Che la fine abbia inizio, la recensione dell'horror disponibile su Netflix

La giovane Donna è perseguitata da un professore che anni prima uccise tutta la sua famiglia nel thriller/slasher di Nelson McCormick

Che la fine abbia inizio, la recensione dell'horror disponibile su Netflix
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Donna Keppel è l'unica sopravvissuta del massacro della sua famiglia, compiuto da un suo professore rimasto da lei morbosamente ossessionato. Tre anni dopo la ragazza, che ora vive con gli zii, soffre ancora di incubi riguardanti la notte della tragedia, nonostante l'assassino sia rinchiuso da tre anni in una struttura per pazienti psichiatrici. La notte del ballo di fine anno sembra l'occasione migliore per dimenticare una volta per tutte il triste passato e guardare avanti, ma il destino vuole che il killer sia riuscito ad evadere e si metta di nuovo sulle tracce di Donna, ignara del pericolo. Il Detective Winn, che già prese parte alle indagini sul delitto originale, decide così di organizzare una task force per controllare l'albergo all'interno del quale verrà celebrato l'alcolico party.

Incubi del passato

Se già l'originale Non entrate in quella casa (1980) non era certo un film memorabile, nonostante la presenza nel ruolo da protagonista di Jamie Lee Curtis, questo libero remake datato 2008 fa ancora peggio, cercando di coniugare alla rinfusa atmosfere thriller ad eccessi slasher, per una produzione senza arte né parte che procede senza troppe sorprese per novanta minuti di visione. Che la fine abbia inizio (disponibile su Netflix), titolo italiano che suona quasi come una speranza, è infatti privo di qualsivoglia tensione di genere e anche l'auspicabile scavo psicologico nei recessi di Donna si rivela inadeguato, limitandosi ad un paio di incubi/flashback che la tormentano in alcuni passaggi chiave della storia. Nelson McCormick, regista perlopiù televisivo specializzato in remake (suo anche Il segreto di David del 2009), non riesce a sfruttare l'ambientazione alberghiera con la corretta efficacia, lasciando che i vari piani e stanze dell'edificio si prestino al luogo del nuovo massacro con fievole prevedibilità e con il villain che la fa franca sempre e comunque in maniera poco verosimile almeno fino alla definitiva resa dei conti. Una messa in scena anonima che guarda più all'estetica che alla sostanza, a cominciare da un cast "perfettino" di belle faccine pulite ma dallo scarso carisma (lo stesso Idris Elba è sprecato nel ruolo del detective) fino ad una colonna sonora ad hoc con pezzi quanto più cool e mainstream possibili per il pubblico di riferimento. Della paura, neppure l'ombra.

Che la fine abbia inizio Non basta qualche classico trucchetto, dalle ante degli armadi ai riflessi nello specchio, per suscitare il minimo necessario di suspense. Che la fine abbia inizio è uno spento condensato di atmosfere da thriller poliziesco e slasher "giovanilistico", rifacimento di un film anni '80 già non indimenticabile, che si perde ben presto in una lunga sequela di situazioni al contempo prevedibili e inverosimili, affossando tutta la potenziale tensione di genere insita nella pur banale base narrativa di partenza.

4

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