Border, la recensione del fantasy svedese premiato a Cannes

Da un racconto di John Ajvide Lindqvist, un film strambo e toccante, vincitore del premio principale nella sezione Un Certain Regard a Cannes.

Border, la recensione del fantasy svedese premiato a Cannes
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Sono passati dieci anni dall'uscita di Lasciami entrare, il dramma horror svedese che lanciò il regista Tomas Alfredson a livello internazionale (vedi alle voci La talpa e L'uomo di neve) e regalò agli appassionati di genere una storia di vampiri "tradizionali", antidoto ideale al successo mainstream della rilettura adolescenziale di Twilight. Alla base del rapporto tenero ma inquietante tra il giovane Oskar e la vampira Eli c'era l'omonimo romanzo di John Ajvide Lindqvist, che ha adattato la propria prosa per lo schermo e ha continuato a esplorare tematiche legate al fantastico in altri libri come L'estate dei morti viventi (2005) e Il porto degli spiriti (2010), anch'essi con adattamenti cinematografici in lavorazione. Nell'attesa, lo scrittore, considerato da alcuni l'equivalente scandinavo di Stephen King, ha lavorato insieme al regista Ali Abbasi, già autore dell'horror Shelley, alla trasposizione del racconto Border (Gräns in originale), presentato all'edizione 2018 del Festival di Cannes dove ha trionfato nella sezione competitiva Un Certain Regard.

Misteri doganali

La protagonista è una certa Tina (Eva Melander, vista in The Bridge), che lavora come agente doganale all'arrivo di Viking Line, il ferry che va tra Finlandia e Svezia. La donna, dall'aspetto non convenzionale, è anche dotata di un olfatto sopraffino abbinato a una sorta di sesto senso che le consente di identificare senza errori le persone che hanno qualcosa da nascondere (principalmente i minorenni che comprano alcolici di nascosto). La sua vita quotidiana è scombussolata quando dalla Finlandia arriva un tale Vore (Eero Milonoff), fisicamente simile a lei e coinvolto in attività misteriose. Un altro visitatore con un segreto losco dà il via a un'indagine che mette in evidenza un complotto a dir poco sinistro e disumano e porta Tina a interrogarsi su tutto ciò che credeva di sapere sul mondo e sulla propria vita, i cui retroscena sono parzialmente legati alla venuta di Vore...

Creature nei boschi


Come in Lasciami entrare, l'elemento soprannaturale è suggerito e poi gradualmente integrato nella narrazione, rimanendo sul confine tra verosimile e irreale per tutta la durata del film, creando un clima quasi fiabesco ma con tinte molto più forti, quasi horror, basate sul folklore nordico e mescolate con una riflessione ironica ma anche amara sul rapporto tra Svezia e Finlandia. E come nel film precedente, seppure in modo diverso, viene tirata in ballo la pedofilia, piaga ricorrente nelle storie più nere partorite nel panorama letterario scandinavo, dando vita a una meditazione stratificata e toccante sulla distinzione tra bene e male e sulla vera natura dei mostri che si celano in mezzo a noi. In questo caso però l'operazione è un po' più "sporca", senza l'eleganza di scrittura e messa in scena che contraddistingueva il predecessore, forse anche a causa delle modifiche necessarie per trasformare un racconto breve in un lungometraggio di 100 minuti, ma rimane quella grazia sottile tipica dell'opera di Lindqvist, unita ad alcune delle immagini più insolitamente memorabili viste in un film di genere nordico negli ultimi tempi.

Border John Ajvide Lindqvist, sceneggiatore insieme al regista Ali Abbasi, torna a raccontare storie di ordinaria crudeltà con elementi di genere (in questo caso fantastico con tinte vagamente horror). L'idea dei confini, dei rapporti tra due nazioni e di ciò che rende qualcuno un mostro è esplorata con humour e un gusto per la stramberia, con varie sequenze di culto e una magnifica doppia performance centrale a opera della svedese Eva Melander e del finlandese Eero Milonoff.

8

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