Recensione Cavalli

Due fratelli verso l'età adulta, uniti dall'amore per i cavalli

Recensione Cavalli
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Il milanese Michele Rho, classe 1976 e una discreta gavetta nei corti, firma il suo primo lungometraggio, prendendo spunto da un racconto di Pietro Grossi (contenuto nella raccolta Pugni - edizioni Sellerio) che ha come tema portante l'amore che due uniti ma diversi fratelli condividono per i cavalli. Una storia 'a-geografica' (anche se siamo sugli Appennini) e a-temporale (anche se siamo a fine Ottocento) potremmo dire, visto che siamo in luoghi e tempi definiti ma il confine tra un luogo e l'altro non fa che sfumare attraverso la percezione che di quei luoghi hanno i due fratelli, divisi nella voglia di restare legati alle origini e quella di scoprire nuovi territori.

Alessandro (Vinicio Marchioni) e Pietro (Michele Alhaique) sono due fratelli molto affiatati che vivono (con i loro genitori) in una casa sperduta in una vallata degli Appennini e amano trascorrere le giornate a giocare, anche se in special modo su Alessandro (il primogenito) ricadono spesso le punizioni dell'austero padre che lo vorrebbe più giudizioso e attento nei confronti del fratello minore. A irrorare d'amore le vite dei due bambini c'è dunque solo l'affetto di una calorosa madre (un cameo di Asia Argento), complice e comprensiva ma irreversibilmente malata. Alla morte della donna, l'autoritario capo-famiglia non tarderà a dare nuova dimostrazione del suo estro vendendo tutto per poter donare ai suoi figli una coppia di puledri in età da doma, con l'avvertimento: "Da oggi nessuno si occuperà più di voi, voi vi occuperete di loro". Così i due bambini, precocemente investiti di responsabilità adulte, cresceranno imparando a montare e a prendersi cura dei loro ‘destrieri', chiamati Baio e Sauro in virtù dei loro mantelli. E anche grazie a Pancia, un ‘cavallaro' che si mostrerà sin da subito disponibile a dar loro una mano, percorreranno quel processo di maturazione che li farà diventare uomini. Lasciatisi definitivamente alle spalle la stagione spensierata delle corse con i carretti, Alessandro e Pietro prenderanno dunque a seguire le loro ‘naturali' strade. E se Alessandro, da sempre più curioso e spregiudicato, farà (spaesato come Pinocchio nel Paese dei balocchi) il suo ingresso in città, adattandosi subito agli usi e ai costumi della vita cittadina (l'eleganza degli abiti su misura, prostitute a volontà, grandi giri di lavoro e - soprattutto - lavoretti), Pietro rimarrà legato ai luoghi delle sue origini, con il desiderio di trasformare il suo amore per i cavalli in una professione e in uno stile di vita. Qualche tempo dopo, però, quando la città mostrerà improvvisamente le unghie della sua inospitalità, e Alessandro si troverà costretto a cambiare aria per aver pestato i piedi a qualche ‘signorotto' di spicco, i due fratelli si ricongiungeranno per affrontare insieme un momento di difficoltà in una ritrovata complicità destinata a durare finché il richiamo del proprio istinto non tornerà a farsi sentire...


Tra il dire e il fare...

Nell'opera prima di Michele Rho convivono sostanzialmente due componenti: il lavoro molto accurato fatto dalla fotografia di Andrea Locatelli per catturare immagini (bellissime visti gli splendidi panorami a perdita d'occhio in cui si svolge la storia) di una eloquente suggestione, e la fatica che fa il racconto a spiccare il volo, osteggiato da più di una zavorra (l'eccessiva disarticolazione temporale, l'uso di un linguaggio - va bene universale - ma eccessivamente pulito e dunque innaturale che viene usato sia dai bambini sia dagli adulti, la continua lotta - interiore al film - tra ricerca di epicità e utilizzo di aneddoti talvolta troppo stereotipati e non sempre funzionali ai fini della stessa). Dunque un lavoro riuscito solo in (piccola) parte, ma di sicuro lodevole soprattutto nell'intenzione, ovvero quella di uscire dalla gabbia del film italiano votato alle commedie socio-attuali coeve per sperimentare una sorta di far western e ‘film di formazione' nostrano con due apprezzabili protagonisti e che apre (come per Alessandro) nuovi e inesplorati orizzonti da seguire.

Cavalli Un’opera prima non particolarmente riuscita che soffre - tra le altre cose - di una eccessiva universalizzazione della storia, controproducente ai fini dell’interiorizzazione del film. Nonostante ciò va sicuramente sottolineato il ‘coraggio’ di Rho di uscire dai ranghi del ‘solito’ cinema italiano, un percorso che speriamo proseguirà per regalarci in futuro qualche sospirata sorpresa di genere.

5.5

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