Recensione Bolgia totale

Matteo Scifoni esordisce nella regia del lungometraggio con un noir d'ambientazione romana ricco di omaggi ai gangster movie a stelle e strisce circolati nella prima metà degli anni Novanta.

Recensione Bolgia totale
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Il mai disprezzabile Giorgio Colangeli concede anima e corpo al non più giovane ispettore Quinto Cruciani, quasi un discendente dell'Harvey Keitel de Il cattivo tenente (1992) ferrariano a causa del suo debole nei confronti di alcool e sostanze stupefacenti e che, lasciatosi scappare il giovane spacciatore psicopatico Michele Loi, appena arrestato nel corso di una delicata operazione anti-droga in cui è stato inserito a forza, viene incaricato dal capo Bonanza alias Gianmarco Tognazzi di ritrovarlo entro tre giorni, in maniera tale che eviti la sospensione.
Giovane spacciatore psicopatico manifestante le fattezze del bravo Domenico Diele di ACAB - All Cops Are Bastards (2012) e che, ricercato anche dal suo ex socio in affari, non risparmia atti di violenza e linguaggio sboccato fin dai primissimi minuti del lungometraggio d'esordio di Matteo Scifoni, il quale spiega:"Bolgia totale è una storia volutamente semplice ed essenziale, con toni che vanno dal tragicomico al picaresco al malinconico. L'intenzione, mentre scrivevo il film e poi lo giravo, era quella di rielaborare in modo personale tutto un immaginario filmico e letterario, quello appunto della ‘crime fiction', attingendo a piene mani dai poliziotteschi che riempivano le sale dell'Italia degli anni Settanta".

Roma spacciata

Anche se, in realtà, al di là dell'ambientazione nella periferia romana e di qualche nome sparso (abbiamo un Giovanni Pazzafini in chiaro omaggio al Nello Pazzafini di Un poliziotto scomodo e Assassinio sul Tevere), siamo tutt'altro che dalle parti dell'action movie da giungla d'asfalto che diede notorietà ai vari Maurizio Merli e Luc Merenda, in quanto è principalmente su un plot da dialogato noir poco propenso al facile intrattenimento da inseguimenti automobilistici e pallottole volanti quello messo in piedi nella oltre ora e mezza di visione.
Un noir che guarda soprattutto a modelli d'oltreoceano risalenti all'inizio degli anni Novanta, tanto da apparire quasi in qualità di rifacimento tricolore e non dichiarato di Miami blues (1990) di George Armitage; pur citando esplicitamente Una vita al massimo (1993) di Tony Scott nei momenti in cui, come il Christian Slater che lì immaginava di parlare con Elvis Presley, Loi - amante de Il buono, il brutto, il cattivo (1966) di Sergio Leone - improvvisa dialoghi in compagnia di un eroe western che potrebbe essere Clint Eastwood, Gianni Garko o Anthony Steffen.
Un noir a tratti a rischio fiacchezza, ma che, con Ivan"Noi4"Franek e Luca"Sbirri"Angeletti coinvolti in ruoli di molto poco raccomandabili individui e la Xhilda Lapardhaja di Ho voglia di te (2007) in quello della muta Zoe, insieme alla quale Diele tenta di organizzare una fuga in Portorico alla ricerca di una vita onesta, sfoggia una regia decisamente lodevole.
Oltretutto impreziosita dalla avvolgente, cupa atmosfera garantita dalla ricchezza di contrasti dispensati dalla fotografia per mano di Ferran Paredes.

Bolgia totale Con lo Stefano Fresi di Smetto quando voglio (2014) coinvolto sia in una breve apparizione all'interno di uno sfasciacarrozze che in qualità di autore della colonna sonora, Bolgia totale rappresenta il lungometraggio d’esordio del romano Matteo Scifoni, proveniente dall'universo degli short e che intende omaggiare il poliziottesco italiano degli anni Settanta e il noir. Ma, tra plot che richiama alla memoria quello di Miami blues (1990) ed evidenti rimandi a Il cattivo tenente (1992) e Una vita al massimo (1993), è soprattutto il secondo dei due filoni ad apparire maggiormente influente. Nel corso di un insieme che avanza a tratti con eccessiva lentezza, ma tutt'altro che sciatto per quanto riguarda la regia e impreziosito dal buon lavoro svolto dal cast e dal direttore della fotografia.

6

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