Breeder: la recensione del feroce horror danese

Dalla Danimarca arriva un horror feroce, disgustoso e repellente, assolutamente sconsigliato a chi soffre di disturbi di stomaco.

Breeder: la recensione del feroce horror danese
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La sezione collaterale del Torino Film Festival 38 denominata Le Stanze di Rol, in onore del visionario pittore torinese Gustavo Adolfo Rol, si sta dimostrando la proposta più viva ed elettrizzante dell'intera rassegna (basti pensare all'horror The Dark and The Wicked e al trip psichedelico di Fried Barry) e l'opera di cui parleremo oggi - Breeder di Jens Dahl - arriva a imporsi come ennesima conferma.
Del tutto libero per come va a muoversi tra la fantascienza, il prison movie, il body horror e il torture-porn, sperimentando le potenzialità di tutti loro con incroci e svolte sia improbabili che avvincenti (oltre che davvero davvero rivoltanti e da evitare a stomaco pieno), questa scoperta danese inquietantemente puntuale (si parla di case farmaceutiche e miracolosi farmaci) distorce generi e situazioni alla ricerca di immagini dal forte impatto e le trova sempre, infettando la "quarta parete".
Non si parla mai in camera ma allo spettatore si arriva ugualmente (anche se al momento non c'è una data di uscita italiana), e col doppio della forza come solo i film più impressionanti sanno fare.

Modificazioni di DNA

La trama è semplicissima, quasi un pretesto: c'è una donna inappagata a livello sessuale e non solo che trova letteralmente più piacere col suo cavallo che col suo uomo, troppo impegnato a stare dietro a una tribolata collaborazione con una rinomata casa farmaceutica. L'azienda, che si sta facendo conoscere per degli integratori potenzialmente in grado di allungare la vita, è gestita da una donna ambiziosa e spietata che segretamente sta selezionando (con la forza, arrivando a rapirle) delle giovani donne da inserire in un progetto sperimentale di bio-hacking.
L'obiettivo, attraverso la modificazione del DNA, è quello di trovare il modo di offrire ai propri clienti la possibilità di fermare il loro naturale processo d'invecchiamento.
La protagonista Mia rimarrà suo malgrado coinvolta in questi loschi traffici, che le apriranno gli occhi su una specie di perversa "fabbrica di esseri umani".

Forse sarebbe meglio dire stalla, per la (neanche tanto) sottile maniera che ha il regista Jens Dahl di tracciare un parallelismo tanto brutale quanto tragico fra il bestiame e le donne vittima del suo film: prese nella notte, raggruppate, spostate di cella in cella alla bisogna, marchiate con ferri incandescenti, rinchiuse nei magazzini e sorvegliate da mandriani dominanti spietati.
Non a caso - dicevamo prima - una delle scene più intime dedicate alla protagonista la vede auto-appagarsi con i propri stivali da cavallerizza (il metallo che tempesta la carne e le dà piacere sembra quasi un'idea scartata da Crash e infatti ci saranno carezze e baci a lividi viola e cicatrici deturpanti), e del resto è in sella al suo cavallo che ce la presenta il film nell'unica sequenza di pace e serenità: quella d'apertura.

È un film a dir poco estremo Breeder, quel tipo che potrebbe ricondurci con la memoria a Martyrs di Pascal Laugier ma allo stesso tempo privo di qualsiasi patina moralista: ricorda davvero tanto Hostel o i lavori di Cronenberg, quel tipo di cinema cioè che ha tantissime cose da dire su un determinato argomento senza mai arrivare a sbattere le proprie argomentazioni in faccia allo spettatore, che per la maggior parte del tempo non sa se avanzare nel film eccitato o disgustato tante sono le pulsioni messe in scena, tanti sono gli orrori rivolti ai personaggi e i dettagli inflitti a chi guarda.
Un cinema difficile da seguire fino in fondo, difficile da vendere al grande pubblico (soprattutto oggi) e ancor più difficile da fare, che non ha dei veri vincitori ma che quando si conclude lascia un grande senso di sollievo.

Breeder Dalla Danimarca arriva un thriller/horror violentissimo e politicamente scorretto che mescola attraverso immagini raccapriccianti e dense di altri significati tantissimi generi diversi, dalla fantascienza al torture porn, dal prison-moovie al body horror. Evidentemente ispirato a titoli come Hostel e Martyrs e in larga parte al cinema da Eros e Thanatos à la David Cronenberg (con un grande e sottile riferimento al capolavoro Crash), Breeder fa della sua storia semplicissima e simbolica una valvola di sfogo per scioccare lo spettatore a livello visivo... e “purtroppo” ci riesce continuamente.

8.5

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