Jill Adams è appena andata a prendere i propri figli, l'adolescente Noah e la piccola Matilda, che si trovavano sotto custodia della nonna. Durante il tragitto in macchina il mezzo è vittima di un incidente e finisce nel vicino lago.
Jill e Noah emergono dalle acque, per scoprire che Matilda è stata oggetto di rianimazione da parte di un poliziotto locale. Questi informa la famiglia che l'intero sistema elettrico è collassato e che anche le macchine hanno smesso di funzionare improvvisamente.
Nelle ore successive la situazione resta immutata e si aggiunge un'altra dinamica del tutto inaspettata: nessuno infatti riesce più a prendere sonno. Un evento globale al quale sembrano immuni soltanto certi individui: tra questi vi è proprio Matilda, capace ancora di dormire.
Mentre il caos e l'anarchia si diffondono per le strade, Jill scopre l'esistenza di un luogo gestito dai militari dove vengono compiuti studi su coloro che non soffrono di tale patologia. Avrà inizio un lungo viaggio, anche tramite veicoli che non usano elettricità, per raggiungere il presunto Eden ma la privazione di sonno inizia a farsi sentire sempre di più per Jill e Noah.
Una meta ignota
Difficile trovare un senso logico a quanto accade nell'ora e mezza di visione di Awake, nuovo originale Netflix appena sbarcato nel catalogo della popolare piattaforma. Fin dall'inizio, con la protagonista che compie delle scorrettezze nei confronti della propria compagnia per saldare dei debiti con degli spacciatori di droga, capiamo che Jill non è proprio il massimo della simpatia.
Ma questo è un dettaglio di poco conto rispetto agli errori di una sceneggiatura che spiega poco o nulla e si risolve in un epilogo che rasenta i limiti dell'assurdo: pur suggerita da uno degli eventi in apertura, la soluzione finale è incomprensibile e fastidiosa.
Pare che il regista e co-sceneggiatore Mark Raso, autore del più che valido dramma padre-figlio Kodachrome (2017), abbia preso il primo espediente che gli è capitato sotto mano e poco abbia pensato alle richieste dello spettatore, che rimarrà probabilmente sfiancato e deluso dalla mancanza di risposte.
Il percorso on the road compiuto dai personaggi è privo di pathos, per via di situazioni viste e riviste e risvolti altrettanto improbabili, come il provvidenziale intervento di un evaso afroamericano in uno degli istanti di maggior pericolo.
Momenti d'orrore
Qualche passaggio suggestivo dal punto di vista stilistico vi è anche, ma è surclassato da momenti spesso involontariamente ridicoli che arrivano anche a citare l'universo degli zombie-movie. Una scena a dir poco gratuita che toglie ulteriore credibilità a una storia già inverosimile.
Nell'ultimo terzo ha luogo una svolta action all'interno del laboratorio segreto, dove per via di un colpo di scena alquanto prevedibile si spazia anche su territori maggiormente horror. Dal punto di vista della tensione psicologica cambia poco e nulla, dato il caos che ben presto domina lo schermo e lo scarso carisma delle figure in gioco.
Sia buoni che cattivi sono infatti privi di qualsiasi fascino: i secondi è come se non esistessero, con un unico personaggio femminile a giocare il ruolo di pseudo-villain, mentre i primi sono talmente anonimi e inespressivi da lasciare senza parole. Gina Rodriguez, star della serie Jane the Virgin, non ha assolutamente il physique du rôle per una parte di questo tipo.