La cena delle spie Recensione: spionaggio sottotono su Amazon Prime

Su Amazon Prime Video arriva uno spy-thriller dai toni drammatici, sottotono ma con un cast di altissimo livello.

La cena delle spie Recensione: spionaggio sottotono su Amazon Prime
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Nel vasto orizzonte delle uscite mensili delle piattaforme streaming è difficile perdersi. Vi avevamo già consigliato i film di aprile 2022 su Amazon Prime Video e tra essi figurava uno dei titoli più attesi di questo mese. Si tratta de La cena delle spie (All the Old Knives), thriller di spionaggio diretto da Janus Metz Pedersen, che avevamo già incontrato nella nostra recensione di Borg McEnroe) e scritto da Olen Steinhauer (autore del romanzo sul quale è basato il lungometraggio), con un cast di altissimo livello guidato da Chris Pine (Star Trek) e Thandie Newton (Westworld).

La storia prende le mosse da un attacco terroristico: è il 2012 e il volo 127 diretto a Vienna viene preso di mira da un gruppo di militanti ceceni che in poche ore commetteranno una strage. Otto anni più tardi, l'agente Henry Pelham viene incaricato di indagare su ciò che accadde realmente quel giorno: uno dei terroristi, appena catturato, ha rivelato di aver ricevuto informazioni da una talpa del distaccamento viennese della CIA, nel quale insieme ad Henry lavorava anche Celia Harris, sua ex compagna andata via dopo il disastro terroristico. Il protagonista però, per far luce sugli eventi, sarà mandato proprio da Celia, trasferitasi in California dove ha messo su famiglia. Una cena tra i due in un lussuoso ristorante diventerà presto un pericoloso interrogatorio attraverso il quale, tra numerosi salti temporali, tutto ciò che sappiamo verrà costantemente messo in discussione.

Nella psiche di due agenti

Se c'è un elemento che La cena delle spie prova a chiarire fin dalle prime sequenze è il tono che intende impostare: la ricerca della presunta talpa si gioca infatti più sul piano del confronto e della riflessione che su quello dell'azione. Nessun inseguimento, niente ritmi serrati e concitati. Dall'inizio alla fine regna una calma metodica atipica per un thriller di spionaggio contemporaneo e presto si rivelerà un'arma a doppio taglio, perché se da una parte aiuta ad immergere nelle vicende dei protagonisti e in ciò che muove le loro azioni, dall'altra rischia di appesantire una narrazione che ha bisogno di attenzione per individuare tutti i dettagli disseminati, utili alla comprensione dell'intreccio.

Ciò che l'opera tende ad enfatizzare è proprio l'aspetto psicologico della vicenda, i meccanismi di potere che si celano dietro le maschere delle organizzazioni ma soprattutto l'analisi dei rapporti umani. E in un certo senso ciò lo accomuna al lavoro di John Le Carré, ai suoi sofisticati snodi narrativi che indagano l'individuo più che l'agente: uomo o donna visti come amanti, amici o confidenti, ma sempre con un cinismo che non smette mai di ricordare il loro misero ruolo di pedina in uno scacchiere che credono di avere sotto controllo. E anche qui, alla fine dei conti, ciò che resta non è tanto lo stratificato congegno drammaturgico della caccia alla verità e le implicazioni politiche dietro il terrorismo militante (grossolane e poco riuscite, quando presenti), quanto invece l'intimo studio di un sentimento e di cosa siamo disposti a fare per la persona amata.

Il peso dell'artificio drammatico

La cena delle spie è quel titolo vecchio stampo che oggi l'industria non produce più, che guarda ad uno spettatore adulto e interessato a qualcosa di più profondo. Inizia sul modello de I tre giorni del Condor ma presto sfocia su un territorio diverso.

Tutti questi elementi messi in gioco, però, pian piano iniziano a perdere il loro iniziale fascino, vittime di una scrittura fiacca che forza troppo la mano su un melò a tratti smaccato e che punta più al didascalico rispetto ad un sempre efficace, almeno in questi contesti, non detto. Il gioco mentale del gatto e del topo perde molto del carisma iniziale e sembra, di flashback in flashback, sempre più stantio, artificioso e meno teso. E, come già sottolineato, appesantire un prodotto simile porta a far perdere spesso interesse per la vicenda e per i suoi protagonisti. Tra questi ultimi, Chris Pine sembra totalmente a suo agio nel ruolo - specie nell'Henry del presente - ma mostra tutti i suoi limiti nel momento in cui deve essere incisivo, dando peso drammatico alle parole e ai gesti. Per Thandie Newton, invece, l'esatto opposto: coinvolgente nella sua prova attoriale, l'attrice manifesta tutto il suo talento anche grazie ad un'eccellente valorizzazione data dalle scelte registiche, ma la sua Celia soffre una caratterizzazione debole che la rende poco credibile in più di un'occasione. E la loro interazione funziona tanto bene al tavolo del ristorante quanto disastrosamente a letto. Due giganti come Laurence Fishburne e Jonathan Pryce invece - sempre icastici in ogni parola o movimento - si perdono per via di un utilizzo in scena ridotto all'osso.

A salvare il film di Metz dalla banalità ci pensa una solida e curata messinscena, che gode della raffinata ed elegante fotografia di Charlotte Bruus Christensen che esalta gli ambienti e i corpi, donando la giusta atmosfera ad un titolo di per sé sottotono. A ciò va aggiunta anche un'ottima colonna sonora (Jon Ekstrand e Rebekka Karijord), vera anima di un lungometraggio che per il resto brilla in poche circostanze.

All the old Knives Thandie Newton fa il massimo per tenere in piedi La cena delle spie. Il film di Janus Metz si rivela però presto incapace di incidere con efficacia, limitandosi ad un lavoro senza grossi guizzi. Appesantito da un melodramma poco equilibrato, trova nella raffinata forma uno degli appigli per rimanere a galla e provare a sedurre lo spettatore. Il titolo di Amazon Prime Video sembra il riflesso perfetto dei lungometraggi che negli ultimi anni invadono le piattaforme digitali: opere senza infamia e senza lode, facilmente e velocemente fruibili così come dimenticabili.

6

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