Annabelle 3, la recensione: nella casa degli orrori dei coniugi Warren

Nel seminterrato dei coniugi Ed e Lorraine Warren si nasconde un museo horror fatto di oggetti maledetti, che potrebbero risvegliarsi tutti insieme.

Annabelle 3, la recensione: nella casa degli orrori dei coniugi Warren
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Che siate o meno appassionati di cinema horror, avrete sicuramente sentito parlare - almeno una volta nella vostra vita - della bambola Annabelle. Non parliamo di un personaggio strettamente di finzione ma di un oggetto realmente esistito, uno dei pezzi più importanti della sovrannaturale collezione appartenuta a Ed e Lorraine Warren. I due coniugi sono stati senza dubbio i più famosi demonologi della storia recente, sensitivi (più Lorraine di Ed), indagatori dell'incubo e del maligno, che nel corso della loro vita hanno affrontato diversi casi inspiegabili e creature oltre natura, spesso incastrate o legate a oggetti materiali - fotografie, statue, bambole per l'appunto.
Annabelle ha avuto un ruolo centrale nella storia dei Warren, conservata nella loro camera dell'occulto in una teca sotto chiave come un diamante prezioso, da lasciare in pace per non risvegliare il male addormentato dentro di lei. La bambola è già stata protagonista di un film a lei dedicato, con tanto di sequel ambientato nel passato, che ci ha portato alle sue origini, evidentemente però il tema non era ancora esaurito - almeno non per la New Line Cinema, che sta portando avanti con passione il Conjuring Universe insieme al talento produttivo di James Wan. Purtroppo il regista di Aquaman non segue in prima persona tutti i prodotti della "saga", dietro la macchina da presa, e non sempre si ha a che fare con qualcosa di rivoluzionario, la storia di Annabelle ha però un grande pregio: riesce ogni volta a cambiare.

Cambiare, ancora una volta

Se Annabelle 2: The Creation aveva rappresentato un clamoroso cambio di rotta rispetto al predecessore, schiacciando l'acceleratore su atmosfere ancor più suggestive e una storia di fondo a dir poco straziante, Annabelle 3 riesce a cambiare ancora una volta setting e registro, pur continuando cronologicamente i fatti del primo lungometraggio. Le fila del racconto vengono infatti riprese al termine dell'indagine relativa ad Annabelle, proprio quando i due demonologi decidono di riportare nella loro casa la bambola per tenerla al sicuro, evitando così che crei ulteriori danni e spaventi nuove persone.
Annabelle 3 ci porta dritti nella camera dell'occulto dei coniugi Warren, una stanza-museo all'interno della quale ogni oggetto è legato a una vicenda paranormale; mostri e fantasmi di ogni tipo dormono eternamente fra la roba ammassata e conservata, proprio Annabelle però sembra possedere la capacità di controllarli tutti, risvegliare lei dunque può significare richiamare tutti gli altri, il perfetto incipit di un'apocalisse ultraterrena.
Pur trovandoci questa volta a casa dei Warren, i due personaggi interpretati da Patrick Wilson e Vera Farmiga hanno un ruolo marginale all'interno della vicenda, fanno una breve comparsa nel prologo per poi tornare nel finale, chi sono dunque i veri protagonisti di Annabelle 3? La sceneggiatura, tutta al femminile possiamo dire (con un unico personaggio secondario maschile che è più una caricatura dell'uomo goffo e impacciato che altro), segue da vicino la piccola Judy, la figlia di Ed e Lorraine Warren, che esattamente come la madre è in grado di percepire presenze che la gente comune non vede. Ha dunque un dono ed è consapevole di averlo, anche se spesso somiglia più a una maledizione, a una condanna.

Anime erranti

La ragazzina percepisce delle anime erranti quasi in ogni dove, soprattutto a scuola, quello che dovrebbe essere per lei un ambiente spensierato e di crescita. Sappiamo bene però che il vero male assoluto si nasconde nella "cantina" dei Warren, proprio sotto le stanze in cui Judy vive fra una preoccupazione e l'altra, alcune delle quali dovute al bullismo dei suoi compagni - che leggono sui giornali le avventure strambe dei genitori, sempre al confine fra l'essere detective o cialtroni.
Se Judy conosce esattamente i pericoli del sovrannaturale, poiché allevata con piena consapevolezza, non è lo stesso per la sua babysitter Mary Ellen, che deve badare alla piccola un'intera notte poiché i genitori sono via. Ancor peggio è con la sua amica Daniela, affascinata in qualche modo dal sovrannaturale e convinta di poter stabilire - anche se in modo un po' raffazzonato e improvvisato - un contatto con l'aldilà, pur ignorando tutte le possibili conseguenze.
La sceneggiatura firmata Gary Dauberman, anche regista in questo caso, si focalizza su queste tre figure, chiudendole all'interno di casa Warren e creando attorno a loro una sorta di "casa degli orrori" da Luna-park, senza attrazioni artificiali ma con mostri e fantasmi più che reali. Rispetto ad altri prodotti horror della concorrenza, il Conjuring Universe ha una particolarità imprescindibile: il prendersi sempre sul serio. Non c'è ironia nei lavori di James Wan e soci, non c'è tempo per scherzare e il paranormale acquista sempre una statuaria serietà. Una caratteristica che mira a creare sincera paura nel pubblico, ma che non sempre purtroppo funziona a dovere.

Non tutto è piegato al male

Da questo punto di vista, il prologo di Annabelle 3 ci ha spiazzati - e neanche poco. Una manciata di minuti in cui accade di tutto, in un ambiente palesemente artificiale, da prodotto parodico, annegato nella nebbia. Uno spezzone utile a mostrare l'infinito potere catalizzatore della bambola, che finisce per cozzare - stilisticamente parlando - non solo con i precedenti film della saga, anche con il minutaggio successivo.

Usciti di scena i coniugi Warren, la storia acquista immediatamente una dose di realismo per endovena, avvicinandosi con grazia alla piccola Judy, il miglior personaggio della produzione. Accanto a lei, lo spettatore compie un percorso di crescita accelerato, durante il quale ci si deve accettare per come si è e imparare ad affrontare le più recondite paure.
Non solo, e qui fuoriesce l'insegnamento cardine del progetto: non tutto è piegato al male. Sia che si parli del mondo reale che di quello sovrannaturale, non esiste solo la malvagità, ci può sempre essere del buono, qualcuno che operi per il bene, anche se magari non lo dà subito a vedere. Abbiamo comunque a che fare con un film dell'orrore, non con una banale gita fuori porta della domenica, è dunque tempo di parlare di Annabelle 3 dal punto di vista pratico e dell'esperienza che regala al suo pubblico.

Una giostra degli orrori

Ritrovarsi all'interno del museo Warren apre ovviamente le porte a soluzioni infinite. Perché sfruttare un solo fantasma principale quando si possono risvegliare decine di oggetti sopiti? Se si sorvola sui personaggi che accompagnano Judy Warren durante la sua notte più lunga, tratteggiati ma neppure troppo, resi semplicemente funzionali, quando Annabelle 3 ingrana la sua marcia più alta ci si diverte con gusto, come seduti su una giostra del terrore.

Non possiamo muoverci dalla poltrona, così come i protagonisti del film non riescono a scappar via dalle mura della casa. Dauberman gioca sulla claustrofobia e su mostri suggestivi, meno (il lupo mannaro) e più riusciti (il traghettatore è realmente inquietante), sfruttando svariati jump-scare e focalizzando il tutto sull'immobilità, fisica e psicologica. Se ci lasciamo catturare dalla paura, sarà impossibile affrontare la vita in modo decente, che si abbia a che fare con il paranormale o meno. Annabelle 3 prova dunque a riempire le sue pieghe di significati, pur rimanendo un grande giocattolo al servizio del divertimento. Rispetto al secondo film della "trilogia" è probabilmente un passo indietro dal punto di vista stilistico, abbiamo comunque a che fare con 106 minuti in grado di tenerci deliziosamente in ostaggio, anche con piccoli lampi di genio (quando la TV mostra il futuro di Daniela, il meccanismo narrativo si complica leggermente, intrattenendo a dovere).

Annabelle 3 Dopo aver assistito alle origini di Annabelle nel secondo film della saga, Annabelle 3 riprende il discorso da dove i Warren lo avevano lasciato nel primo lungometraggio. Siamo nella loro casa, nella loro stanza-museo degli orrori, dove oggetti, mostri e creature dormono in attesa - un giorno - di risvegliarsi e tornare nel mondo dei vivi. Un giro su una giostra degli orrori dalla quale è impossibile scendere, così come i protagonisti non possono abbandonare le mura della casa. Un prodotto che si prende tanto sul serio, al quale forse un pizzico d'ironia non avrebbe guastato, anche solo per rendere meno artificiale il forzato prologo. Quando i Warren escono di scena però, la piccola Judy si prende tutta la scena, raccogliendo speranze e significati di un'opera che avrà certamente un seguito - magari in forma di spin-off. Un giocattolo certamente divertente, in grado a tratti di suscitare reale paura, pur poggiando su canoni già visti, personaggi stereotipati e immancabili jump-scare. Un lungometraggio "di passaggio", bisogna soltanto capire quali altre porte vada ad aprire...

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