L'amore e l'amicizia ai tempi dell'adolescenza sono spesso narrati con toni dolci e leggeri, a volte incentrati su istinti più ironici e sporchi, altrove ricchi di maggior complessità introspettive. Il cinema taiwanese aveva già conquistato il pubblico del Far East Film Festival qualche anno fa con una pellicola a tema, il sorprendente You are the Apple of My Eye (2011), ed anche in questa edizione è in concorso un titolo molto similare, At Café 6, esordio alla regia di Neal Wu. Una storia raccontata per la quasi totalità in flashback e narrante del rapporto tra il liceale Guan Ming-lu e la compagna di classe Xin-rui, di cui il ragazzo è sempre stato innamorato. Due caratteri molto diversi, con lui scarso negli studi e intento a bighellonare con l'amico di una vita Zhi e lei con grandi ambizioni. Tra loro nasce comunque un reciproco sentimento che rischia però di venir incrinato dalla futura ammissione al college: vista la disparità dei risultati scolastici infatti i due platonici innamorati saranno costretti a vivere una relazione a distanza, con tutti i pericoli e le insidie che questa comporta.
L'amore che sarà
Con il prologo e l'epilogo a collegare la vicenda al presente, At Café 6 è ambientato per la quasi totalità della narrazione nel passato, permettendo al film di sfruttare al meglio struggenti virate malinconiche nel raccontare le numerosi evoluzioni nel rapporto tra i due innamorati a distanza, in un periodo in cui la diffusione dei cellulari era ancora prossima a venire. Il regista, anche autore del romanzo di cui questo è un fedele adattamento, si dimostra abile nel gestire i pur brevi sbalzi temporali, facendo crescere la relazione in concomitanza con le esistenze dei due ragazzi, alle prese con sogni e speranze diverse e sfumando così maggiormente una love-story in cui è facile immedesimarsi, sia nei momenti più lieti che in quelli più difficili. Un film leggero e fresco in cui anche i toni più scanzonati, presenti maggiormente nella prima parte in cui i personaggi sono ancora sui banchi della stessa scuola, sono comunque figli di uno sguardo dolce-amaro, come ben sottolineato dall'intenso finale in cui non manca neanche un parziale ed incisivo colpo di scena. Una storia che coglie con toni piacevolmente ricattatori i passaggi chiave dell'adolescenza, la cui messa in scena patinata e mai volgare si insinua nell'emotività dello spettatore con precisione chirurgica ponendolo di fronte all'ineluttabilità dell'esistenza e alle varie "sliding doors" in cui tutti, bene o male, si sono ritrovati ad attraversare con o senza successivi rimpianti.