Recensione Aspettando il Sole

Il cinema dell'assurdo torna finalmente in Italia

Recensione Aspettando il Sole
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In transizione

Si sentiva la mancanza di un film così, in grado di rappresentare quel concetto, oggi poco in voga, dei cosiddetti “personaggi”; intensi come schermature ipotetiche, reali e assurde, ispirate al continuo divenire ma indissolubilmente legati a (trasandati) modelli sociali.
Aspettando il sole richiama l'originalità e l'inventiva, in un momento cruciale del nostro cinema in cui si parla di prodotto invece che di opera intellettuale, di "Cinema italiano" invece che di "Cinema", come fosse un'etichetta a parte. Il regista non aspira a cambiarne il dna, per onestà, tuttavia riesce a smuovere le menti in un crescendo di situazioni comiche e paradossali che straniano ed estraniano.
Scritto (con Remmert e Giglio) e diretto da Ago Panini, è innegabile che la sua decennale esperienza nel campo pubblicitario gli abbia fruttato un preciso e moderno senso estetico, riscontrabile dalla prima sequenza d'apertura di questo suo esordio cinematografico. Perché dal momento in cui il mondo di Panini entra in scena, la realtà comune cessa di vibrare. Dopotutto, il titolo non è che una (vana?) speranza rivolta al futuro, dato l'oggi preoccupatamente in penombra.

Il regista

Ago Panini cresce nell'ambiente pubblicitario e musicale, realizzando per grossi nomi automobilistici (AlfaRomeo, Mercedes, Toyota) spot televisivi. Contemporaneamente dirige diversi videoclip per tutti i più rappresentativi artisti italiani, tra cui Andrea Bocelli, Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Almamegretta e Daniele Silvestri.
Questo fino al 2005, anno in cui fonda insieme ad altri due soci “laCasa”, nuova casa di produzione dedicata a filmati pubblicitari e produzioni esecutive per il mercato italiano.

Attenti alle termiti!

Italia, 1982. Tre balordi (Claudio Santamaria, Michele Venitucci, Alessandro Tiberi) in automobile si imbattono nell'Hotel Bellevue. Due di loro entrano per richiedere una “coperta” ma il portiere, un certo Santino (Giuseppe Cederna), sembra non tollerare la loro presenza. E' un tipo strano, che nasconde gelosamente sotto un telo un covo di termiti.
Sempre durante la notte, un regista a luci rosse dirige due attori: la pornostar Kitty Galore (Vanessa Incontrada) e Coco (Corrado Fortuna). Tra la finzione e la ricerca dell'imperfezione, tra di loro scatta qualcosa... Tutto questo mentre in una delle stanze il sig. Bonetti (Rolando Ravello) addomestica un cane per supervisionare i suoi cimeli. Il continuo abbaiare pero' infastidisce Enea Chersi (Raul Bova), il quale cerca di riprendere le redini della sua storia d'amore andata in frantumi. Queste sono solo alcune delle storie che si intrecciano nell'irrequieto Hotel Bellevue: non segmenti diversi ma umori che si incontrano più volte, fino a eludersi nel turbolento finale.

Spifferi di modernità

Ago Panini, anche grazie al supporto di Mikado, azzarda un'uscita particolare, di sicuro impatto se si considera il cast coinvolto. Ispirato da un linguaggio esasperato - le cui tracce pulp richiamano alla mente il cinema di Tarantino - e dalla voglia di variare registro narrativo, dirige un racconto grottesco, anticontemporaneo. Lo stile registico è spietato e creativo, soprattutto quando in pochi secondi cerca di descrivere con ironia un dato evento (eccezionale la partita a scacchi) senza dimenticare il filo conduttore che tiene unite le diverse microstorie.
La scelta di un simile cast ha permesso, tra le altre cose, di palesare la loro elasticità nell'interpretare ruoli diversi. In particolare spicca l'assoluta ovvietà di Enea Chersi, interpretato da un piagnone Raul Bova, disperato per la fine del suo rapporto con una donna 10 anni più grande (o più giovane? velato richiamo a Scusa ma ti chiamo amore o semplice coincidenza?). Anche Gabriel Garko, spogliato della sua sicurezza virile, sembra stonare col suo difetto di pronuncia e gli epiteti poco felici dai quali si sente colpito; o ancora il bravissimo Giuseppe Cederna nel ruolo un po' nevrotico e sociopatico di un custode legato alle sue piccole prigioniere di guerra. Nello specifico, proprio le termiti rappresentano un popolino incapace di esprimersi oltre i propri confini. Sono gli esclusi, gli emarginati, come le categorie rappresentate da Claudio Santamaria e Vanessa Incontrada. Bulli e pornostar, banali e insignificanti, ma che all'occorrenza possono imporsi all'attenzione pubblica se smossi dal loro torpore.
Il messaggio ultimo appare forzato da una scelta dei tempi poco reattiva, specie in un momento di massima esortazione dell'assurdo. Il Deus ex machina improvviso appare dunque imposto da una situazione intricata, senza apparente via di fuga. Ciò non toglie che questa sua estemporaneità surreale e cosciente, coinvolge e diverte, segnando di fatto un positivo passo avanti contro le produzioni che incentivano l'etichetta "cinema italiano".
Per essere solo all'inizio, Panini sorprende. E anche molto.

Aspettando il Sole Warning! Aspettando il sole non è una commedia sentimentale - la locandina potrebbe mettere fuori strada. Il primo tocco originale il regista lo mostra nel momento in cui presenta i suoi personaggi allo spettatore, appiccicando loro maschere attoriali solitamente inclini a prodotti differenti, ben più di massa. Eppure il cast attesta di saper controllare ruoli non comuni, facendo dell'opera prima di Panini un esperimento pseudo-indipendente nel complesso riuscito. Perché nonostante questa impronta sui generis (alla Four Rooms/L'ultimo capodanno per intenderci) e un finale sbrigativo, diverte e sorprende, grazie soprattutto a una suggestiva copertura visiva e una perfetta gestione degli attori.

7.5

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