Climax, la recensione del controverso film di Gaspar Noé

Un gruppo di ballerini organizza un party per festeggiare l'inizio dell'imminente tour, ma qualcuno droga i loro cocktail...

Climax, la recensione del controverso film di Gaspar Noé
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A metà degli anni '90 il coreografo Selva e il DJ Daddy intervistano venti ballerini. tra i potenziali futuri membri di una troupe di danza che partirà per un tour negli Stati Uniti. In seguito coloro che sono stati selezionati e i due organizzatori si ritrovano in una scuola privata situata nel cuore della foresta per condividere un'ultima sessione di prove e festeggiare prima che la tournée abbia inizio.
In Climax, la serata procede con un party a base di sangria, mentre si formano vari gruppetti e relazioni recenti tornano alla luce, tra passioni pronte a esplodere ancora e nuovi amori prossimi a sbocciare: gli sfortunati protagonisti però non sono certo preparati a ciò che li attende da lì a pochi minuti.
Qualcuno ha infatti contaminato le bevande con delle sostanze simili all'LSD, che provocano paranoie, attacchi di panico o scatti di violenza a seconda delle condizioni psicologiche di chi le assume. Sarà soltanto l'inizio di una notte infernale e folle che travolgerà tutti in maniera inaspettata.

Enter the dance

Col cinema di Gaspar Noé si va sempre sul sicuro, in un senso o nell'altro: le opere del regista franco-argentino continuano a spiazzare un pubblico che, in parte, pensava forse di essersi abituato ai deliri cinefili di questo autore fuori da ogni canone, restio ad adagiarsi sulle regole classiche per seguire il suo percorso di demolizione dei canoni estetici e narrativi, sempre e comunque in nome dell'oltranzismo più estremista. A tre anni dal conturbante e quasi pornografico Love (2015) e a sei dal maestoso Enter the Void (2009), è stato presentato al Festival di Cannes (dove ha vinto il Premio Art Cinéma) il suo ultimo lavoro, Climax, ora finalmente in arrivo a distanza di un anno anche nelle sale italiane. E niente e nessuno aveva preparato lo spettatore a quello che lo attende nei novanta minuti di visione, un'orgia psichedelica di sesso, droga e musica dopo la quale la vita di alcune delle figure coinvolte non sarà più la stessa.

Il film spiazza fin dall'ansiolitico prologo, nel quale una ripresa dall'alto ci mostra una giovane donna ferita trascinarsi nella neve prima che, dopo solo due giri di lancette, sopraggiungano i titoli di coda: soluzione gratuita o meno, ha il suo effetto spiazzante e l'immediato proseguo non fa che continuare su questa linea iconoclasta. Su un vecchio modello di televisore catodico scorrono infatti le interviste ai vari personaggi al centro della vicenda, che qui si introducono attraverso dei brevi background personali; tra le questioni ricorrenti loro poste vi è "posso chiederti qualunque cosa?" da parte della voce fuori campo, domanda che lascia già presagire la potenziale tragedia a venire.

Let's dance

Il delirio deflagra senza sosta non appena ci si sposta nella principale ambientazione del racconto, ossia la sala da ballo/casermone isolata dal resto del mondo, con i protagonisti che si scatenano sulle note di un'ossessiva melodia elettronica e danno vita a balli sempre più moderni e sperimentali, capaci a loro modo di dirci qualcosa di più sui rispettivi esecutori. Piani sequenza lunghissimi si alternano nel corso della narrazione, con le riprese che sono state girate in ordine cronologico e una totale libertà concessa agli interpreti nell'improvvisare le proprie battute, elemento questo che ha permesso di sviluppare maggiormente le risicate caratterizzazioni.

Al solito Gaspar Noé tenta di andare con la camera "dove nessuno è mai giunto prima", con inquadrature che nel loro fitto pedinamento dei corpi utilizzano metodi sempre diversi e originali nel catturare dalle angolazioni più impensabili quanto accade in scena, in un vero e proprio tour de force registico e attoriale che lascia con il fiato sospeso in più di un'occasione.

Un ritmo indiavolato

La sceneggiatura e la gestione dei dialoghi non vanno certo per il sottile, con fitti scambi di battute spinte a sfondo sessuale e un reiterato uso di termini sconci e politicamente scorretti capaci di far inorridire le organizzazioni femministe. Ma questa totale anarchia messa in campo, pur nei suoi tratti più scomodi e respingenti (a tratti volutamente irritanti anche per l'osservatore più smaliziato), concede una forza viscerale e primigenia all'impatto estetico e sonoro messo in campo, con la fotografia trasfigurata dalle luci al neon, in particolar modo nell'ultimo spezzone tinto di rosso sulla pura apoteosi degli eccessi che coinvolge gli sballati ballerini, e il pesante accompagnamento musicale scelto che picchiano come un martello pneumatico sullo sguardo e l'udito del pubblico.

Gli eccessi sono la parola d'ordine in questo dramma dalle derive ironiche, grottesche, dai sussulti thriller, con il destino di alcuni comprimari (su tutti il figlio di una delle danzatrici) che provoca una crescente suspense mista a disagio e diverse sequenze che sono già diventate cult: su tutte la scena in cui il personaggio di Sofia Boutella (unica attrice professionista insieme a Souheila Yacoub, gli altri sono tutti ballerini al loro esordio su grande schermo) perde completamente il controllo in un mix tra terrore ed euforia, che riporta alla mente la leggendaria possessione di Isabelle Adjani nell'immortale Possession (1981) di Andrzej Zulawski. L'epilogo, con il "resoconto dei danni", si ammanta poi di ironia e tristezza in egual misura, ponendosi come chiosa semplice ma perfetta di una notte, per i più svariati motivi, indimenticabile.

Climax Un'ambientazione unica per la pressoché totalità del minutaggio, ventiquattro personaggi (con due sole attrici professioniste, tra cui Sofia Boutella, e il resto del cast composto da ballerini) e una serata di festa destinata a finire in tragedia quando i cocktail si scoprono drogati da una sostanza allucinogena: Gaspar Noé ha costruito, anche in fase di sceneggiatura, il palcoscenico perfetto per il suo cinema iconoclasta e fuori dagli schemi. Climax offre l'ennesimo viaggio nel delirio degli eccessi da parte del regista franco-argentino, incurante di fare film che piacciano a tutti e persecutore di uno stile senza mezze misure, spesso estraniante ma ricco di un'energia rara nel panorama contemporaneo. Un'ora e mezza di visione che spiazza sin dai primi minuti, con soluzioni ardite nel loro gradevole gratuitismo che lasciano poi il campo a un'apoteosi orgiastica in cui il sesso, seppur presente negli sboccati dialoghi e in una manciata di scene (lesbo inclusa), lascia spazio all'incedere di una follia collettiva che coinvolge il gruppo di danzatori tramite percorsi diversi a seconda dell'individuo, con reazioni sfaccettate e poli-emozionali che trascinano verso un vero e proprio inferno terreno. La colonna sonora assordante, le ritmiche scatenate e la rabbia e la passione che sgorgano da questi involucri dalla mente corrotta trovano nel marchio dell'autore il loro ideale appiglio, con lunghi piani sequenza, inquadrature vorticose sempre "nuove" e l'allucinogeno utilizzo fotografico per la gestione delle onnipresenti luci al neon che tentano di trasportare con la forza lo spettatore nella serata di instabile follia alla quale neanche i protagonisti stessi erano preparati.

7.5

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