è convogliata invece nei piccoli gesti quotidiani di questa vacanza estiva, attraverso i quali scopriamo come tra madre e figlio vi sia uno stretto rapporto di complicità, molto intimo e con poca conflittualità considerata l'età adolescenziale di Hector. Ad alterare l'equilibrio apparentemente perfetto sarà Jazmine, coetanea di Hector e altra ospite dell'albergo (altrimenti deserto), che dai primi silenzi impacciati stringe man mano un rapporto con il ragazzo, una reciproca scoperta fisica e sessuale nella quale Paloma si ritroverà per forza di cose di troppo. Non la prenderà tanto bene.

L'aspetto più interessante di Club Sandwich è il suo essere un coming of age al contrario, un racconto di formazione in cui una volta tanto è il mondo degli adulti a dover imparare ad adattarsi ad una nuova situazione e al tempo che passa, mentre quello adolescenziale si dimostra capacissimo di affrontare le nuove sfide senza dubbi o paure di sorta. Il tenero percorso compiuto da Hector, che nell'arco di pochi giorni si distacca dallo stretto rapporto con la madre per scoprire la sessualità assieme a Jazmine, è affrontato dal ragazzo con estrema naturalezza, accompagnata soltanto dalla forte timidezza che attanaglia quei momenti. La vera protagonista del film di Eimbcke è quindi Paloma, che si trova costretta da un intervento esterno a rinegoziare il suo rapporto con il figlio, cedendo un'esclusività data inconsciamente per eterna a favore di un'altra donna. E' lei ad affrontare la vera sfida, e nel momento in cui, complice qualche bicchiere di troppo, difenderà con le unghie e con i denti ciò che "le appartiene", spetterà al ragazzo dimostrare la maturità necessaria ad indicarle cosa è giusto e tempo che faccia. Ovvero, teneramente, lasciare lui e Jazmine da soli. Con un linguaggio registico improntato alla semplificazione, Fernando Eimbcke costruisce una storia minima e delicata, che elimina dal proprio sguardo tutti gli aspetti contestuali e secondari concentrandosi unicamente sui suoi personaggi, non a caso racchiusi in un hotel anonimo privo di coordinate spazio-temporali. Purtroppo il tono sospeso e per certi versi minimalista porta il film a delle lungaggini inutili, piuttosto pesanti considerata la durata complessiva di 80 minuti, ma la leggerezza della narrazione e la bravura degli attori evitano gli eccessi di noia. Tutt'altro che memorabile, Club Sandwich non sarà certo il vincitore ideale di quest'edizione (comunque caratterizzata da un concorso decisamente sotto tono), ma rimane un film piacevole, purché preso per il lavoro piccolo e intimo qual è.

Club Sandwich Club Sandwich è un coming of age al contrario, che con leggera dolcezza racconta delle difficoltà di una madre a mettersi da parte per lasciar crescere il figlio. L’opera di Fernando Eimbcke si porta a casa il premio come Miglior Film al 31° Torino Film Festival, nonostante la naturale limitatezza della materia prima e alcune lungaggini di troppo la rendano tutt’altro che memorabile.

6.5

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