Avatar, la recensione del blockbuster firmato James Cameron

In anteprima assoluta la recensione del film più atteso dell'anno, Avatar di James Cameron.

Avatar, la recensione del blockbuster firmato James Cameron
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Introduzione a cura di Andrea Bedeschi, direttore editoriale Movieye.it

Avatar è una delle pellicole più attese dai nostri lettori.
Lo testimoniano le migliaia d'impression per ogni singola notizia dedicata al film, l'interesse della discussione all'interno del nostro forum, il grande feedback avuto dal nostro pezzo post-sneak preview di settembre.
Ma anche all'interno della redazione di Movieye, Avatar sta creando un gran subbuglio: alcuni lo attendono messianicamente, altri, come il sottoscritto, sospendono il giudizio fino ad avvenuta visione.
Ciò nonostante, abbiamo deciso di fare le cose in grande per voi.
Il nostro Nicolò Carboni, in trasferta berlinese, ha avuto la possibilità di gustarsi il film
"nel migliore dei modi possibili" (chiediamo scusa a Gottfried Leibniz per la parafrasi), ovvero in 3D Imax.
Ed è come conseguenza di ciò che vi offriamo la prima recensione italiana del film. Ma il nostro coverage di Avatar non terminerà qui.
Perchè sappiamo quanto intenso sia il vostro interesse.
E per noi è fondamentale venire incontro al nostro affezionato pubblico.
Quindi, fra pochi minuti, potrete trovare un altro contributo sul film, questa volta ad opera di una nostra lettrice residente a Londra che ci ha contattato desiderosa di dire la sua. Poi, dopo l'anteprima stampa italiana del film, pubblicheremo uno speciale su James Cameron e, una volta che il film sarà uscito nelle sale, pubblicheremo una terza recensione, ad opera del sottoscritto. Positiva? Negativa? Questo ancora non è possibile saperlo. Quello che vogliamo, è offrirvi un panorama critico quanto più completo possibile su un film che sta già facendo la storia del cinema. Ma nel frattempo, gustatevi la prima recensione italiana del film. Ovviamente, su Movieye.

Attenzione Spoiler! La recensione rivela alcuni dettagli sulla trama!

Il cinema vive di sogni. Dai fratelli Lumiere in poi, generazioni e generazioni di cineasti hanno spinto al limite l'arte e la tecnica, confrontandosi con sfide ai limiti dell'impossibile, dai kolossal di de Mille all'ossessione estetica del cinema orientale, i film hanno sempre dovuto fare i conti con una doppia anima, da una parte la loro componente istintiva, scaturita dal genio del regista e degli interpreti, dall'altra il lavoro di centinaia di tecnici, ingegneri e professionisti che con la loro competenza prendono "la materia con cui sono fatti i sogni" e la portano su una pellicola. Dal Nitrato d'Argento al digitale molte cose sono cambiate, ma non questo indissolubile legame fra cuore e ragione, fra ricerca e progresso, ottimismo e razionalità.Fra i registi contemporanei nessuno rappresenta questa schizofrenia meglio di James Cameron, formatosi come fisico teorico, ha lavorato come tecnico degli effetti speciali e, prima di arrivare al lungometraggio (con la stordente distopia di Terminator, preceduta dal cormaniano Piraña paura), si è dedicato alla sperimentazione delle più innovative tecniche di ripresa e post produzione. Sempre alla ricerca di una nuova "pietra miliare", Cameron, nel corso degli anni, ha inanellato una serie incredibile di record, dirigendo il secondo Alien e bissando tutti i record di incassi con T2 - Il giorno del giudizio, fino al 1998, quando il suo Titanic approda sugli schermi di mezzo mondo, portando a casa undici premi Oscar (rimanendo tutt'ora imbattuto, se si esclude la trilogia completa de Il Signore degli Anelli) e stabilendo un primato assoluto di incassi che non è ancora stato sfiorato da nessun altro film. Noto per il suo gigantismo e la tendenza a sforare brutalmente i budget concessi dalle Major, Cameron, negli ultimi undici anni è rimasto in disparte, lontano dallo studio system e dal suo pubblico, cerando un nuovo traguardo da raggiungere. E possibilmente, superare. Così, riprendendo in mano un vecchio progetto, accantonato negli anni '80 per "arretratezza tecnologica", il cineasta canadese ha deciso di reinventare il cinema moderno, spingendo all'estremo le più avanzate tecnologie di ripresa e post - produzione. Con Avatar Cameron non solo, finalmente, porta a completa maturità il cinema tridimensionale, ma traccia una decisa linea di confine fra il prima e l'adesso, da ora in avanti l'eccellenza tecnica ha un nuovo metro di paragone, che si specchia nei corpi flessuosi dei Na'vi e nella strabordante bellezza di Pandora.

Ma procediamo con ordine.

Avatar è uscito in contemporanea mondiale lo scorso 17 Dicembre, tranne che nel nostro paese. Perché? Molto semplice, perché in Italia il film più visto dell'anno è il Cinepanettone di Neri Parenti, con l'inossidabile De Sica Junior e il suo carrozzone nazional - popolare di volgarità, battute a doppio senso e trame da osteria numero nove. Così, Fox Italia ha deciso di evitare la stagione natalizia, posticipando di un mese l'arrivo del film nelle nostre sale, sottolineando, come se non bastasse, che nel Bel Paese, sono comunque pochissimi i cinema attrezzati per mostrare Avatar nella sua versione originale, concepita per gli IMAX 3D. Movieye, nella persona del sottoscritto, grazie a una provvida trasferta berlinese, ha potuto vedere il film in lingua inglese, presso il Cinema IMAX 3D situato nella sede europea di Sony a Potsdamer Platz, garantendosi così una succulenta anteprima in una delle sale cinematografiche più all'avanguardia d'Europa. Come ha già avuto modo di scrivere Andrea nel paragrafo introduttivo, questa non sarà l'unica recensione del film ad apparire sul nostro portale, nell'ottica di offrirvi un servizio sempre più completo ed approfondito che copra il mondo del cinema sempre più a 360°.

Viaggio su Pandora

Anno Domini 2154, la razza umana ha sfruttato al limite le scarse risorse del suo pianeta natale e, per sopravvivere, è costretta a cercare nuovi combustibili fuori dal Sistema Solare, arrivando così su Pandora, una luna del pianeta Polifemo, ricchissima di Unobtanio, l'unico minerale in grado di far muovere le astronavi interstellari. Dopo aver avviato un esteso programma di colonizzazione e sfruttamento delle risorse sotterranee del Pianeta, gli umani scoprono l'esistenza di una specie senziente, i Na'vi, splendidi esseri azzurri, molto forti e simili a felini antropomorfi; nel tentativo di comunicare con gli indigeni, un team di scienziati, capitanato dalla dottoressa Grace Augustine (una Sigourney Weaver che sveste i panni militari di Ripley per indossare quelli della meditabonda intellettuale pacifista), sviluppa dei cloni, gli Avatar appunto, con le fattezze dei Na'vi in cui alcuni esseri umani con un particolare Genoma possono trasferire le loro menti e sopravvivere così nelle ostili giungle che ricoprono Pandora. Oltre alla Weaver, gli altri individui selezionati sono il suo assistente Norm e il dottor Scully, un giovane e promettente antropologo. Scully però viene ucciso dopo la prima missione e alcuni burocrati, che hanno finanziato l'intero progetto, pretendono che il suo posto venga preso da Jake, fratello gemello del morto, nonché ex marine costretto su una sedia a rotelle dopo una missione andata male. Insofferente alle regole e poco incline alla vita da scienziato Jake finirà per perdersi nelle viscere della foresta, entrando in contatto con una tribù Na'vi, da cui imparerà ad amare il ciclo della natura e l'importanza dell'equilibrio fra progresso ed ecologia. Spiegata in queste poche righe la trama di Avatar potrebbe sembrare l'ennesima variante, stavolta in salsa scifi, di Balla coi Lupi, in cui l'uomo bianco, pieno di sensi di colpa, scopre le bellezze della vita selvaggia e rinnega il suo passato da conquistatore. In un certo senso è proprio così: Cameron, volutamente, non si allontana dagli stereotipi del Cinema della Grande Nazione, in cui l'America mette a nudo se stessa, caricando sulle spalle del protagonista, una sorta di lavacro del peccato originale di un Paese che si fonda sull'occupazione violenta di un territorio "altro", lontano non solo geograficamente ma anche nella cultura, dove le tradizioni autoctone vengono soppresse nel nome di un non meglio specificato "bene superiore". Lo scontro fra Marines e Na'vi è solo l'ennesima riproposizione dell'eterna sindrome bipolare di una nazione che, rappresentando contemporaneamente ideali di libertà e volontà di potenza, si trova a delegare all'individuo la scelta riguardo lo schieramento in cui arruolarsi, ben sapendo che, in ogni caso, si troverà sconfitto. Fin qui non c'è nulla di nuovo e la sceneggiatura, prolissa come poche altre, non sembra troppo interessata ad approfondire l'argomento, anzi, traccia un confine piuttosto netto fra i buoni e i cattivi, come se allo spettatore non fosse richiesto alcun coinvolgimento intellettuale eccessivo, Avatar non è un film su cui riflettere, non siamo davanti a un Aliens, in cui Ripley, vergine - madre del mostro, si confronta con la sua stessa creatura, a questo giro Cameron ci chiede una cosa sola, vuole che ci fidiamo di lui e ci prende per mano, raccontandoci la sua fiaba personale, il sogno di un ragazzo di sessant'anni che si diverte a fare cinema. Parafrasando Orson Welles, "fare cinema è come giocare con i trenini, con la differenza che si hanno a disposizione i trenini più grandi e belli del mondo", il genio di Quarto Potere, però, forse non aveva pensato che, nel futuro, qualcuno avrebbe potuto non accontentarsi più dei trenini "più grandi", arrivando a costruirseli da solo, i trenini. La telecamera stereoscopica sviluppata da Cameron e dai suoi collaboratori è qualcosa di mai visto prima: ogni scena, ogni singola scena, in Avatar è una scoperta, le immagini tridimensionali, finalmente, realistiche e pesanti come dovrebbero essere, ci avvolgono e non nascondiamo che nemmeno noi abbiamo resistito alla tentazione di muovere la testa per cercare di intravedere cosa accadeva dietro a una roccia. Senza peccare di megalomania, crediamo che più o meno siano le stesse sensazioni provate da chi ha visto, per la prima volta i cortometraggi dei fratelli Lumiere. Davanti a tutto questo il critico è costretto a fermarsi e a tributare l'onore delle armi, se dobbiamo cercare un precedente nel cinema moderno che per potenza visiva si avvicini ad Avatar forse possiamo pensare al primo Guerre Stellari, ma, anche qui, il paragone è impari. Lucas ha raffinato tecniche già esistenti, Cameron no, s'è spinto oltre, non s'è limitato a saltare l'asticella, ma l'ha alzata vertiginosamente. Avatar rappresenta un modo totalmente nuovo di fare cinema, dove i vecchi limiti non contano più nulla e l'integrazione fra riprese real action e computer grafica s'è fatta tanto perfetta da non sembrare neppure più un elemento distintivo. Dimenticate il Gollum de Il Signore degli Anelli, i Na'vi sono le creature digitali più riuscite mai create e Pandora, con i suoi alberi luminescenti, le cascate e le montagne galleggianti vive di vita propria, rapendo lo spettatore che, letteralmente, si dimentica di trovarsi al cinema. Avatar non è mai stato un progetto facile, e anche chi scrive prima di entrare in sala aveva più dubbi che certezze: tre ore di durata, il 3D, le traversie produttive, tutto deponeva a sfavore del film, ma dopo averlo visto tutte queste argomentazioni crollano come castelli di carta.
Avatar è già entrato di diritto nella storia del cinema e, proprio per questo motivo, abbiamo deciso di non sintetizzare il nostro giudizio in un mero voto numerico. Il film è allo stesso tempo un'immensa scommessa (vinta) e una pietra di paragone per il cinema di intrattenimento del futuro, giudicarlo con il metro che usiamo abitualmente per le pellicole "normali" non avrebbe senso, facendo un torto sia all'imponenza dell'opera di Cameron, sia al cinema passato, e l'aggettivo non è usato per nulla a caso.
In chiusura ci permettiamo un consiglio, pur sapendo che la stragrande maggioranza del pubblico italiano non potrà godere dell'esperienza IMAX 3D, vi invitiamo a vedere il film almeno nella sua versione in 3D classico, per quanto ampiamente riduttiva in ogni caso.

Avatar Breakthrough. Questo aggettivo americano è l'unica parola che ci viene in mente per descrivere l'ultimo lavoro del regista di Titanic. Ogni altro commento è superfluo, il futuro del cinema condensato in 161 minuti di azione e poesia. Per arrivare la dove nessun uomo è mai giunto prima.

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