Recensione Born to Raise Hell

In Born to raise hell Steven Seagal è un agente speciale della narcotici in trasferta in Romania per vendicare la morte di un collega e sgominare una banda di spietati boss della droga.

Recensione Born to Raise Hell
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Nella sua carriera, soprattutto straight to video, Steven Seagal ha offerto la possibilità a diversi mestieranti di firmare la loro opera prima. Nel caso di Born to raise hell, film per il mercato casalingo datato 2010, l'ormai corpulento interprete ha curato anche il soggetto dell'esordio dietro la macchina da presa dello stuntman Lauro Chartrand (ha lavorato nel settore in quasi 250 produzioni ad oggi, tra le quali L'ultimo samurai e i la saga degli X-men). Come spesso accade ultimamente nel genere dei b-movie, l'ambientazione scelta è quella dell'Est-Europa, più economica nell'impiego di maestranze e con diverse convenzioni fiscali atte ad incentivare riprese hollywoodiane. In quest'occasione siamo in Romania, alle prese con una storia di vendetta che ripercorre i classici leitmotiv narrativi della carriera filmica del maestro di aikido.

Il nemico del mio nemico è mio amico

Dopo l'11 settembre 2001, gli Stati Uniti hanno compreso come il traffico di droga sia uno degli introiti maggiori per il finanziamento di cellule terroristiche. Per questo è stata creata l'International Drug Task Force (IDTF), una sezione che opera tra Asia ed Europa dell'Est. Bobby Samuel, il cui partner è stato ucciso sei mesi prima, ha il suo quartier generale a Bucarest e si trova nel bel mezzo di un'indagine atta a catturare il pericoloso e spietato criminale gitano Costel. Quest'ultimo ha un accordo col trafficante di droga russo Dmitri, ignaro però dei suoi metodi brutali e violenti. E quando tra i due si scatena una guerra senza esclusione di colpi, Samuel dovrà scegliere da che parte stare per ottenere la sua personale vendetta.

Poco da salvare

Narrativamente non è neanche così scontato, con l'inaspettata alleanza tra il protagonista ed uno dei due villain, a loro modo entrambi uomini d'onore. Born to raise hell mette però in mostra tutti i limiti registici di Chartrand, davvero a poco agio nelle sequenze d'azione che avrebbero dovuto, per esperienza personale, essergli più consone. Ralenty e fermo immagine si sprecano nelle frequenti sparatorie e sono giustificati solo in parte nelle scene di combattimento a mani nude, nelle quali Seagal è ormai sempre più immobile. Bucarest, sfruttata poco e male, è ripresa soprattutto in interni e in sequenze notturne che, per quanto possibile, nascondono almeno in parte i limiti tecnici di un'operazione stilisticamente povera e che, da quanto visibile su schermo, non giustifica assolutamente il budget stimato di 10 milioni di dollari. Tortuga (il soprannome di Seagal dopo il suo "ingrassamento") offre la sua classica performance monocorde (da denuncia la pseudo platonica scena di sesso con la giovane compagna) in un cast che, tolte le belle ragazze spesso ignude e la discreta prova del "russo" Dan Badarau (attore in realtà rumeno), è sotto i limiti della decenza.

Born to Raise Hell Violento action/b-movie ad ambientazione rumena, Born to raise hell è l'ennesimo straight to video dell'imbolsito Steven Seagal, per l'occasione diretto dallo stuntman, esordiente dietro la macchina da presa, Lauro Chartrand. Un film che segue le linee guida della classica vendetta senza esclusione di colpi che, tolta un'insospettabile alleanza, ci accompagna nelle notti di Bucarest tra night-club e numerose sparatorie, prive di un qualsiasi senso di pathos e coinvolgimento emotivo, con un finale che più "telefonato" non si può.

4

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