Ciao Alberto, la recensione del divertente corto sequel di Luca

Si torna a Portorosso grazie ad Alberto e alle sue avventure da umano in compagnia di Massimo, diventato un padre adottivo.

Ciao Alberto, la recensione del divertente corto sequel di Luca
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In occasione del secondo anniversario di Disney+ è il momento di tornare a Portorosso, l'immaginario universo ricreato da Enrico Casarosa per l'ultimo lungometraggio di casa Pixar che vi raccontavamo nella nostra recensione di Luca. L'ambientazione estiva e squisitamente italiana ha saputo conquistare gran parte del nostro pubblico, permettendoci di andare oltre le difficoltà per non poterlo vedere in sala: tornare, quindi, dopo così poco tempo sulle coste amene e irradiate di felicità di una immaginaria Liguria ci ha fatto piacere, anche solo per cinque minuti.

Era indubbio, in ogni caso, che ci fosse qualcosa in serbo da parte di Disney: nei mesi scorsi sono stati lanciati dei sondaggi che indagavano tra il pubblico l'interesse per un ritorno a Portorosso, al di là del cortometraggio Ciao Alberto che stava per arrivare (godetevi qui il trailer di Ciao Alberto), lasciando presagire l'intenzione da parte di Casarosa o del suo stesso team di voler continuare a raccontarci molto di più su Luca, Alberto, Massimo e tutti gli abitanti di una città che si è aperta all'inclusione.

Ciao Alberto: ritorno a Portorosso

Ciao Alberto continua là dove si era fermato Luca, facendo di questo corto un sequel a tutti gli effetti. Il protagonista del lungometraggio, come noto, è partito per andare a scoprire nuove zone, una città più grande e popolosa che potrebbe essere Genova, il capoluogo di provincia ligure.

Alberto Scorfano ha preferito restare a Portorosso per far compagnia a Massimo, che allo stesso tempo ha visto sua figlia seguire Luca per andare a scuola. Il giovane ragazzo si è improvvisato pescatore, con tutti i problemi del caso. Se da un lato, infatti, il suo essere un mostro marino gli permette di giovare di alcune conoscenze e capacità non concesse agli umani, dall'altro c'è da tener conto che la sua sbadataggine condizionerà il commercio di Massimo. Taciturno, forse a volte aggressivo, ma sempre supportato dal fedele gatto Machiavelli, l'omone grande e grosso - anche minaccioso a causa dell'arto superiore monco - e il suo rapporto con Alberto rappresentano il fulcro dell'empatia che scaturisce in noi. Un confronto ostico, rude e turbolento, che però riesce a far comprendere, così come il lungometraggio, il messaggio dell'inclusione e della volontà di andare oltre le prime apparenze e difficoltà.

L'armonia dei due mondi

Ogni gag è costruita in maniera adeguata, sfruttando anche la mimica facciale dei miagolii di Machiavelli, espressivo anche solo nel fissare Alberto. Allo stesso modo Massimo, doppiato da un sempre cavernoso ed eccezionale Massimo Corvo, è in grado di rapportarsi al figlio adottivo con sguardi e bofonchi; il suo eloquio è relegato in maniera saggia e composta alla fine del cortometraggio, quasi a dosare perfettamente il suo intervento. Tutto è costruito in maniera armoniosa, anche se solo per i cinque minuti di cui sopra, a testimonianza di un altro grande lavoro di fino coordinato da Casarosa, qui nelle vesti di produttore esecutivo.

L'intero arco narrativo, però, si sofferma su un rapporto diverso rispetto a quanto accaduto nel lungometraggio. Se lì il focus era l'amicizia, il legame che andava a concatenare Luca ad Alberto e viceversa, stavolta tocca a un discorso più familiare avere la meglio. Perché Massimo diventa padre, di nuovo, e il giovane Scorfano diventa figlio, anche lui di nuovo; entrambi hanno già vissuto quell'esperienza, ma sono pronti a riprovarci, per lanciarsi in un'avventura che quasi confonderà lo stesso Alberto.

Non manca l'accenno anche alla vita da apprendistato, con la necessità da parte del ragazzo di farsi trovare pronto al ruolo di garzone, di pescatore improvvisato, ma volenteroso nel mettere anima e corpo nel suo impiego. Il risultato è un esperimento breve, ma intenso, qualcosa che ci lascia un sorriso sul volto per la capacità di Massimo di esprimersi in maniera saggia e di Alberto di lasciarsi andare a qualche reazione genuina, quasi naif.

L'antipasto prima del secondo

L'intera troupe segue alla perfezione le necessità espresse da Casarosa, che si lega al suo lungometraggio con una lettera che lo stesso Alberto riceve da Luca, così da poter continuare a tenere viva nell'atmosfera la presenza del protagonista indiscusso di Portorosso. Seppur lontano, insomma, Luca continua a essere quel trait d'union tra due mondi che sono venuti a scontrarsi e a confrontarsi, dimostrando agli umani di cosa fossero capaci i mostri marini.

Allo stesso tempo, il cortometraggio realizzato da McKenna Harris, esordiente alla regia, sembra volerci preparare ad un ritorno più importante alle ambientazioni liguri carico di prospettive future, per andare a intessere ancora più vicende lungo le coste amene. D'altronde, cosa ci sarebbe di meglio del vedere in che modo l'esperienza genovese ha cambiato Luca, ora che sappiamo come Alberto si sta adattando alla sua vita da pescatore?

Luca Ciao Alberto vive di luce riflessa per quanto riguarda la realizzazione tecnica e artistica, figlia del grande successo di Luca, ma allo stesso tempo permette a una troupe quasi totalmente esordiente, a partire dalla regista McKenna Harris, di esprimersi al meglio con un contenuto ilare e divertente. Peccato per la durata molto contenuta, che si sposa con i cortometraggi che Disney+ sta realizzando nell'ultimo periodo, perché avremmo voluto averne di più. Tutto si mantiene nei binari delineati dal regista e ideatore dell'universo di Portorosso, il che non fa altro che condizionarci maggiormente per un atteso e roboante ritorno sulle coste liguri.

7.5

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