Il loro À l'intérieur (2007) li vedeva forse lanciati verso un'altra carriera, ma invece la coppia di registi formata da Alexandre Bustillo e Julien Maury non ha mai spiccato quel grande salto in grado di farne tra gli autori cult dell'horror del nuovo millennio. Certo, hanno firmato opere sottovalutate come Livide (2011) nonché il prequel di Non aprite quella porta - leggete qui la nostra recensione di Leatherface - ma forse da loro ci si attendeva qualcosa di più.
E un film come La casa in fondo al lago, in onda stasera su Rai4 in prima tv, non fa che confermarlo, giacché ci troviamo davanti a un titolo che fin dalle sue premesse si appoggia eccessivamente sull'idea di partenza, ovvero quella di un semi found-footage ambientato sott'acqua dove la gli sfortunati - e poco assennati - protagonisti si trovano ad affrontare una minaccia da tempo sepolta tra i fondali.
La casa in fondo al lago: per un pugno di like
Dopo un breve prologo atto a introdurre i personaggi principali, ovvero i fidanzati newyorchesi Ben e Tina che viaggiano per l'Europa alla ricerca di luoghi infestati per poi pubblicare video su YouTube, eccoci trascinati tre mesi dopo nell'effettivo presente filmico. Li ritroviamo in un paesino del sud-est francese dove si trova un lago artificiale ricco di potenziali misteri, salvo scoprire poi che è diventato un'attrazione turistica. Ma è proprio lì che fanno la conoscenza di Pierre, un nativo del posto che si offre di accompagnarli in un luogo isolato del medesimo corso d'acqua, che si trova da lì a pochi chilometri.

Ben accetta con entusiasmo mentre Tina ha qualche remora e vede con sospetto la loro improvvisata guida. Una volta giunti sul posto i due si immergono, mentre Pier li attende a riva, e si imbattono in una casa perfettamente conservata nonostante si trovi sul fondo del lago. Decidono di entrarvi, salvo finire catapultati in un incubo che non tarderà a manifestarsi...
Più acqua che fuoco
Come abbiamo citato nel paragrafo d'apertura, La casa in fondo al lago vive troppo sulla sua idea di riprese in soggettiva - con lo "sguardo" in prima persona girato dai due sommozzatori - in un contesto poco utilizzato quale quello subacqueo. Quella che sulla carta poteva rivelarsi una soluzione originale viene ben presto a noia e provoca anche un senso di mal di mare / sballottamento in chi guarda, ancor più che in altre produzioni omologhe realizzate però sulla terraferma.

Certo, la particolare ambientazione tra i fondali aumenta la carica ansiogena, sia per via dei movimenti limitati e rallentati a contatto con l'acqua che per l'affanno e l'ansia che crescono a dismisura sotto la maschera da sub, ma non sempre è tutto chiaro di quanto accada effettivamente in scena e il rischio è quello di creare un'involontaria confusione. Le stesse dinamiche horror e sovrannaturali risultano poco credibili, tra cadaveri che si risvegliano improvvisamente e improvvisate fughe "a pinne levate" nel tentativo di trovare una via d'uscita prima che sia troppo tardi.
A tratti La casa in fondo al lago gioca con gli stereotipi, come quando in una battuta Ben cita letteralmente come "i jump-scare facciano prende più like" o ancora nell'epilogo aperto, imbastendo nel frattempo suggestioni più o meno riuscite: dal crocifisso gigante che nasconde stanze segrete a manifesti di bambini scomparsi che celano un segreto inquietante. E per certi versi riesce a generare una discreta tensione, salvo poi perdersi nelle problematiche di fondo esposte in precedenza.
Se avete fame di horror, leggete il nostro speciale sugli horror più attesi del 2023.