Abby è nata e cresciuta sulle sponde del mare e fin da quando era soltanto una bambina si è appassionata alle immersioni, passione coltivata con la madre Dora, convinta ambientalista che da tempo sta lottando contro la speculazione e la pesca selvaggia che rischiano di provocare un danno ecologico insanabile alla zona costiera dove vivono. In Blueback la protagonista stringe un legame di profonda amicizia con una cernia, da lei adottata e battezzata per l'appunto con il nome di Blueback. Anni dopo scopre come l'animale appartenga a una specie in via d'estinzione, proprio per via della presenza dei bracconieri che sempre più numerosi infestano quelle acque. Quando la barriera corallina viene dragata per motivi ed interessi politici ed economici, la vita della fauna è in serio pericolo e Abby e sua madre dovranno lottare con tutte le loro forze per proteggere quella natura che così profondamente amano. A proposito di storie ambientate nei fondali, avete già letto la nostra recensione del live-action de La Sirenetta?
Blueback: un mare da salvare
Una favola ambientalista che si distacca però dal tono cartoonesco dei vari Flipper & affini, dando vita ad una storia sì leggera ma non priva di squarci più (melo)drammatici e relativamente verosimile nelle sue dinamiche chiave, con lo stesso legame tra Abby e il pesce che dà il titolo al film che non si tinge di eccessive note melanconiche, per quanto comunque spruzzato da sussulti vagamente fiabeschi a voler sottolineare il preponderante messaggio ambientalista al centro dell'operazione.

Blueback parte nel presente e ci accompagna a ritroso nel passato, con i numerosi flashback che si alternano all'oggi narrativo e ci permettono di scoprire a piccoli passi la turbolenta sfera privata della protagonista, interpretata nella versione più adulta da Mia Wasikowska e in quelle più giovani da Ilsa Fogg (adolescente) e Ariel Donoghue (bambina). Un percorso a ritroso che permette di gestire con una certa agevolezza le varie rivelazioni / colpi di scena, e di svelare passo dopo passo la solidità di quel legame ora burrascoso tra la ragazza e la madre Dora (rispettivamente interpretata da Radha Mitchell e Liz Alexander nelle fasi a cavallo del tempo).
Più acqua che fuoco
Peccato che oltre al cuore e al messaggio ambientalista, sempre condivisibile e come già detto messo in atto senza eccessi di stucchevole retorica, il tutto si esaurisca troppo sbrigatamente.
Resta infatti il suggestivo scorcio paesaggistico, con le riprese sott'acqua che regalano momenti evocativi, e poco altro, con una sceneggiatura che finisce per non trovare sempre una propria quadra nella gestione del contorno, tra villain fugaci quando non addirittura evanescenti e figure secondarie mal sfruttate, su tutte il mentore di Eric Bana che figura anche come produttore.
Allo stesso modo il tema della malattia della madre, vittima di un ictus e non più capace di proferire parola, si affida a soluzioni stereotipate e retoriche, come in quel finale sì piacevolmente catartico ma non certo originale nella sua ricerca di facili emozioni. La crescita di Abby, con il tempo che passa e noi che assistiamo allo scorrere della sua vita come passivi spettatori, manca di quei reali step per renderla viva e credibile e non soltanto mezzo per incarnare un ideale.
Per altre uscite al cinema, leggete il nostro speciale sui film in sale a giugno 2023.