Patience lavora come designer nella compagnia di cosmetici Hedare Beauty, prossima a lanciare un nuovo rivoluzionario prodotto anti-età. Una sera, costretta a recarsi in prima persona nei laboratori della ditta per presentare al suo capo un nuovo bozzetto, scopre che la crema che sta per essere immessa sul mercato può rivelarsi dannosa, anche mortalmente, per chi l'assume. Intercettata dagli uomini del boss, viene reclusa nei condotti di scarico dello stabilimento e, trasportata via dal susseguente getto d'acqua, muore annegata.
Ma il corpo, riportato a riva dalla corrente, diventa una sorta di reliquario per un folto numero di gatti che le donano nuova vita. Patience, che nel frattempo ha perso memoria dell'accaduto, si risveglia così dotata di straordinari poteri legati alla sua risorta natura felina e quando i ricordi iniziano a tornare decide di vendicarsi assumendo l'identità dell'infallibile ladra Catwoman.
"Il giorno in cui sono morta è stato il giorno in cui ho cominciato a vivere"
Considerato tra i film più brutti di tutti i tempi, vincitore di ben quattro razzie awards (su 7 candidature), Catwoman è una grande occasione perduta. Tradendo le origini del personaggio, che qui ha la nuova identità di Patience Prince, e limitando il background di contorno (i riferimenti all'universo dell'uomo pipistrello sono pressoché assenti) il regista francese Pitof realizza un'opera visivamente affascinante ma narrativamente nulla, affossando il contenuto in una gratuità estetica che alla fine dei conti lascia il tempo che trova. Un vero peccato considerando la messa in scena stilistica, con visuali ed effetti speciali ricchi di, pur a tratti posticcia, personalità che provano a coniugare il medium fumettistico con quello cinematografico, con combattimenti e coreografie anche di discreto livello. Il tutto però si sfalda lentamente con l'improbabile procedere degli eventi, e l'esasperato taglio femminista permeante il racconto finisce ben presto per stancare inanellando scene scult in serie: dalla resurrezione per bocca (letteralmente) di un gatto realizzato in CG alla partitella di basket tra la protagonista e il bel poliziotto incaricato delle indagini, dal salvataggio di un bambino sulla ruota panoramica al cat-fight finale con una Sharon Stone mai così fuori luogo, i cento minuti di visione risultano quale involontaria fiera del ridicolo, e neanche la bellezza di Halle Berry (il cui impegno è comunque evidente nell'infondere personalità a un personaggio così mal caratterizzato) riesce a imprimere un minimo di verve: tra varie fusa e miao sparati durante i vari scontri, la stessa donna-gatto diventa una macchietta in completini latex ad uso e consumo di un pubblico voyeuristico.