Avengers: Endgame, la recensione: il viaggio di una vita

Derivativa ma anche seminale, diversa eppure familiare, soprattutto spettacolare ed emozionante: la Fine dei Giochi è qui per lasciarvi senza fiato!

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In uno schiocco di dita, Thanos (Josh Brolin) ha decimato l'esistenza dell'Universo. Gli Avengers sopravvissuti sono tutti sulla Terra, 23 giorni dopo il catastrofico evento, tranne Tony Stark (Robert Downey Jr) e Nebula (Karen Gillan), bloccati nello spazio profondo, in una forzata convivenza sulla Milano. Intere galassie sono nel caos, con Captain Marvel (Brie Larson) che tenta come può di adempiere ai suoi doveri di protettrice, mentre da noi Captain America (Chris Evans), Vedova Nera (Scarlett Johansson) e gli altri vendicatori si rimboccano le maniche e gli animi per rintracciare il Titano Folle e chissà, avere una seconda occasione.
L'Universo Cinematografico Marvel che ci si palesa davanti agli occhi all'inizio di Avengers: Endgame è un concentrato attivo di dramma e rammarico, spolverato di tanto in tanto dalla solita, apprezzabile ironia, la stessa che permea costante l'intera impalcatura del MCU, costruito su una precisa formula che ormai abbiamo imparato tutti ad amare e conoscere.
I fratelli Russo ci tengono però a dire qualcosa nel loro crescente e magistrale incipit: la Fine dei Giochi è iniziata e nessuno di noi è stato mai realmente preparato per questo costante e cangiante concatenarsi di eventi che il capitolo conclusivo dell'Infinity Saga è pronto oggi a regalarci.

Tre film in uno

Prendete ogni vostra conoscenza dei film dell'Universo Condiviso e mettetela da parte, perché Endgame è a suo modo inclassificabile. Sapevamo che i Russo volevano dare uno scossone finale al primo grande macro-arco del MCU, a questi undici anni di produzioni cinematografiche che tanto sono comunque cambiate nel corso del tempo, eppure qui siamo di fronte a qualcosa di completamente derivativo e in qualche modo seminale.
La derivazione, per chiarezza, risiede esplicitamente nel secondo e più sostanzioso atto, almeno in termini di progresso della storia: ci sono dei particolari impossibili da anticipare che però fanno capo a un genere esatto, più e più volte approfondito e sondato. I supereroi Marvel sono adesso i primi a sconfinare in questo territorio finora inesplorato nel settore cinecomic, e lo fanno alla grande, sfruttando citazioni su citazioni e una buona dose di sarcasmo per tirarsi fuori dai guai. Gli sceneggiatori Christopher Markus e Stephen McFeely prendono diversi concetti legati a molteplici logiche di pensiero (e anche a tanti film indimenticabili) e li condensano insieme, fino a creare qualcosa di unico e sorprendentemente legato a doppia corda a ogni tassello finora posato del grande puzzle MCU.

Ecco perché Avengers: Endgame è anche seminale: a differenza di molti altri film dell'Universo Marvel e persino dei tre capitoli precedenti dei Vendicatori, questo clamoroso, inventivo, sofisticato giocattolone cinematografico non sarebbe mai potuto esistere senza guardare indietro e nel dettaglio al passato. In questo, il lavoro dei Russo vuole anche divertire e divertirsi con il pubblico con una sontuosa trama metatestuale, che soltanto i più affezionati ed esperti sapranno realmente districare fino alla fine, andando a cogliere tutti i riferimenti possibili a progetti minori o persino dimenticati, a volti un tempo meno attempati e a tutta una serie di divertissement dei registi e degli scrittori, palesemente settati in "modalità senza freni".

Endgame è comunque un film dedicato alla famiglia e impostato sul coraggio della scelta, specie se si tratta di sacrificio e si fa riferimento all'epica, che viaggia spedita nelle arterie produttive, tematiche e formali di tutto il lungometraggio, che in realtà è tre prodotti in uno, sapientemente dosati: una parte thriller sci-fi, un'altra heist movie e un'ultima prepotentemente action. La venatura dominante è in verità la prima (come è poi stata sempre nei titoli del franchise), anche se la maggior parte del tempo la passiamo ad ammirare la creazione e l'attuazione del grande piano dei Vendicatori - che pure è molto focalizzato sui personaggi e non sul piano in sé.

Protagonisti incastonati

Avengers: Endgame è un titolo che vive attraverso i suoi interpreti e nasce per valorizzarli sopra ogni cosa, si tratti dell'intrattenimento o della spettacolarità. A spiccare su tutto sono le loro dinamiche, le loro idiosincrasie, le loro emozioni, e i Russo non hanno paura di estremizzarne ancora di più gli eccessi, arrivando insieme agli sceneggiatori a snaturare uno di loro, scelta assolutamente inaspettata tanto nello spirito quanto nel fisico. Particolare che potrebbe non andare giù a diversi appassionati - e lo diciamo con cognizione di causa -, ma che ai fini concettuali e di evoluzione del personaggio non solo è estremamente coerente, ma raggiunge delle vette di assoluta genialità guardando al cinema dei fratelli Coen e ad atmosfere brille e rarefatte, senza mai spingersi troppo oltre.

È poi nella scelta dei rapporti da approfondire che il film si rivela ancora più interessante, perché la gestione delle relazioni tra i vari protagonisti è uno degli elementi vincenti del progetto, tanto in termini di scrittura che di recitazione. Se finora pensavate che Robert Downey Jr, Chris Evans o Scarlett Johansson (per citarne tre tra i più sorprendenti qui) fossero bravi, in Endgame vi ritroverete a guardarli con occhi ancora più carichi di commozione e affetto, riscoprendoli addirittura grandi, forti un'espressività e un'incisività spesso disarmanti.

Come preventivato, la Trinità Marvel ricopre un ruolo essenziale e drastico, ma spazio entusiasmante e toccante viene anche regalato - giustamente - al bentrovato Occhio di Falco, con un Jeremy Renner eccezionale e protagonista di alcune delle più belle scene d'azione del film.

Corretto e inquadrato è ancora il ruolo di Thanos all'interno del racconto, che qui muta drasticamente divenendo villain tout-court, senza neanche quella verve da anti-eroe che tanto ne aveva fatto apprezzare la psicologia caratteriale nel corso di Infinity War. Resta un tiranno idealista ma il punto di vista non è più il suo, quello della morte, perché a trionfare in Endgame è la vita: lei al centro della storia, lei musa da richiamare, lei pomo da reclamare. E i Vendicatori sono i suoi discepoli, pronti a tutto pur di cancellare gli effetti della Decimazione del Titano Folle.

Una lettera d'amore

Il dramma è parte costante di Endgame: lo vive e lo respira, lo integra e lo piega al suo volere. È l'esatto continuo del marcato lavoro drammaturgico iniziato con Infinity War, che qui raggiunge le sue estreme conclusioni con la forza dirompente ed emotiva che soltanto un film evento come questo può avere. E lo fa tanto nella parte heist movie, con diverse trovate riuscite, quanto soprattutto nell'eccezionale showdown finale, che copre parte importante del minutaggio per raccontare il clangore dei colpi d'arma bianca e il fragore degli scontri corpo a corpo.

Non c'è davvero storia: nel genere, la resa dei conti "combattuta" in Endgame è uno spettacolo mastodontico ed epico, un instant cult ricco di scene memorabili, diretto in modo chiaro e intelligente dai Russo ed esplicitamente creato per essere uno "show" capace di risucchiare l'attenzione dello spettatore. Si ride e ci si commuove, guardando un qualcosa di tanto eccezionale in atto, una risoluzione a lungo attesa, finalmente pronta a strapparci grida d'entusiasmo mentre infilza con artigli affilati i nostri cuori.

Avengers: Endgame è una di quelle lettere d'amore che fanno bene mentre fanno male. Di quelle che non si vorrebbe mai smettere di leggere e che sorprende a ogni verso; di quelle che sanno regalare un'emozione diversa parola dopo parola. Una di quelle composizioni scritte con l'anima, quasi fosse un flusso di coscienza, che vuole essere libero di esprimersi come meglio crede soltanto per essere certo di arrivare a destinazione. Allora cambia continuamente per assicurarsi attenzione e soprattutto affetto, mirando alle lacrime di qualsiasi tipo, gioia o dolore, risata o commozione, ma sempre con una sincerità e un amore tale da essere opera unica e irripetibile, da riporre in qualche strato interno dello spirito e proteggere con cura negli anni a venire.

Avengers: Endgame Avengers: Endgame è il viaggio di una vita: una crociata per l'esistenza che grida epos dall'inizio alla fine, prende coscienza di ciò che è stato e dona significato all'intero MCU, sconfinando nel metatestuale e nel metacinematografico. Un film mutaforma, che evolve, cresce, e sa quando prendersi i suoi momenti, accelerare o rallentare per gestire al meglio il ritmo di una lunga e sparpagliata narrazione. Vive dei suoi istanti e dei suoi personaggi, si nutre di ogni loro dinamica, di ogni loro emozione, per implodere nel drammatico, rilassarsi nella commedia ed esplodere in uno showdown definitivo, uno di quegli eventi cinematografici irripetibili, ineluttabili, contro i quali non si può lottare, che cercano la resa dei sensi, della mente e del cuore all'inevitabile: lo stupore. Alla fine è proprio questo che fa Endgame: stupisce e incalza, diverte e appassiona, trovando nella volontà di chiudere un'era il suo stesso significato, la sua vocazione e la sua totale e inappellabile consacrazione.

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