Dopo aver scontato il suo debito con la Giustizia nelle prigioni statali per via del suo passato da scassinatore provetto, Scott Lang ha un solo desiderio: diventare il padre che la sua splendida bambina merita. Certo, non è facile: la sua ex moglie, pur possibilista, non si fida ancora completamente di lui, e il nuovo fidanzato di lei, per di più, è un poliziotto, dunque apriti cielo... ogni tentativo di avvicinare la piccola Cassie è una prova destinata a fallire. Soprattutto perché il povero Scott, naturalmente, fatica a trovare un nuovo (e onesto, su questo è intransigente!) lavoro, nonostante il suo simpatico, ma traffichino, amico di sempre Luis tenti di riportarlo sulla cattiva strada. E, in effetti, un ultimo 'colpo' sarebbe quello che potrebbe dargli un minimo di stabilità per ripartire. Riluttante, Scott decide quindi di sfruttare per l'ultima volta il suo singolare talento per l'infiltrazione e lo scasso ritrovandosi, tuttavia, con un inaspettato "tesoro": l'incredibile tuta di Ant-Man, in grado di rimpicciolirlo alle dimensioni di un insetto conferendogli superforza e superagilità. L'avvenimento, naturalmente, non è casuale: il tutto è orchestato dal brillante scienziato Hank Pym, un uomo dai mille segreti disposto a tutto pur di non mettere a rischio la sicurezza del mondo quando un losco figuro è intenzionato a sovvertire l'ordine costituito, sfruttando per tornaconto personale le ricerche di tutta una vita del povero Pym...

Un supereroe che viene da lontano...
Difficile raccontare la trama di Ant-Man senza spoilerare qualcosa: il soggetto è tanto semplice quanto avvincente e si basa su un utilizzo schematico ma efficace dei personaggi principali, muovendosi sul ritmo dei classici heist movies (i "film sulle rapine impossibili") ma con una marcia in più... si tratta di un film Marvel Studios! Il che vuol dire superpoteri, superproblemi, complotti, e un universo narrativo preesistente, persistente e oramai estremamente ramificato, nel quale Scott e Hank si muovono con scioltezza tra citazioni, riferimenti e inaspettate presenze illustri. Tramite un notevole lavoro di fino il regista Peyton Reed e gli sceneggiatori Adam McKay e Paul Rudd (il quale, caso più unico che raro, è anche il protagonista del film nelle vesti di Scott Lang) hanno cesellato lo script originale realizzato dal mitico Edgar Wright (autore de L'alba dei morti dementi, La fine del mondo) e Joe Cornish (avete mai visto Attack the block? No? Recuperatelo!) quasi dieci anni fa, facendo infine quadrare i conti. Sicuramente, lo hanno fatto debitamente indirizzati dal deus ex machina dei Marvel Studios Kevin Feige, ma il duro lavoro si nota e si nota anche quel che è farina del sacco dei due autori originali e quel che, invece, è dovuto alla mano di gente a cui dobbiamo Yes Man, Talladega Nights e Role models. Certezze al 100% di quel che ci siamo persi, e del perché Wright abbia deciso, amichevolmente, di tirate i remi in barca e lasciare che la sua creatura spiccasse il volo su ali altrui non ne avremo mai. Dopo la visione della pellicola, tuttavia, ci viene difficile pensare che la colpa sia proprio dei famigerati riferimenti agli Avengers sparsi qua e là, dato che non snaturano il concept originale e potrebbero benissimo essere sostituiti da "altro" che potrebbe essere in un film completamente stand alone. Verrebbe da pensare, piuttosto, che il tono del film risulti meno sarcastico e un filino più buonista di quello a cui Wright ci ha sempre abituati: forse è questa necessità di un lieve appiattimento dell'irriverenza ad aver infastidito Wright, magari non così incline a dare tanta importanza al rapporto padre-figlia? O magari Hank e Scott, nella versione originale della sceneggiatura, erano un po' più pungenti, meno affabili, più vicini alla (antipatica) caratterizzazione dei fumetti? Chissà.
...ma ci risulta molto vicino
E, alla fine, poco ci deve interessare, oramai: l'importante è che il secondo film Marvel Studios in uscita nel 2015 sia una degna conclusione alla Fase Due del Marvel Cinematic Universe e non un "riempitivo" portato avanti per inerzia. E, sicuramente, è un film molto divertente, ottimamente interpretato (Michael Pena dà risalto ad una rinnovata verve comica davvero irresistibile, Rudd ha il giusto contegno per il ruolo e Michael Douglas ruba assolutamente la scena anche solo con la voce) e propone anche qualche cosa di nuovo pur essendo ben il 12esimo (dodicesimo!) film di una "saga allargata" che sembra destinata a non avere più fine. Sicuramente, è una conferma in più al fatto che i Marvel Studios vincono quando non si preoccupano di realizzare 'semplici' cinecomic come pellicole action-fantasy ma esplorando di volta in volta generi diversi con un occhio al meltin' pot culturale che può rendere ogni volta il film unico: si parla di seconde possibilità, di grandi responsabilità, di famiglia (e fin qui niente di nuovo) si parla di retaggi (e anche qui, già visto, ma ben rappresentato, soprattutto nella ramificazione della tripla "eredità" di un Pym tutt'altro che morente ma che ha comunque una certa responsabilità nella formazione di tre persone diverse per attitudine e talenti).
Ritmo e verve sono sicuramente le carte vincenti dell'operazione: i personaggi chiacchierano tanto ma non sono mai inutilmente verbosi e il film vanta la giusta dose di levità per un film Marvel. I momenti di comic relief sono numerosi ma non stancano e non sono mai di bassa lega, intervallati da tanta azione e da alcuni retroscena introspettivi che danno un tocco di profondità ad alcuni personaggi. Insomma, non un film serioso come The Winter Soldier ma nemmeno qualcosa di impropriamente triviale come Iron Man 2 o 3. La scia è quella de Guardiani della Galassia, pur senza le stesse vette di caratterizzazione e bilanciamento tra sentimenti, azione e divertimento. Ma è un piacere notare un certo tocco quasi fine anni '90/inizio anni 2000 nel feeling della pellicola, per certi versi più vicina a cose come i primi due X-Men o a Hellboy che ai vari Cap o Thor. Senza dimenticare anche un po' di tocco nipponico in sottotraccia: con nomi diversi e attori orientali (un po' come i Power Rangers, ma al contrario) Ant-Man potrebbe benissimo passare per un tokusatsu (alla Kamen Rider, per intenderci).
Piccolezze

Il film, in sostanza, risulta largamente godibile, comunque probabilmente da top 5 tra i film Marvel Studios, ma il "salto di qualità" che lo porti dallo status di "bel film" a "imperdibile" non arriva, anche e soprattutto per alcune cose rese bene ma non al meglio. Piccolezze, se vogliamo, ma effettivamente avrebbero fatto la differenza. C'è innanzitutto un senso di deja-vu se non costante, quantomeno spesso palpabile, per cominciare. Alcune tematiche sono già viste: lo scienziato geniale che diventa supereroe, lo spietato rivale in affari che gli mette i bastoni tra le ruote e ritorce l'invenzione contro il suo creatore, l'uomo di giustizia impegnato a dare la caccia all'eroe nonostante sia quasi un parente per lui. Era in realtà quasi inevitabile, del resto è così anche nei fumetti, in cui però questo difetto è chiaramente stemperato dalla lunga serializzazione, che permette inoltre una maggiore differenziazione dei personaggi. Inoltre, lo script originale è precedente all'inflazionamento del genere, quindi la colpa è relativa e, se funzionava, cambiarlo solo per differenziarlo (magari peggiorandolo) non sarebbe stata una buona idea. Ant-Man è sì parte del MCU ma è in primis un film stand alone, come tale deve funzionare... e come tale funziona.

Al limite, piuttosto, potremmo rimarcare la resa banale del "cattivo" di turno, che risulta piuttosto anonimo, poco carismatico, sorta di fusione "schiacciasassi" dei tre villain dei primi due Iron Man. Un problema, questo dei villain, su cui torneremo presto tramite uno speciale dedicato e (un pochino) spoileroso. Tornando ad Ant-Man, un'altra cosa che funziona ma poteva essere resa meglio è l'utilizzo degli insetti "co-protagonisti". E' vero che si tratta di un animale spersonalizzato quasi per eccellenza, tuttavia l'utilizzo indiscriminato delle formiche solo tramite "coercizione mentale" non appaga in pieno, oltre a sembrare bizzarramente anti-etico: ok, sono "solo" formiche, della loro sorte interessa davvero a pochi, ma se Squirrel Girl o Aquaman utilizzassero con tale nonchalance i loro "amici" scoiattoli o creature marine avremmo sicuramente qualcosa da ridire. Non che Scott Lang o Hank Pym siano effettivamente noncuranti della sorte delle loro operose aiutanti, ma manca quella sorta di affettività, di mutuo rispetto collaborativo che permette poi anche agli spettatori di avere a cuore ogni singola creatura, fosse anche solo una formica. Questo manca, mentre poteva essere una carta vincente, vedi quel che è stato, recentemente, con i quattro velociraptor "ammaestrati" di Jurassic World, che il pubblico ha amato proprio perché (anche solo minimamente) caratterizzati. Infine, parliamo dell'aspetto tecnico: intendiamoci, siamo assolutamente in linea con gli altri film dello Studio e quindi non c'è decisamente nulla di cui lamentarsi a livello di design, effetti grafici etc.; ma per un film che vive a cavallo tra "due mondi" (quello in cui viviamo noi e quello 'rimpicciolito', a cui poi potremmo aggiungere anche il subatomico, per quanto appena accennato in questa occasione) la sperimentazione è minima: tanta differenza rispetto a "classici" sul tema come Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi o Viaggio allucinante (Fantastic Voyage) non ce ne sono, a parte i decenni di evoluzione nel campo degli effetti speciali e qualche simpatica trovata (accentuata da un 3D puntuale ma anche qui non proprio spinto al limite delle proprie possibilità) come il combattimento sul trenino giocattolo.
Cameo & After Credits (no spoiler!)Il film non manca di numerosi camei illustri, che scoprirete nel corso della pellicola: vi invitiamo inoltre a restare fino alla fine dei titoli di coda perché le scene After Credits sono ben due!Il rimpianto, in fondo, per la mancanza di Edgar Wright, appurata la bontà dello script, è tutta nella mancanza della sua estrema genialità visiva: quella che ad esempio ha portato i videogiochi al cinema in una maniera fresca, geniale eppure coerente e rispettosa in un sottovalutato gioiello come Scott Pilgrim vs. The World. Sia chiaro che Peyton Reed non si è limitato a fare il "mestierante": il suo tocco si nota, ma più che altro nella parte action-comedy, in cui ha sicuramente più esperienza.
Stiamo, tuttavia, palesemente cercando il pelo nell'uovo, "viziati" dai passi in avanti fatti nell'ultimo anno dai Marvel Movies targati Disney e dall'intero genere (si pensi al ritorno in grande stile degli X-Men in Giorni di un Futuro Passato e a Kingsman: Secret Service) e non inficiano il giudizio su un film non essendo difetti o mancanze vere e proprie, e dato che il film scorre con inusuale piacevolezza.