L'omaggio ad un amico, l'omaggio ad un grande del cinema italiano.
Così potremmo sintetizzare Che strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini, curioso e inusuale fanta-biopic dedicato ad uno dei più noti e amati registi italiani di sempre, Federico Fellini.
Il film, fortemente voluto dall'amico e collega Ettore Scola -che lo ha personalmente curato e diretto- si allontana sia dal classico documentario (agiografico, storico o d'inchiesta che sia) che dal “solito” film biografico più o meno romanzato, per l'approccio ma anche per la realizzazione.
L'obiettivo non è quello di mostrare l'intero escursus biografico del cineasta riminense né focalizzarsi su un aspetto o un episodio in particolare: Scola decide infatti, arbitrariamente, una narrazione episodica filtrata da ricordi e testimonianze, in primis la sua, che ci permettono di entrare nel quotidiano dei due registi e del loro “mondo”, in particolare quello giovanile, quello della rivista satirica Marc'Aurelio negli anni del regime, per arrivare poi ai primi veri approcci al cinema.
Un Pinocchio che per fortuna non è mai divenuto un bambino perbene

Veniamo così a conoscenza di tanti, spesso divertenti o illuminanti, episodi e farci una vaga idea di com'era fare cultura e spettacolo tanti decenni fa: ma anche sorridere di certe buffe abitudini e tic del nostro, come la bugia allegra, le interminabili passeggiate notturne in auto a conoscere variegata umanità, il rapporto con autori, produttori, attori, tra i quali, immancabilmente, Alberto Sordi e Marcello Mastroianni. Alcuni personaggi secondari, poi, prendono letteralmente vita: da grandi figure dimenticate o purtroppo sconosciute ai più, come Ruggero Maccari, a gente comune che entra a far parte del mito dai racconti di vita vissuta da Scola insieme all'amico: spigolosi quanto irresistibili madonnari, prostitute disincantate eppure decise a sorridere alla vita sempre e comunque, mamme che rimproverano a Fellini di imbruttire i propri figli nei film.
Il tutto raccontato con piglio svelto, tanta verve, interessanti soluzioni visive e sempre ottime caratterizzazioni. Un lavoro curato nei minimi particolari dal regista di C'eravamo tanto amati e Romanzo di un giovane povero, utilizzando sapientemente anche filmati, oggetti e testimonianze d'archivio.