L'apparenza delle cose, la recensione dell'horror Netflix

Amanda Seyfried è protagonista nell'adattamento del romanzo di Elizabeth Brundage, un film purtroppo anonimo e privo di atmosfera.

L'apparenza delle cose, la recensione dell'horror Netflix
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1980. George e Catherine, genitori della piccola Franny, si trasferiscono da Manhattan in una piccola cittadina di campagna, dove l'uomo è riuscito a ottenere una cattedra al college locale.
Catherine, nonostante non sia per nulla entusiasta di abbandonare la vita di città, decide di accontentare il marito ma sin da subito comprende come la sua nuova casa non sia del tutto tranquilla. Strane presenze sembrano infatti aleggiare tra quelle dimora, ma George è sordo alle sue lamentele e anzi inizia a manifestare comportamenti adulteri, tanto che il rapporto comincia lentamente a deteriorarsi.
Con il passare del tempo Catherine scopre segreti sempre più inquietanti su quanto avvenuto in passato tra quelle quattro mura, ma chiunque possa aiutarla a dimostrare la verità si trova ora in pericolo. Il ciclo sembra infatti destinato a ripetersi ancora una volta.

Le apparenze ingannano

Adattamento del romanzo All Things Cease to Appear di Elizabeth Brundage, L'apparenza delle cose è uno dei nuovi titoli originali arrivati nel catalogo Netflix. Non che questi e i relativi abbonati ne sentissero necessariamente il bisogno, giacché ci troviamo davanti a un film approssimativo, incapace di trovare una propria fluidità narrativa e sempre più confusionario nel procedere delle due ore di visione.
In realtà la linea portante è alquanto scontata, con la classica ghost-house a fare da sfondo a una disgregazione coniugale-familiare vista e rivista nel cinema di genere. A mancare è la coerenza, con il plot che inanella forzati colpi di scena senza troppa convinzione e sfrutta in maniera superficiale le figure secondarie, che risultano semplici pedine di uno schema che dopo la prima mezz'ora ha già esaurito le migliori, per non dire uniche, cartucce.
Lo stesso contesto mystery/horror è all'acqua di rose e la paura è totalmente assente, così come le attese atmosfere lugubri che avrebbero dovuto provocare una potenziale inquietudine: vedasi la scena della seduta spiritica, tra le più approssimative che si ricordino.

Una storia che procede per inerzia

Le incongruenze si sprecano, da alibi inesistenti e indagini approssimative a improvvise rivelazioni che sembrano arrivare provvidenzialmente al momento giusto per instradare la storia sui binari prestabiliti. Non possiamo sapere se questo è un difetto riscontrabile anche nell'opera cartacea, ma almeno in questa forma è talmente evidente da risultare irritante.
L'approccio utilizzato da Shari Springer Berman e Robert Pulcini, sia registi che autori della sceneggiatura, è indirizzato a evidenziare i mali di un matrimonio sbagliato, con un leggero istinto femminista: l'uomo è predatore e traditore e la donna destinata ancora una volta a essere ipotetica vittima di un percorso ambiguo.
La scelta non trova però mai le giuste sfumature, e le emozioni latitano anche per via di un cast che si rivela più anonimo del solito.
Amanda Seyfried sembra qui l'ombra dell'attuale se stessa e il suo sguardo insofferente caratterizza pressoché tutti i suoi i primi piani, mentre James Norton è una figura totalmente anticarismatica e priva di carattere, perlopiù involontario protagonista di un epilogo dantesco che vorrebbe risultare visionario ma finisce per essere una conclusione poco efficace.
Solo l'ennesimo sintomo di un'operazione sconclusionata che sfrutta, senza alcun ritegno, i pensieri del filosofo Emanuel Swedenborg, considerato tra i precursori dello spiritismo. Ecco, forse lui avrebbe ragione a uscire dalla tomba per vendicarsi di tale appropriazione indebita.

L'apparenza delle cose Una famigliola apparentemente felice - genitori giovani e figlia di quattro anni - si trasferisce in una casa di campagna e da lì ha inizio una serie di interminabili tragedie, che svelano tutti i mali che si nascondevano in realtà all'interno di una coppia in crisi profonda. L'istinto predatore della figura maschile diventa ancora una volta veicolo di violenza per le dinamiche da horror ambientato in una casa infestata, ma di horror vi è in realtà poco o nulla nel corso delle due ore di visione. Una manciata di innocue apparizioni e apparecchi che impazziscono improvvisamente, uniti a un segreto ovviamente nascosto nel passato della misteriosa dimora, caratterizzano così l'impianto di genere di L'apparenza delle cose, adattamento del romanzo di Elizabeth Brundage. Una trasposizione confusa e sconclusionata, ricca di forzature e improbabili - almeno in veste filmica - colpi di scena, con il cast che si agita senza troppa convinzione fino a un epilogo difficile da commentare.

4.5

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