Brutti e Cattivi, la recensione del film con Claudio Santamaria

Claudio Santamaria è protagonista di un inno vacuo e irritante al cattivo gusto, un pezzo di cinema che aspira al trash volontario ma lo sfiora appena.

Brutti e Cattivi, la recensione del film con Claudio Santamaria
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La mancanza di sottigliezza nell'approccio che Brutti e Cattivi ha nei confronti del cinema di genere è evidente già solo nel poster, dove Claudio Santamaria sfoggia in primo piano, sul braccio destro, un tatuaggio enorme con la scritta "Magna Fregna". Una provocazione deliziosamente "tamarra" che trova il suo corrispettivo sullo schermo nei primissimi minuti del film di Cosimo Gomez, dove sempre Santamaria, nei panni del "Papero" (fenomeno da baraccone nato senza gambe), racconta le proprie imprese sessuali precisando che "quello che Dio mi ha tolto me l'ha messo da un'altra parte". Lui è al centro di uno strambo gruppo di rapinatori improvvisati, i cui altri membri sono sua moglie Ballerina (Sara Serraiocco), priva di braccia, un tossico noto semplicemente come "il Merda" (Marco D'Amore) e il nano rapper Plissé (Simoncino Martucci), che nei propri video si autoproclama "re del mulinello". Insomma, un quartetto di freaks in compagnia dei quali è lecito aspettarsi situazioni politicamente scorrette al massimo, in nome di un intreccio che vuole mettere alla berlina le convenzioni di film come Ocean's Eleven (o, pensando alla produzione nostrana, I soliti ignoti). Un intento più che nobile, soprattutto nel contesto di un cinema italiano desideroso di rompere gli schemi, ma che in questo caso specifico rimane costantemente in superficie, provocando senza mai veramente divertire o emozionare.

La rapina imperfetta

Scelto come leader di una squadra volutamente bislacca, Santamaria sfrutta il proprio fascino romanaccio per farci entrare in un mondo squallido, quasi del tutto privo di morale, dove la bruttezza, estetica e interiore, regna sovrana. Ma al di là di un'occasionale battuta ben piazzata, la bruttezza in questione rimane un mero esercizio di stile, un monumento al bad taste che si limita a mettere in scena un cliché dietro l'altro, condendoli con espressioni colorite ed eccessi visivi che non elevano mai il racconto oltre una struttura di base, che ha anche il difetto di giocare con la cronologia in un modo che sacrifica l'unico vero punto di forza del film: le interpretazioni degli attori. Tra di loro c'è un'alchimia personale alla ricerca disperata del veicolo giusto per bucare lo schermo, e il trash studiato a tavolino di Brutti e Cattivi non rientra in tale categoria. Il potenziale evidentemente c'era, come dimostra la vittoria del Premio Solinas per la sceneggiatura, ma nonostante tale riconoscimento e la selezione nel concorso Orizzonti della 74. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia c'è ben poco da raccomandare in questo esordio registico, dove le poche intuizioni sincere annegano in un mare di cinismo che giudica e mette alla berlina gli stessi reietti che vorrebbe trasformare in simpatici (anti)eroi.

Brutti e Cattivi Cosimo Gomez esordisce dietro la macchina da presa con una commedia che insegue il politicamente scorretto in modo superficiale e per lo più irritante, sprecando un buon gruppo di interpreti (Claudio Santamaria in primis) in nome di una provocazione trash che non va mai al di là degli elementi di base.

5

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