Calibro 9: recensione del sequel di Milano Calibro 9 con Marco Bocci

A quasi cinquant'anni dal leggendario poliziottesco di Fernando Di Leo, Marco Bocci e il regista Tony D'Angelo firmano il sequel ufficiale.

Calibro 9: recensione del sequel di Milano Calibro 9 con Marco Bocci
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Al Torino Film Festival 38, dopo l'horror di The Dark and The Wicked e il documentario Gunda, fuori concorso trova spazio anche una piccola chicca del cinema di genere italiano, che di certo farà la felicità dei fan del filone poliziottesco degli anni '70: stiamo parlando di Calibro 9 di Tony D'Angelo, sequel ufficiale del leggendario Milano Calibro 9 di Fernando Di Leo.
Con Marco Bocci nei panni del figlio di Ugo Piazza, storico protagonista del poliziottesco del 1972 interpretato da Gastone Moschin, Barbara Bouchet di nuovo nel ruolo di Nelly Bordon e Michele Placido in quello di Rocco Musco, che nel film originale aveva il volto di Mario Adorf, Calibro 9 si carica sulle spalle non solo il peso di riprendere il discorso sul genere di Di Leo ma anche quello di tutto un filone che vantava un gran numero di altri esponenti.
Ne esce fuori un film-omaggio davvero sentito e di gran cuore, forse un po' spaesato e fuori dal tempo per gli standard contemporanei e che potrebbe non essere in grado di parlare a un pubblico di più giovani, ma di indubbio interesse per il suo valore da "riscoperta".

Colpi di scena e di arma da fuoco

Come è lecito aspettarsi da un titolo simile la trama è piena di omicidi efferati, tradimenti, doppi giochi e colpi di scena, ma soprattutto come in Milano Calibro 9 di Di Leo si parte dalla sparizione di una grossa cifra di denaro.
Due famiglie della ‘Ndrangheta, quella dei Corapi e degli Scarfò, sono in guerra da anni e in mezzo al fuoco incrociato ci finisce l'avvocato penalista Fernando Piazza (Bocci), che nel mezzo di un'operazione viene imbrogliato da una hacker sua collaboratrice che ruba il bottino.
I soldi però appartenevano alla 'Ndrangheta e il legame con la hacker mette Piazza in un brutto guaio, amplificato dalla pessima fama del nome di famiglia.
L'unica che può aiutarlo in questa situazione disperata è Maia Corapi, una sua ex di molti anni prima come lui legata al mondo della criminalità.
A dargli la caccia oltre ai sicari della malavita ci saranno anche un poliziotto solitario che "si è stancato di perdere" e Rocco Musco, che nel film originale uccideva l'assassino del padre del protagonista e che oggi è finalmente uscito di prigione.

Il regista Tony D'Angelo e gli sceneggiatori riempiono Calibro 9 di riferimenti al passato, col personaggio del poliziotto che fa di cognome Di Leo e la leggendaria sequenza del ballo di Nelly (Barbara Bouchet) proiettata nei locali notturni di una Milano internazionale ma piena di criminali e tagliagole.
L'opera ha il giusto mix di ritmo, colpi di scena narrativi e azione coreografata che rappresentano i pilastri del genere poliziottesco italiano, chiaramente in debito col cinema di Jean-Pierre Melville ma estremamente diverso da esso.
Da quel filone oggi tanto osannato anche da Quentin Tarantino riprende vizi e tagli delle inquadrature, didascalie e tante altre chicche che noteranno solo i fan stagionati e che a sguardi più giovani potrebbero sembrare "pacchiani".

Ciò che manca quindi non è tanto il cuore, perché ce n'è molto in termini di "lettera d'amore", assente è semmai la pancia, la spinta grintosa che contraddistingueva quel tipo di film che tutto il mondo ha imparato a invidiarci e che oggi non facciamo più.
Al posto di questa grinta vanno segnalate alcune cadute di stile a tratti allarmanti che stonano tantissimo con l'impianto filmico scelto, veri e propri "schiaffi" per un cinema crime italiano che vive del post-Gomorra di Matteo Garrone e Suburra di Stefano Sollima.
In tal senso Calibro 9 resta un film più divertente che riuscito, più apprezzabile a livello filologico che funzionale al mercato contemporaneo, nel quale rischia di non trovare spazio: una piccola chicca però, che molti appassionati potrebbero non volersi perdere, in attesa di una data sulla distribuzione italiana che ancora non abbiamo.

Calibro 9 Quasi cinquant'anni dopo il leggendario Milano Calibro 9, il regista Tony D'Angelo e la star Marco Bocci rivisitano il mondo criminale creato dal grande Fernando Di Leo con un sequel-omaggio davvero sentito ma forse poco d’impatto. Ritrovando situazioni simili nonché alcuni dei personaggi dell'opera originale, Calibro 9 non riesce totalmente a rievocare la grinta che fece la fortuna del nostrano genere poliziottesco anni '70, eppure rimane un film di gran cuore, pieno di punti deboli ma al quale è difficile voler male.

5.5

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