Recensione Caribbean Basterds

I bastardi caraibici di Castellari intrattengono ma non convincono

Recensione Caribbean Basterds
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Non tutti sanno che Quentin Tarantino, per girare Bastardi senza gloria, si è grandemente ispirato ad un classico italiano della fine degli anni '70, Quel maledetto treno blindato di Enzo G. Castellari, che oltreoceano prese, per l'appunto, il nome di Inglorious Bastards, da una delle battute clou del film. Film che nella mente del regista italo-americano divenne Inglorious Basterds, con la “e” al posto della “a” per render noti sia l'omaggio che la differenziazione (notevole) dalla fonte originaria. Si sa, ai grandi artisti piace giocare a rimpiattino, ed ecco quindi che Castellari, rinvigorito dall'attestato di stima del giovane collega, torna alla macchina da presa dopo più di quindici anni dal suo Jonathan degli orsi con un contro-omaggio, inizialmente destinato solo al mercato home video: dopo la grande risposta del mercato internazionale al progetto, però, si è pensato di distribuire anche al cinema il qui recensito Caribbean Basterds.

Pirati della giustizia

Roy (Vik C. Ryan) e Linda (Eleonora Albrecht) vivono una vita agiata e sfarzosa, viziati all'inverosimile dalle potenzialità economiche del padre, potente industriale nel settore degli armamenti. Un giorno, Roy, dopo l'ennesima serata di bisboccia, riflette sulle sue condizioni di vita e sul fatto che la sua felicità è costruita sulle vite dei tanti innocenti uccisi dalle armi del padre. Mentre annoiato fa zapping fra i canali televisivi, ha una sorta di contorta illuminazione: e se desse una lezione in stile Arancia Meccanica a tutti quelli che, come suo padre, se la spassano senza sapere cosa siano il terrore e l'ingiustizia che essi stessi vendono? Sarebbe inoltre un modo diverso di passare le serate, visto che alcool, donne e combattimenti clandestini non gli bastano più... Insieme alla sorella e all'amico-rivale Josè (Maximiliano H. Bruno) mettono su il trio dei Pirates of justice, che in breve guadagna una malfamata reputazione, che attirerà sia le attenzioni della polizia, che quelle della malavita locale...

Da un maledetto treno blindato ad un benedetto film citazionistico...

Quindici anni di assenza dalle scene non son pochi, soprattutto in un'industria in continuo movimento come quella cinematografica. Tante cose sono cambiate dai tempi in cui il regista romano mieteva successi su successi trenta, quarant'anni fa con titoli come lo spaghetti western Vado...l'ammazzo e torno, il poliziottesco La polizia incrimina, la legge assolve, il caricaturale Cipolla Colt, il “mostruoso” L'ultimo squalo... Quello di Castellari è un modo di fare cinema che non c'è più, soprattutto in Italia, affogata ormai nella morsa di commedie e commediole, autoriali o “cinepanettoniane” che siano. Il suo stile, invece, pieno di movimento, situazioni taglienti e caratterizzato dal ralenty e dalla focalizzazione sull'azione, è fonte di ispirazione per tanti, tra cui, come abbiamo visto, lo stesso Tarantino che lo considera un maestro personale. Questo lungo preambolo, purtroppo, oltre a celebrare un regista simbolo del cinema di genere, ci costringe tristemente ad attestare che non sempre le migliori intenzioni si trasformano poi in prodotti migliori della massa... Caribbean Basterds è nato, evidentemente, come prodotto destinato ai mercati esteri di bocca buona verso il cinema di genere -come quelli sud americani e orientali-, e da quel punto di vista, considerato anche il budget estremamente modesto di cui ha potuto godere il progetto (appena 800.000€), possiamo vederlo come un prodotto dalle caratteristiche ben definite e riuscito nel suo ambito autocelebrativo. Il problema nasce nel momento in cui lo si vuole portare nei cinema italiani senza la giusta collocazione...

Da un punto di vista tecnico il film non è disprezzabile: la mano di Castellari si vede eccome, nel bene e nel male. Da un lato l'accento posto sull'azione e sulla caratterizzazione dei personaggi si dimostra sempre un'ottima cosa, dall'altro il montaggio serrato e l'uso esasperato di rallenty ed effetti visivi e speciali in stile “vecchia scuola” spiazza notevolmente, soprattutto il pubblico più giovane, avvezzo a ben altri (non necessariamente migliori, beninteso) mezzi narrativi. La pellicola inoltre pare girata in digitale più per motivi economici che per intenti autoriali, e il risultato finale della fotografia, da questo punto di vista, non convince.
Generalmente buone le performance degli attori, soprattutto i due protagonisti maschili, molto “fisici” e presenti: la Albrecht, invece, alterna momenti molto convincenti (nel suo ruolo da ragazzina viziata) ad altri meno (le scene d'azione) ma svolge comunque bene il suo compito.
Il problema vero del film, in realtà, è una certa sciatteria nella presentazione della trama (non molto ben congegnata), e degli ambienti. La fotografia, sposata ad una storia a metà tra Arancia Meccanica e un film del filone Sex Crimes/Cruel Intentions in salsa guacamole, sembra a tratti scivolare nel soft porno tipico degli anni '70, con un'abbondanza di scene piccanti e dal taglio spiccatamente voyeuristico, la cui ripresa non è certo fondamentale ai fini della storia narrata.

Caribbean Basterds Caribbean Basterds è chiaramente un prodotto nato sulla scia dell'entusiasmo procurato dall'attestato di benevolenza di Tarantino nei confronti di Castellari: un film assolutamente di genere, ben lontano dall'eccellenza delle vecchie opere del regista e basato su sesso, azione sfrenata e un certo gusto per il macabro tipico dell'appeal sud americano per il cinema. Un'opera troppo di nicchia per poter essere apprezzata dal grande pubblico, non priva di grossi difetti ma neanche di un certo fascino, soprattutto se state al gioco e vi divertite a scovare le mille citazioni e rimandi, più o meno palesi, alle vecchie pellicole del maestro...e non solo!

5

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