Recensione Arthur e il Popolo dei Minimei

Luc Besson e i suoi piccoli amici

Recensione Arthur e il Popolo dei Minimei
Articolo a cura di

Una mattina, un uomo di mezza età si sveglia e decide di scrivere un libro. Che parli di piccoli folletti, sagge popolazioni africane che hanno penetrato i misteri ultimi della vita umana, bambini intraprendenti e sognatori. Ma in corso d’opera si rende conto che tutto quello che vuole dire in un volume solo non ci sta. Nessun problema, la carta non gli manca, e quindi ne scrive quattro, e ne vende a iosa. Poi si accorge che potrebbe venirne fuori un bel film (o meglio, intanto si comincia con uno, poi chissà), e cosa decide di fare? Ma di realizzarlo, ovviamente. Aspiranti scrittori, sceneggiatori, registi di tutto il mondo, avete quindi molte più speranze di quante non credevate? Davvero è così facile farsi notare da una casa editrice, per non parlare delle major cinematografiche? Frenate gli entusiasmi, quell’uomo non è il vostro salumiere, e nemmeno il vostro professore di storia e filosofia. Questa non è la favola della cenerentola della comunicazione. Perché quell’uomo è Luc Besson, e dalla sua ha un curriculum di tutto rispetto, cosa che in questi frangenti può avere il suo peso.

Comunque, la storia in questione ha inizio negli anni ’60, in una ridente fattoria americana, che come è facile da immaginare costituisce il perfetto habitat per un ragazzino curioso e dalla fervida immaginazione. E non potrebbe essere altrimenti, considerato il patrimonio genetico del giovane virgulto: il nonno, scomparso da diversi anni nelle misteriose terre africane, era (o è?) infatti non solo un prolifico ingegnere, pronto a mettere a disposizione la propria scienza per il progresso e il benessere delle popolazioni visitate nei propri viaggi, ma anche un raffinato artista e narratore, che con i suoi immaginifici diari regala ogni volta al nipote un’occasione per sognare. Inoltre, Arthur è senz’altro un bambino di buon carattere, che affronta con il sorriso sulle labbra il dolore per la lontananza dei propri genitori, aiutato dall’affetto della nonna e della propria inventiva, che gli offre continuamente occasioni per essere affaccendato. L’estiva tranquillità è però messa a repentaglio da problematiche ben più meschine di quelle concernenti la costruzione di un acquedotto in miniatura: le cambiali da onorare sono tante, e ci sono solo due giorni di tempo prima che la tenuta venga confiscata dall’antipatico e grassoccio contabile di turno. Ma Arthur ha in mente un piano per risollevare le sorti del bilancio familiare: dai diari del nonno ha infatti scoperto l’esistenza di uno straordinario tesoro, nascosto da qualche parte in giardino, e che varrebbe in questo caso la pena di utilizzare. Peccato che, puntualmente, tutti i tentativi precedenti di scovare il prezioso bottino si siano rivelati fallimentari. Ma si sa che è solo quando il tempo stringe che si riescono a mettere in campo tutte le proprie risorse: e infatti Arthur rinverrà per casa tutta una serie di messaggi cifrati, redatti dal nonno per essere utilizzati a tempo debito, grazie ai quali il giovane potrà avere accesso al reame dei Minimei, una popolazione di minuscoli esseri che custodisce il sopraccitato tesoro. Chiaramente non basterà un pittoresco rito alla luce della luna piena, supportato da strani uomini africani di ragguardevoli dimensioni che si qualificano come persone informate dei fatti, per accedere al sotterraneo mondo dei Minimei: Arthur dovrà infatti convincere il sovrano dei piccoli amici del nonno dell’assoluta necessità della propria missione. Ma considerato che il giovane umano (una volta scalato alla dimensione appropriata) si renderà utile al fine di sventare un attacco del malvagio esercito di Maltazard, nemico giurato di tutti i Minimei, nessuno si opporrà alla spedizione. Tanto più che nel proprio viaggio sarà affiancato dalla coraggiosa principessa Selenia (e dal pasticcione fratellino Bétamèche), intenzionata a sconfiggere definitivamente il crudele antagonista e a liberare il proprio popolo dalla tirannia della paura.

Il concept dietro la realizzazione di Arthur e il Popolo dei Minimei è sicuramente originale. Molte potrebbero essere le perplessità riguardo la scelta di affiancare alle sequenze girate con attori in carne e ossa, caratteristiche delle vicende “umane”, lunghi spezzoni in computer grafica, indispensabili per forza di cose alla resa del mondo dei Minimei. Ma, anche grazie alla realizzazione tecnica di buon livello (supportata da modelli in plastilina e da un’accurata ricostruzione dei lillipuziani ambienti) e al character design non eccessivamente originale ma senz’altro simpatico, l’idea di Besson & Co. appare coerente e azzeccata, nonostante non risulti ben chiaro come mai nella transizione da umano a minimeo il giovane Arthur debba abbandonare la zazzera bionda e gli occhi azzurri in favore di una capigliatura canuta e un poco seducente sguardo arancione. Sicuramente l’inusitata combinazione di colori non ha la facoltà di contribuire a distogliere lo spettatore da una sensazione di déjà-vu che definire insistente è riduttivo: oltre al fatto che ogni ragazzino il cui nome sia riconducibile a quello di Artù sembra avere l’obbligo morale di estrarre una spada da un immancabile supporto lapideo, anche i rimandi all’immaginario, fantasy e non, più recente si sprecano, come potranno notare i rispettivi appassionati. Ma di sicuro, per contro, non mancano gli elementi in grado di distinguere la pellicola dai propri predecessori, sui quali spicca sicuramente la particolare storia d’amore tra Arthur e la principessa Selenia, rispettivamente dieci e mille anni, mai così al passo con i tempi che vedono un crescente proliferare di coppie in cui l’età di lei è multiplo di quella del compagno. Certo assistere a uno scambio di baci appassionati che coinvolge un preadolescente può risultare un po’ sconcertante, ma in questo caso forse non si rischia di sfociare nel patetico nell’affermare che “i giovani non sono più quelli di una volta”. Di sicuro qualche lacuna, peraltro assolutamente facile da colmare e quindi ancora meno giustificabile, in meno in fase di sceneggiatura avrebbe giovato alla qualità generale della pellicola, che comunque dal punto di vista della regia si comporta più che bene, regalandoci scene dinamiche e coinvolgenti grazie all’uso sapiente della telecamera e all’accuratezza dei passaggi dall’immagine reale a quella in computer grafica.

Arthur e il Popolo dei Minimei Arthur e il Popolo dei Minimei è un film per bambini. Il budget di tutto rispetto a disposizione del regista francese ne ha decretato la qualità tecnica, ma non un’eccessiva fruibilità allo spettatore che superi il metro e venti d’altezza. I comprimari, seppur piuttosto convenzionali, regalano momenti di indubbia allegria (degni di nota il dj Max e la sua combriccola di stampo giamaicano), il cattivone di turno lascia presagire, con dovizia di particolari sul tragico background che lo coinvolge, un suo ritorno nel prossimo futuro, i buoni sentimenti di unità e indispensabile intercomunicazione tra le razze ci sono tutti. Aspettiamo al varco la continuazione della saga, auspicando che, una volta aperta la pista, Besson si sappia distaccare con più incisività dai sentieri già tracciati da altri.

6.5

Quanto attendi: Arthur e il Popolo dei Minimei

Hype
Hype totali: 2
55%
nd