Recensione Astro Boy

La rinascita di un grande eroe passa dagli Imagi Studios

Recensione Astro Boy
Articolo a cura di

Prima di Miyazaki e di Takahata, di Toriyama, Anno e tutti gli altri, c'era lui: il “dio dei manga” Osamu Tezuka, l'uomo che ha ideato vere e proprie icone del fumetto e dell'animazione mondiale rielaborando la lezione imparata studiando Walt Disney e le sue creature. Senza di lui, probabilmente la cultura fumettistica orientale non avrebbe invaso, ispirato e “contaminato” a sua volta il mondo con la sua creatività, i suoi temi avvincenti e profondi, i suoi personaggi così caratteristici e umani. Tra le tante saghe create dal compianto Osamu c'è quella di un simpatico e coraggioso robottino, Tetsuwan Atom, conosciuto in tutto l'occidente col nome di Astro Boy. Ideato nel '51 e ricreato nel '52, Astro è stato protagonista di innumerevoli avventure cartacee (ininterrotamente dal 1952 al 1978, per proseguire con albi speciali nei decenni successivi, fino ad arrivare ad un breve remake nel 2004 ad opera di Akira Himekawa) e televisive (è stato uno dei primi anime della storia, e il primo ad essere esportato all'estero) ed è diventato ambasciatore della cultura (non solo fumettistica) giapponese nel mondo.
Viene da sé che realizzare un film di animazione su un personaggio di questa caratura, sfruttando non solo la moderna tecnologia di computer grafica ma anche l'apporto di un cast in gran parte straniero, rappresenta un'operazione assai rischiosa. Se la produzione è infatti almeno in parte giapponese, lo studio di animazione scelto per la realizzazione è di Hong Kong, mentre registi e sceneggiatori sono americani. Il rischio di produrre una storpiatura dell'opera originale in favore di uno stile troppo 'yankee' è stato tuttavia scongiurato dalla professionalità dello staff tutto e dalla sua visione d'insieme del progetto, per fortuna.

Il mio nome è Astro

In un futuro remoto, ma non troppo, sopra le rovine di un mondo ridotto oramai a pattumiera, sorge l'eterea Metro City, città ideale sospesa in aria grazie alla sua avanzatissima tecnologia. Qui l'uomo vive una vita agiata, servito da -e in fondo asservito a- robot di ogni genere che ne semplificano la vita. Tra gli scienziati impegnati a creare nuovi automi sempre più funzionali e avveniristici ci sono il dottor Tenma e il dottor Elefun, brillanti luminari della robotica da poco alle prese con le possibilità di sfruttamento di una nuova fonte energetica derivata dai meteoriti. Quando però un esperimento fuori controllo coinvolge il vispo quanto geniale Tobio, figlio di Tenma, questi non si pone altro obiettivo che quello di riportare in vita, in qualche modo, l'adorato ragazzo. La soluzione è rappresentata da un robot dalle fattezze del bambino ma dalle capacità straordinarie, dotato della coscienza e dei ricordi del piccolo. Ben presto però Tenma si rende conto dello sbaglio fatto, in quanto il 'nuovo' Tobio non è altro che un simulacro che, per quanto vivo e capace di pensare e provare emozioni, non è e non può essere suo figlio.
Lo ripudia dunque, e per Tobio comincia così una nuova vita, dove col nome di Astro Boy cercherà un suo posto nel mondo.

Dissimile ma al contempo fedele

Quello che stupisce in Astro Boy è come lo script, pur differenziandosi molto dalla storia originale ideata da Tezuka, rimanga ad essa fedele nello spirito e nelle tematiche. Alcuni personaggi classici sono stati esautorati (tenuti buoni per eventuali seguiti, forse?) molti altri invece sono stati introdotti, e in generale l'ordine degli eventi (nonché molti degli eventi stessi) segue una dinamica completamente nuova. Una riscrittura in toto, verrebbe da dire, se non fosse che i messaggi di fondo che accomunano la serie classica e questa riedizione moderna sono gli stessi: l'ecologia, il rapporto con le macchine, l'elaborazione delle esperienze negative (come il lutto o l'ostracismo) in occasioni positive, lo spirito di sacrificio disinteressato. Lo Studio Tezuka non è certo stato a guardare durante la realizzazione del film, vigilando affinché si preservasse nel migliore dei modi la memoria e gli insegnamenti di uno massimi maestri mondiali del fumetto. Siamo piuttosto certi, tuttavia, che anche se non si fossero trovati sotto la rigorosa egida dello Studio Tezuka, i realizzatori americani di Astro Boy avrebbero comunque realizzato il film in questa maniera: appare fin dall'inizio chiaro come un professionista del calibro di David Bowers volesse realizzare un'opera degna del ricordo del grande maestro.
L'esperienza maturata in Disney e Dreamworks si vede tutta, e il film risulta, grazie al suo lavoro, pieno di azione ma non vuoto di significato, obiettivo raggiunto anche grazie agli sforzi congiunti col prudente ma non insipido sceneggiatore Timothy Harris, che ha saggiamente deciso di non riproporre una storia già vista, ma con un punto di vista americano, quanto di sperimentare un modo di narrare che congiunga tutto ciò che di buono c'è nelle varie 'scuole' di animazione mondiali.

La computer grafica nelle giuste dosi

Da quando i lungometraggi in animazione 3D sono stati sdoganati da Pixar prima e Dreamworks poi, c'è stata come una sorta di 'corsa agli armamenti', con tutte le case di produzione di cartoni animati che hanno cominciato a sfornare senza sosta medio e lungometraggi in grafica computerizzata (spesso di fattura piuttosto bassa) pur di cavalcare l'onda dei vari Shrek e Nemo.
Uno di questi studios, tuttavia, si sta facendo notare per la qualità tecnica dei suoi lavori: si tratta della Imagi di Hong Kong, che già ha lavorato su franchise famosi come le Ninja Turtles e Highlander, e si è ora del tutto superata con questo nuovo Astro Boy. Visto anche il budget comunque limitato non siamo certo ai livelli di un Madagascar 2 o di un Mostri contro Alieni, ma la qualità e la pulizia grafica del lungometraggio, unita alla sua fluidità e all'attenzione per certi piccoli dettagli, lo pone certamente una spanna sopra a qualunque produzione realizzata da studi delle stesse dimensioni. Visivamente, lo stile grafico, così come quello della storia, cerca di prendere il meglio da due mondi: lo stile essenziale ma espressivo di Tezuka è sempre presente, ma in molti personaggi (come Tenma, Elefun o la nuova amica del protagonista, Cora) si nota la mano che ha revisionato il chara design, restituendone uno più occidentale.

L'edizione italiana

Cominciamo col dire che, da amanti della buona animazione, generalmente osteggiamo la scelta di far doppiare i lungometraggi animati da attori e personaggi televisivi solo per avere un ritorno di pubblico maggiore. Questo perché, spesso, la qualità del prodotto finito deve sottomettersi ad un 'esigenza' commerciale che troviamo alquanto barbara. La notizia della scelta di Carolina Crescentini e Silvio Muccino (completamente a digiuno di lavori di questo genere) per interpretare le parti principali - ovvero Tobio/Astro e la sua amica Cora- ha lasciato perplessi ben più di un addetto ai lavori, soprattutto in virtù del fatto che non si trattava solo di un prodotto per bambini quanto di un'icona del fumetto giapponese, i cui aficionados sono da sempre molto esigenti.
Ebbene, chi ha visionato il film ha dovuto, piacevolmente, ricredersi: l'interpretazione di Muccino e della Crescentini è ben al di sopra delle aspettative, e più che sufficiente. Certo, se Astro avesse avuto la voce di Leonardo Graziano o di Renato Novara l'effetto sarebbe stato certamente migliore, ma in finale non ci si può lamentare.
Nota di merito, inoltre, per il Trio Medusa, palesemente nelle corde dei tre esilaranti robot che propugnano la 'Robolution', la 'rivoluzione robotica' .
Complimenti, dunque, al direttore del doppiaggio Francesco Vairano per essere riuscito ad unire esigenze di produzione e ottimo lavoro artistico (anche i dialoghi, a tutti gli effetti, risultano buoni).

La conferenza stampa

Inaspettatamente, una delle conferenze stampa più interessanti è stata proprio quella di Astroboy, a cui hanno partecipato, tra l'altro, Silvio Muccino, Carolina Crescentini, ed il Trio Medusa.
Oltre a scoprire il percorso lavorativo e creativo che hanno seguito i neo-doppiatori (entusiasti di questa nuova esperienza e di quanto hanno potuto imparare da un maestro come Francesco Vairano) gli intervistati hanno tenuto a precisare quanto tenessero a questa storia ed ai suoi personaggi, una volta scopertola. In particolare Muccino ha adorato le due anime che convivono nel suo personaggio, quella dell'eroe ma anche quella del bambino bisognoso di trovare la sua identità e l'amore di un padre.
Per la Crescentini è stato invece come un tornare bambina, giocando e scherzando senza posa con i colleghi ma ritrovandosi (anche a detta dei suoi colleghi) in un personaggio indipendente ma al contempo dolce.
Il Trio Medusa, invece, oltre ad aver divertito la platea con le loro trovate, dall'alto della loro cultura in ambito fumettistico hanno proporsto un interessante confronto fra l'Astro Boy originale e quello moderno.
Non sono mancate, infine, riferimenti all'attualità, che si specchia, magari involontariamente, in temi del film come l'integrazione sociale e i rapporti umani. Qualcuno ha addirittura avanzato bizzarri (quanto sorprendentemente azzeccati, benché chiaramente campati in aria) paragoni politici fra la Padania 'ideale' e Metro City, fra la figura del Generale/Presidente Stone e quella dell'attuale Presidente del Consiglio Italiano, e fra la sgangherata compagine del Fronte di Liberazione Robotico - di chiara ispirazione sinistroide - con l'attuale partito all'opposizione.

Astro Boy The Movie Astroboy è un film assolutamente godibile, tanto per i cultori dell'opera di Tezuka quanto per chi ne è completamente all'asciutto: l'equilibrio fra innovazione e rispetto dell'opera originale è ben sorretto, e il film non presenta grossi difetti, pur non rasentando livelli di eccellenza in nessun campo. Il ritmo della narrazione, tuttavia, è serrato, e non mancano momenti emozionanti e di riflessione. Un'ottimo film per tutta la famiglia.

7.5

Che voto dai a: Astro Boy The Movie

Media Voto Utenti
Voti: 78
7
nd
ROMA09
Recensione Videogiochi Triage
Triage
ROMA09
Recensione Videogiochi After
After