Si ha sempre un tonfo al cuore, quando all'inizio di un film viene diagnosticata al protagonista una grave forma di cancro terminale: se sottoposto ad adeguate cure il paziente potrà vivere al massimo per un anno e mezzo, senza le quali invece i pronostici non superano i sei mesi di sopravvivenza. L'uomo, il professor Richard Brown, sceglie di evitare inutili e ulteriori sofferenze e accettare il suo destino, ma la scoperta improvvisa della malattia è in qualche modo salutare perché riesce a mettere finalmente ordine nella sua incasinata esistenza.
In Arrivederci Professore, il docente affronta i suoi studenti a muso duro e senza peli sulla lingua, dimezzando di fatto la classe in cui sono rimasti soltanto i più fedeli, e anche tra le mura casalinghe viene a patti con situazioni rimaste nell'ombra troppo a lungo, come il tradimento della moglie e il coming-out della figlia adolescente.
E mentre il suo migliore amico e collega Peter gli sta vicino il più possibile, non riuscendo ad accettare la notizia, Richard scopre come il tempo che gli rimane prima della dipartita possa essere ancora foriero di soddisfazioni.
Questione di feeling

Vi sono due modi per approcciarsi ad Arrivederci Professore, ma forse nessuno di questi è quello giusto per comprendere appieno quanto narrato nei novanta minuti di visione. E non per demerito dello spettatore, bensì per il flebile filo logico che lega i fatti salienti di una sceneggiatura che vorrebbe trasmettere tanto mostrando poco, risultando ambiziosa e scialba in egual misura. La seconda prova dietro la macchina da presa di Wayne Roberts, che aveva esordito in tempi recenti con il sorprendente Katie Says Goodbye (2016), tenta di seguire le linee guida del debutto, amaro dramma di formazione, adattandole in un contesto inedito che però ben presto mette in mostra tutti i propri limiti.
Gli omaggi e le citazioni a classici del cinema d'insegnamento come L'attimo fuggente (1989) e Will Hunting - Genio ribelle (1997) sono palesi, almeno nell'ambiguo rapporto che si viene a creare tra il docente malato e gli studenti della sua classe, ma a differenza dei succitati prototipi manca un substrato emotivo e introspettivo credibile: più che sul percorso di maturazione dei ragazzi, l'attenzione è sbilanciata a favore del maestro, al centro di alcuni legami improbabili con alcuni degli alunni che virano gratuitamente o sul cattivo gusto o su accennate e platoniche derive romantiche.
Tra dramma e commedia
L'impronta del regista è indubbiamente virata su toni tipici della commedia nera, come si può già notare dalle fasi iniziali quando il protagonista, scoperto quanto gli rimane da vivere, inizia a imprecare in qualsiasi situazioni si ritrovi, in una sorta di straniante e dolorosa catarsi grottesca che sarà poi effettivamente la linea guida dell'intera narrazione. Ma Arrivederci Professore si dimentica di costruire intorno a quest'anima ricca di black humor un contesto ambientale e umano degno di nota: le presenze della moglie che lo tradisce con il preside dell'istituto e della figlia che dichiara la sua omosessualità sono infatti caratterizzate ai minimi termini per risultare vive e palpabili, l'unica figura degna di nota rimane così l'appiccicoso miglior amico interpretato da un gigione Danny Huston.
L'impressione di assistere a un film tramortito dalle sue stesse aspirazioni castra anche le scene più riuscite e divertenti, che fanno capolino a corrente alternata nel piatto procedere degli eventi (divisi in capitoli che servono solo a sottolineare quanto tempo ancora rimanga effettivamente da vivere al Nostro), tutte giocate sul carisma di Johnny Depp.
Reduce dall'addio, impostogli, alla saga dei Pirati dei Caraibi, il popolare attore qui si mette a nudo e, forse complice anche la sua vita privata non certo serena negli ultimi anni, sfodera una performance a tutto tondo e a tratti sinceramente commovente, capace di ridestare dal torpore filmico grazie a dialoghi d'effetto recitati con la giusta intensità e un'espressività dietro cui si celano sentimenti palpabili e autentici.