Asian Connection, la recensione del film con Steven Seagal su Netflix

Una coppia di rapinatori di banche americani operante nel sud est asiatico va incontro all'ira di un potente gangster locale.

Asian Connection, la recensione del film con Steven Seagal su Netflix
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Jack, americano stanziato da anni nel sud-est asiatico, è fidanzato con Avalon, una bella ragazza thailandese e proprio nel tentativo di renderla felice organizza delle rapine in banca con l'amico e connazionale Sam. Quando derubano una banca cambogiana i due compari dividono il bottino, ignorando che la filiale era di proprietà dello spietato boss locale Gan Sirankiri, ora pronto a tutto pur di riavere il maltolto.
In Asian Connection il capo criminale è però ingannato da uno dei suoi sottoposti che decide di contattare Jack e, con l'arma del ricatto, costringerlo a compiere altri colpi per lui. Un accordo che inizialmente dà i suoi frutti, con guadagni sempre maggiori per entrambe le parti, ma che attira sempre di più l'attenzione e la furia di Sirankiri, intenzionato a scoprire ed eliminare i traditori.

Fino all'ultimo colpo

Basato su una storia scritta dall'attore Tom Sizemore dal titolo The Mexican Connection, riscritta per essere ambientata in territorio asiatico al fine di diminuire enormemente i costi di produzione, Asian Connection (disponibile su Netflix) vede Steven Seagal in un ruolo secondario quale nemesi dei principali protagonisti, qui interpretati da John Edward Lee e dalla bella Pim Bubear. La messa in scena purtroppo risente di limiti endemici risultando a tratti quasi amatoriale nella gestione criminale del racconto, accompagnato nel prologo e nell'epilogo da due forzati voice-over romantici del personaggio femminile, in cui la vicenda si muove da un punto A a un punto B senza colpi di coda e con diverse forzature atte ad aumentare il minutaggio al minimo sindacale (per un totale tipico di 90 minuti). Azione ai minimi storici, sia corpo a corpo che con armi di fuoco (la realizzazione delle rapine è di una pochezza disarmante), in cui lo stesso maestro di aikido si limita a menar le mani solo in un paio di brevi sequenze, e una tensione mai realmente capace di suscitare apprensione per il destino dei rapinatori, caratterizzano così una visione povera e stereotipata tanto che la tag presente nella cover americana citante letteralmente "the beast is in the east" appare più come una sorta di involontaria barzelletta.

Asian Connection Produzione a basso budget vedente un sempre più bolso e immobile Steven Seagal nei panni di un gangster locale sulle traccie della banda di rapinatori protagonisti, Asian Connection palesa limiti tecnici e attoriali in maniera evidente, con una regia a tratti quasi amatoriale che fallisce sia nella gestione delle scialbe dinamiche action che nel costruire una tensione degna di nota, con la stessa resa dei conti finale che si risolve in un reiterarsi di stanchi cliché.

4

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